Silenzioso, un cowboy dall’aria semplice e felice cavalca per un bizzarro west dai panorami aperti e sconfinati; un paesaggio classicheggiante a prima vista, nel quale pero’ sorprenderebbe vedere gente della risma di Tex o del Comandante Mark. Forse solo Ken Parker, nella linea più essenziale di Milazzo e nella prosa più ironicamente raffinata e fuori dagli schemi di Berardi, potrebbe sentirsi a suo agio lontano dalla violenza e dalla seriosità di tante storie western, calato nella sottile e dolce leggerezza d’atmosfera che permea le pagine di questa uscita Black Smoking scritta e disegnata da Luk, al secolo Luca Dialisi.
Una danza della pioggia improvvisata per salvare una rana assetata; un duello tra pistoleri in cui non si usano pistole, ma semplicemente si vince per logoramento di nervi; l’ultima goccia d’acqua della borraccia spesa per far rialzare la testa ad un fiore. Piccoli quadri efficacemente brevi, quasi “toccata e fuga”, dove la pressoché totale mancanza di parole viene gestita con abilità, tanto che la storia più parlata si rivela anche la più debole, soffrendo di ritmo e costruzione della tavola zoppicanti. Come a dire, meglio il silenzio che la cacofonia.
Il west ritratto in queste pagine è un mondo fatto di icone: il deserto, le formazioni rocciose, i cavalli, il poncho, i pantaloni con le frange. Insinuati tra questi cliché, subito riconoscibili e comprensibili, appaiono pero’ sempre elementi sorprendenti, inaspettati, fuori posto – eppure plausibili nell’universo fantastico costituito da Luk.
Con la leggerezza di un tratto morbido, svolazzante, senza contorni netti o chiusi, che dona alle tavole un bel senso di movimento, Luk crea delle microstorie tra il nonsense, la poesia, e la riscoperta di una libertà di vivere che ha un sapore malinconico e spensierato al tempo stesso. Vignette molto espressive dentro le quali fluttuano in continuazione le lettere del titolo, il logo del protagonista (sempre che si possa chiamare protagonista), quasi come se stessimo assistendo ad una breve presentazione, a degli spezzoni, a un promo di un’opera più ampia. I termini cinematografici non sono qui usati a caso, perché il tratto, i tempi e l’atmosfera stessa di questo fumetto, ricordano da vicino quelli dell’animazione; una somiglianza richiamata ancora di più dall’impostazione orizzontale della tavola.
Un buon albo, che si legge forse fin troppo velocemente e che finisce quando più ci stavamo prendendo gusto. Non sappiamo se e quando questo “sciocco cowboy” (ma che a noi sembra invece tanto savio) tornerà ad accompagnarci nella sua frontiera americana; l’autore, giustamente, si metterà in gioco con altre storie e altri temi, ma speriamo sempre con la stessa felice mano e la stessa, promettente, concezione di fumetto.