Sheriff of Babylon: l’ombelico del mondo

Sheriff of Babylon: l’ombelico del mondo

"Sheriff of Babylon" è un avvincente thriller ambientato in Iraq realizzato da Tom King e Mitch Gerads, una storia che sa essere universale e nella quale riscoprire lo stile caratteristico dello sceneggiatore di "Visione" e "Mister Miracle".

Tom King era un agente della CIA operativo nella Sezione Antiterrorismo. Ora scrive fumetti.
Mitch Gerads, nativo di Minneapolis, disegnatore e colorista, è stato scelto da King per dare vita alle sue sceneggiature di Mister Miracle. Precedentemente alla realizzazione delle avventure del personaggio inventato da Jack Kirby, i due hanno collaborato per la prima volta dando alle stampe Sheriff of Babylon, miniserie di dodici numeri edita da DC Comics sotto l’etichetta Vertigo. In Italia il volume è stato pubblicato da RW Lion alla fine del 2017.

È il 2004, la ferita dell’11 settembre è ancora apertissima e Baghdad è caduta: nel giro di due mesi tutto può succedere. Il “tutto” per Tom King ha la forma insignificante di un granello di sabbia che si trasforma in un deserto capace di ricoprire il mondo, quando una narrazione marginale diventa Storia.

Sheriff of Babylon è il racconto di sessanta giorni nella vita di Chris, Sofia e Nassir: un addestratore militare statunitense, una donna irachena cresciuta in America e un poliziotto sciita. La potenza del fumetto è direttamente proporzionale al carisma dei personaggi principali, tra i quali, in un palcoscenico in cui a recitare sono principalmente gli uomini, spicca proprio Sofia.

Se Chris gode di una caratterizzazione non del tutto positiva e Nassir cammina sempre su un filo teso tra Bene e Male, la donna si trova repentinamente costretta a vivere un dramma che assume connotati universali, seppur in un contesto sicuramente non ordinario, mettendo a nudo la sua interiorità fino a quel momento nascosta sotto le molte maschere imposte dalla vita in una zona di guerra. È proprio con la svolta associata a questo personaggio che, nel terzo capitolo, il thriller politico-militare di King cambia marcia.

La tensione aumenta progressivamente, senza che vengano sacrificate le interazioni tra i tre pilastri del racconto e i comprimari. A titolo d’esempio si cita una sequenza notturna che vede protagonisti Chris e Fatima, la moglie di Nassir. Il ritmo rallenta, è la quiete prima della tempesta: entrambi incapaci di dormire, con l’ausilio della vodka mettono da parte il presente per pensare al passato, a Saddam, alle bombe e alle reazioni successive ai fatti dell’11 settembre.
Un americano e un’irachena, fino a quel momento estranei l’uno per l’altra, entrano in sintonia, stringendo un legame che non è solo comunicativo: prima la donna appoggia la testa sulla spalla del soldato, poi lui si distende con il capo sulle ginocchia dell’interlocutrice. Senza fatica, il lettore abbandona la posizione di osservatore esterno ed entra nelle vignette, con la sensazione di conoscere da sempre i due improbabili amici.

Sforzandoci di mantenere uno sguardo analitico possiamo rilevare in questa scena del quinto capitolo e più in generale nella totalità di Sheriff of Babylon le caratteristiche precipue di un fumetto scritto da Tom King, per la presenza degli stilemi e dei topoi a cui ricorre devotamente in ogni suo lavoro.

Tavola, griglia, scansione temporale

Prima di iniziare bisogna tenere presente che non si può prescindere dalla sinergia con il disegnatore, a maggior ragione perché l’ex agente della CIA in persona ha affermato di avere già concluso la sceneggiatura della seconda stagione di questa serie e di attendere che Gerads si liberi dagli altri impegni, visto che è l’unico disegnatore che vuole al proprio fianco per proseguire.

Avendo familiarità con la produzione dello sceneggiatore statunitense si va subito alla ricerca della griglia da nove vignette e non si rimane delusi. Tre tavole delle ventidue che compongono l’episodio #5 sono suddivise secondo lo schema reso celebre da Watchmen e si fanno notare, perché in esse gli interlocutori giungono alle concl

usioni dei loro ragionamenti.In secondo luogo balza all’occhio una costruzione che ricorre spesso in Sheriff of Babylon: due delle tre strisce da cui è scandita la pagina sono speculari. Nella prima fascia, la vignetta di sinistra presenta i personaggi e il contesto con un campo largo, mentre quella di destra è occupata dal primo piano di uno solo dei due individui. Nella seconda o terza fascia, il primo pannello è riservato al primo piano del soggetto precedentemente escluso e il secondo riquadro li mostra nuovamente entrambi. Nel frattempo accade qualcosa di marginale, come l’atto di indossare una maglietta.

Infine, il tempo della narrazione viene battuto anche dall’inserimento delle splash-page. King e Gerads ne fanno un uso calibrato, posizionandone due o tre per capitolo, con l’intento di evidenziare un particolare ingrandendolo il più possibile o di mostrare nella sua interezza un luogo o un personaggio.

Sembra che la mente dell’autore di Visione sia fortemente schematica, ma l’applicazione di un paradigma alla realizzazione di un fumetto non rende il medesimo meno godibile. Infatti, Sheriff of Babylon, pur contando molto sull’effetto provocato dall’anafora, è un racconto fluido, accattivante e avvincente. Perfino i dialoghi seguono alcune “regole”: sono costruiti intorno a un concetto facilmente intelligibile, ma sviluppato per mezzo di frasi ripetitive e spezzate. Inoltre, poiché i personaggi provengono da Paesi diversi e spesso devono parlare una lingua che non è la loro, molte volte concludono le affermazioni con un “” interrogativo, come se chiedessero conferma della correttezza grammaticale del discorso.

Una minima variazione è riscontrabile nelle interazioni riservate ai momenti meno concitati: ripetizione e frammentazione diminuiscono, perché con maggiore rilassatezza è possibile concentrare le energie su quanto si sta per dire.

Disegni e colori

Tenendo conto di ciò che si è appena scritto, si evince che quest’opera è in prevalenza “parlata” e Mitch Gerads ne valorizza con matite e colori ogni sequenza. Proprio nelle già citate tavole da nove vignette si coglie l’abilità dell’artista nel dare spessore ai personaggi attraverso l’espressività del volto.
Nelle quattro pagine consecutive organizzate in nove riquadri ciascuna, vediamo solamente Sofia parlare al telefono. Sono trentasei primi piani, in cui, con grande realismo, a cambiare sono l’inclinazione della testa, la posizione di un braccio e la direzione dello sguardo, eppure il pericoloso effetto di riciclo della posa è assolutamente assente ed è naturale cogliere qualsiasi variazione nello stato d’animo della donna.

Anche la mimica corporea risulta fondamentale per evitare un’eccessiva staticità. In Sheriff of Babylon i gesti più semplici sono quelli più significativi e vengono rimarcati da segmenti bianchi che indicano il movimento. Un trattino accompagna il braccio che svita il tappo di una bottiglietta d’acqua, due linee curve mettono in risalto una stretta di mano.
Non manca neppure la cura per i dettagli quasi insignificanti, come gli arabeschi dei tappeti o il simbolo di Superman sulle lenzuola adoperate da Chris, né va trascurato l’effetto sfocato che denota il ricorso alle armi.

Le tinte scelte da Gerads per i fatti diurni assecondano il paesaggio in prevalenza desertico in cui è ambientata la vicenda. Trasmettendo sensazioni di calore e desolazione, l’ocra riesce quasi ad astrarre la vicenda, trasportandola in una sorta di non-luogo in cui il tempo scorre diversamente o addirittura si ferma.
Ci riportano alla realtà le vignette nere disseminate lungo i dodici capitoli. Esse contengono, scritte in bianco, indicazioni geografiche e cronologiche oppure onomatopee, ma in due casi sono totalmente nere.

Universalità e storie

A scuola ci dicevano che qui è nato l’uomo. In Iraq. Che tutti sono nati qui. Tutti i popoli. Non gli uomini. I popoli“: le parole pronunciate da Fatima, oltre a offrire un esempio tangibile dello stile dell’autore, sintetizzano la forza di Sheriff of Babylon, la sua universalità.

Infatti, ancor più del magnetismo dei dialoghi e delle situazioni, a colpire e a restare impressa nella memoria è la capacità di King di trasformare sessanta giorni di vita di tre persone in una storia da raccontare, forse proprio per l’importanza che conferisce alle pause tra una punto di svolta e l’altro. In questi attimi c’è l’esistenza di ogni essere umano, con la necessità di sopravvivere in mezzo alle difficoltà, stringendo legami, fidandosi e diffidando dell’altro, cercando spiriti affini, senza dimenticare i propri doveri.

Abbiamo parlato di:
Sheriff of Babylon
Tom King, Mitch Gerads
Traduzione di Giuseppe Mainolfi
RW Lion, novembre 2017
292 pagine, cartonato, colori – 27,95 €
ISBN: 9788893517751

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