Shazam! torna alla carica ma convince solo a metà

Shazam! torna alla carica ma convince solo a metà

Il supereroe DC Comics interpretato da Zachary Levi torna al cinema con un secondo lungometraggio inferiore alle aspettative ma ancora in grado di divertire.
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Shazam!: Furia degli Dei, arrivato nelle sale a distanza di quattro anni dal primo capitolo, è uno degli ultimi progetti legati alla vecchia gestione della divisione cinematografica della DC Comics, prima dell’avvento della nuova era targata James Gunn e Peter Safran. Come tale, il compito toccato al regista David F. Sandberg non era dei più semplici: realizzare un film in grado di guadagnarsi l’attenzione del pubblico, nonostante l’uscita in un periodo dominato dagli annunci dei primi progetti legati al nuovo corso e in cui l’interesse generale è già proiettato verso il futuro dei DC Studios. Si può dire che il regista sia riuscito nel suo intento solo per metà. Letteralmente.

Infatti, la cosa che maggiormente salta all’occhio guardando questa seconda iterazione cinematografica di Shazam! è la netta contrapposizione tra una prima parte decisamente valida e ricca di spunti interessanti e una seconda alquanto pasticciata e che arranca sotto il peso di una scrittura mediocre.

La prima nota positiva, che è possibile notare fin dai primi minuti, risiede nel fatto che il film abbraccia totalmente la sua natura di sequel e instaura una forte continuità con il predecessore, cosa che favorisce il coinvolgimento del pubblico nelle vicende e che si sviluppa tanto sul piano narrativo quanto su quello tematico.
Nel primo caso, la nuova minaccia, incarnata dalle figlie di Atlante, che Billy e il resto della Shazamily devono affrontare non viene presentata come qualcosa di slegato rispetto a ciò che è venuto prima ma, al contrario, sono le azioni compiute dal protagonista alla fine del primo film a innescare direttamente la catena di eventi che porta allo scoppio del conflitto tra i nostri eroi e le dee.

Nel secondo caso, invece, viene ripreso il tema della famiglia. Nel primo Shazam! il conflitto interiore che il protagonista, Billy Batson, deve affrontare riguarda il suo rifiuto ad accettare la sua nuova famiglia -una famiglia che lo ama, pur essendo adottiva- perché restio a lasciarsi alle spalle il ricordo idealizzato di una madre che invece lo ha abbandonato. È solo in seguito al tanto agognato incontro con la figura materna che comprende il vero significato di famiglia e riesce finalmente ad accettare l’affetto dei suoi nuovi genitori, fratelli e sorelle.

In Furia degli Dei la questione, anziché essere considerata ormai chiusa e accantonata, viene portata a quella che appare come una sua naturale evoluzione. Adesso che Billy ha trovato delle persone a cui tiene e che tengono a lui, dopo essere rimasto solo per gran parte della sua vita, sviluppa nei loro confronti un attaccamento eccessivo. È terrorizzato all’idea di perderli e fa di tutto per tenerli uniti, a dispetto del fatto che, crescendo, gli altri ragazzi iniziano a sviluppare interessi personali e a desiderare maggiore indipendenza. L’ostacolo che il giovane deve superare, dunque, non riguarda più l’imparare ad accogliere altre persone nella propria vita ma l’imparare a lasciare che chi gli sta a cuore segua la propria strada. Si tratta di un ribaltamento di dinamiche interessante e che aiuta a far percepire tanto Billy quanto gli altri componenti della Shazamily come più umani e di conseguenza a empatizzare per loro.

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Si è accennato alle nuove villain, le figlie di Atlante, ossia Hespera (Helen Mirren) e Kalypso (Lucy Liu). Fa piacere notare che, sotto questo aspetto, Furia degli Dei riesce a fare un tiepido passo avanti. Certo, si potrebbe ribattere che l’asticella da superare fosse estremamente bassa, dato che il dottor Sivana del primo film era un antagonista talmente piatto da poter essere tranquillamente annoverato tra i peggiori cattivi di cinefumetti degli ultimi anni. E infatti anche le due dee sopracitate non sono esattamente memorabili, avendo caratterizzazioni un po’ da cartone animato e il conflitto con gli eroi protagonisti appare abbastanza impersonale e quindi poco coinvolgente. Tuttavia possono perlomeno contare su una backstory che fornisce loro motivazioni più solide di quanto visto in precedenza con Sivana e inoltre l’inserimento di un elemento di attrito tra di loro aggiunge un po’ di brio alle dinamiche interpersonali.

Sfortunatamente il film inizia a vacillare dal secondo atto in poi, cioè da quando la trama legata alle figlie di Atlante e ai loro pian entra nel vivo. Il problema è che, da questo punto in poi, le ottime premesse poste nella prima parte in termini di introspezione e sviluppo dei personaggi -il cui principale beneficiario era ovviamente Billy ma di cui erano presenti accenni anche per gli altri membri della Shazamily- vengono completamente accantonate o risolte in maniera sbrigativa e impacciata, in favore delle scazzottate, della spettacolarità e dell’azione esagerata. Nel fare ciò, poi, il film finisce con l’inciampare in molti dei cliché e delle leggerezze di scrittura di cui i blockbuster supererostici sono purtroppo pieni.
Viene introdotto nella narrazione un MacGuffin in modo arbitrario, senza una reale contestualizzazione ma per mera convenienza di trama. Il climax del film viene costruito attorno all’ormai inevitabile scontro con un mostro di CGI privo di personalità, che in questo caso risulta essere leggermente più incisivo del solito, in quanto può contare su un accenno di build up pregresso, ma le cui potenzialità vengono in ogni caso mal sfruttate. Sul finale, per ristabilire lo status quo, si fa ricorso a un deus ex machina, legato al cammeo di un amato personaggio del DCEU, che non ha avuto alcun legame con le vicende fin lì narrate e che pertanto appare posticcio e dà adito a una conclusione alquanto anticlimatica.
Nella parte finale, poi, per ragioni di trama, il focus dell’azione si concentra unicamente su Billy, mentre tutti gli altri eroi vengono messi in secondo piano. Il film tenta di ritagliare comunque uno spazio per questi ultimi per mantenerli rilevanti ma con scarsi risultati. Infatti la missione in cui vengono coinvolti, lungi dall’avere un reale impatto sulle vicende, dà più la sensazione di aggiunta superflua per fare minutaggio.
Un guazzabuglio di ingenuità, insomma, che fa perdere progressivamente lucidità a un film partito sotto i migliori auspici.

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A ogni modo, anche questa seconda metà della pellicola non è priva di elementi degni di nota. Per esempio, per quanto riguarda il mero intrattenimento e la messa in scena. Anche da questo punto di vista Furia degli Dei abbraccia appieno la sua natura di sequel e intraprende la strada che ogni buon seguito dovrebbe seguire per mantenere vivo l’interesse del pubblico: quella dell’escalation. Si prende quanto fatto col primo film e lo si ingigantisce.
Prima lo scontro finale era circoscritto entro i confini di un luna park, ora il caos e la distruzione si propagano in tutta la città. Prima la minaccia era rappresentata da sette mostriciattoli in grado di trasformarsi in fumo grigio, ora i nostri eroi devono vedersela con un esercito di creature mitologiche sovrastate da un enorme drago che può sputare fuoco blu. Prima il massimo consentito dagli effetti visivi erano scariche elettriche dalle mani, ora largo a distorsioni della realtà con lo spazio che si ripiega su se stesso in stile Doctor Strange.
In breve, la sensazione è che il regista abbia saputo mettere bene a frutto l’incremento al budget avuto rispetto al precedente film.

Sul versante tecnico, Furia degli Dei si adagia sullo standard insapore imposto dai Marvel Studios per questo genere di produzioni. Una regia da mestierante, che si limita a seguire l’azione sullo schermo ma che è del tutto priva di qualsivoglia guizzo o impronta personale. Una fotografia iperpatinata, basata unicamente sull’alzare a manetta la saturazione dei colori. Accompagnamento musicale, firmato da Christophe Beck, per nulla memorabile.
Molto accattivante risulta essere invece il cast, dove tutti gli attori, guidati ancora una volta dalla contagiosa gigioneria di Zachary Levi, interprete dell’alter ego in calzamaglia rossa di Billy, offrono interpretazioni sopra le righe e quanto mai divertite. Il che è perfettamente in linea con il tono solare che il film trasuda.

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Se il primo Shazam!, pur non privo di difetti e con valori produttivi inferiori, poteva dirsi una scommessa vinta, forte di una scrittura più coesa, questo secondo capitolo appare invece più traballante, dove le buone premesse iniziali vanno via via a perdersi in un pastone confusionario di cliché e passi falsi. Beninteso, nel complesso è lungi dal poter essere definito brutto; il fattore divertimento, sul quale il film punta maggiormente, è senz’altro garantito e le due ore di visione non vengono mai fatte pesare. Rimane però un po’ di rammarico per delle ottime potenzialità rimaste largamente inespresse.

Abbiamo parlato di:
Shazam!: Furia degli Dei
Regia di David F. Sandberg
Storia di Henry Gayden e Chris Morgan
Con Zachary Levi, Helen Mirren, Lucy Liu
Warner Bros., 2023
Live action, 130 minuti

 

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