Settepassi: una vita, un amore, un inizio e una fine

Settepassi: una vita, un amore, un inizio e una fine

Enrico Martini e Marta Quaglia al lavoro su “Settepassi”, un fumetto edito da Shockdom che racconta con stile, cuore, amore, fantasia e qualche imperfezione l’ascesa e la caduta di un aspirante rocker dal cuore nero, e dal corpo minato da una terribile malattia.

Vittorio Nerelli – o, come preferisce farsi chiamare, Victor – è il cantante di una rock band italiana molto, ma molto underground, e ha un tumore al cervello che lo sta lentamente uccidendo. La malattia però ha portato con sé anche un imprevedibile effetto collaterale, cioè la comparsa di un incredibile potere. Victor ora ha la possibilità di piegare chiunque al suo volere semplicemente usando la voce per dare ordini.
È proprio a causa di questa capacità che il giovane cantante provoca, senza volerlo, la morte di un uomo; ma questo è solo l’inizio delle sue avventure, che comprendono musica, misteri, sfide, un amore (o forse due)tanto tormentato quanto indissolubile, ma anche il problema di accettare l’idea della propria fine.

Settepassi è un volume scritto da Enrico “Nebbioso” Martini, sceneggiatore ammirevole che continua a scrivere e produrre progetti di ogni tipo senza stancarsi mai – un po’ come l’eroe della sua storia, col quale sembra condividere molto – e disegnato dalla talentuosa esordiente Marta Quaglia. Il tutto racchiuso in un volumetto di 128 pagine pubblicato da Shockdom, editore da sempre pronto ad accettare progetti tra i più disparati e a dare fiducia ai nuovi autori.

In questo caso la fiducia non è  però ripagata in pieno, in quanto Settepassi porta a casa solo in parte il risultato che poteva ottenere dalle proprie premesse. E questo nonostante appaia valido e colmo di idee, buono nella messa in scena e nel linguaggio,  con una trama articolata e ricca di snodi narrativi,ricco di situazioni che potranno appassionare una larga fetta di pubblico, e nobilitato da disegni validi e una colorazione azzeccata,. Un peccato, in quanto il lavoro e gli autori coinvolti promettevano molto, e sicuramente prometteranno ancora in futuro.

Riguardo al setting principale,  tutto in Settepassi sembra creato per apparire affascinante. C’è un protagonista carismatico, ci sono personaggi piacevoli, c’è il rock, c’è una certa ennuì esistenziale che non stanca mai i lettori, ci sono gli amori difficili, la disperazione e la rabbia della gioventù, il senso di una fine imminente dalla quale sembra impossibile fuggire,  un mistero inaspettato e dai risvolti tragici, citazioni sparse, e un approccio sospeso tra la realtà e il sogno (o la follia) che è forse la chiave di lettura migliore di tutto l’albo. E sono proprio questi elementi che nonostante i difetti rendono la storia consigliabile, anche se magari più a un pubblico giovane,  più in risonanza con l’autore.

Settepassi, proprio come la storia che racconta, si può considerare un lavoro dalla doppia personalità, dove bianco e nero, bene e male coesistono.  Victor è un protagonista valido, con una tragedia che si porta addosso con la disinvoltura dell’antieroe maledetto, trascinandosela dietro senza prestarle troppa attenzione. Nello stesso tempo però è anche una figura tormentata, che finge di non aver niente ma dentro di sé lotta con i propri demoni, trasfigurando costantemente la realtà.
Un’idea, questa, non ben spiegata ma tra le migliori: la malattia ha dato al nostro eroe anche la capacità di vedere (o credere di vedere) un mondo fantastico che si sovrappone a quella di tutti i giorni, popolata di creature bizzarre, nel quale tutto appare trasfigurato (anche i compagni d’avventura del cantante, nonché la sua amante misteriosa)  e che rende l’esistenza una lotta mitica e avventurosa.

Se si tratti di apparizioni reali o di un’allucinazione indotta dal tumore non ci viene spiegato.Ma resta il fatto che la realtà traslitterata dei giorni che precedono la fine è una metafora aperta a molte possibilità. 

Piacevole anche il fatto che il vero cuore della storia sia l’amore, e il racconto non si riduca a una semplice avventura senza peso. Rimane invece, appena sotto la superficie del sogno, un’amara realtà solo suggerita da piccoli particolari e forse per questo ancora più efficace. Del resto, la struttura in capitoli dell’albo segue, almeno inizialmente, le ormai famose cinque fasi dell’elaborazione del lutto enunciate nel 1970 dalla psicologa svizzera Elisabeth Kübler Ross, dalle quali però si distacca nel momento cruciale dell’azione, offrendo un’alternativa forse non nuovissima ma efficace.

Validi risultano anche i dialoghi, da sempre un punto di forza di Martini, che riesce a far parlare i suoi eroi senza sforzo apparente, rendendoli vivi, credibili e mai didascalici. Buone anche le scene che compongono la struttura dell’albo. L’ossatura della storia c’è, è ricca, è variegata. .Azzeccati, anche se sottoesposti, i compagni del protagonista, compresa la sua misteriosa amante, personaggio perfetto all’interno della messa in scena creata dallo sceneggiatore, e che si fa apprezzare soprattutto per certi suoi tratti inattesi che non sarebbe davvero gentile rivelare qui.

Leggendo alcune dichiarazioni fatte dall’autore, si scopre che Settepassi rispecchia alcune sue situazioni passate non troppo felici e che – anche in questo si vede il parallelismo con Victor– egli ha trasformato in racconto a fumetti magico e dannato. Ma a prescindere dal vissuto, quella che pare la maggiore fonte di ispirazione di tutto il lavoro, peraltro citata in maniera velata nelle sue pagine, è l’ottimo Sing no Evil, pregevolissima e consigliatissima graphic novel di J. P. Ahonen, K. P. Alare, pubblicata in Italia da Panini Comics e passata relativamente in sordina pur non meritandolo affatto. Le due opere condividono più di un elemento, come ad esempio la centralità della musica, il soprannaturale, l’amicizia, la vita dei gruppi rock underground, l’amore,  fino all’elemento perturbante rappresentato lì da un orso batterista e qui da un vampiro bassista. Ma è proprio nei paragoni e nelle differenze tra le due opere che Settepassi svela in modo palese quelli che sono i suoi tanti piccoli limiti.

Se la centralità e il valore della musica sono infatti più o meno rispettati, non altrettanto vale per la vita vissuta, l’elemento perturbante/fantastico e la linearità della trama. Settepassi infatti – sicuramente anche per via di tavole spesso composte da poche vignette, e a causa di un numero di pagine ridotto rispetto a Sing no Evil – racconta una vita “reale”, un “percorso di malattia” originali ma troppo spesso semplificati o stereotipati, nei quali l’unico elemento davvero realistico (e neppure in modo accurato) pare essere il lavoro da metalmeccanico di Victor.

Il resto è nebuloso nell’ambientazione e a momenti anche nei fatti, tanto che alcuni di questi spunti vengono quasi subito lasciati indietro, scomparendo all’orizzonte. Può funzionare per il concetto di malattia, negato come è giusto che sia secondo le cinque fasi; un po’ meno per il resto. Stesso discorso per la storia d’amore che parte in pompa magna, si interrompe bruscamente senza che ne venga narrato con decisione il perché, e riprende in modo altrettanto vago, con Alessandra che fugge, torna, agita le acque, scompare e riappare come se in fondo non avesse alcuna scelta, e accettando una situazione al limite del surreale – la stessa che l’aveva convinta ad allontanarsi – senza battere ciglio.

Parlando delle capacità di Victor, anche qui la sospensione di credulità del lettore è messa alla prova. Il nostro cantante si scopre con un enorme potere a sua disposizione, uno di quelli che potrebbe cambiare il mondo, ma di fatto non riesce a cavarne nulla, sembra non avere idea di cosa farne, lo adopera al massimo per la musica o per cose di poco conto e via via se ne dimentica. A parte un tentativo fallito di auto guarigione non ne testa in alcun modo le possibilità, non riflette sulle conseguenze di un simile dono, non lo usa in modi virtuosi ma neppure in maniera egoistica o folle, e pare semplicemente accettare la sua presenza così come si accetta una perdita di capelli causata da una chemioterapia. Lo stesso vale per i suoi compagni, che lasciano correre come se una simile capacità non avesse alcuna importanza.

Anche la linearità del racconto non è proprio ottimale, soprattutto nella prima parte. C’è ad esempio una cesura lunga sei mesi nella quale pare siano successe cose importanti riguardo la storia d’amore dei protagonisti, ma che non ci vengono narrate se non a spezzoni e in retrospettiva. Forse è il desiderio di scrivere il suo racconto con un certo stile che porta Martini a mischiare troppo le sue carte, a rivelare alcuni particolari utili alla trama solo in un secondo tempo lasciando il lettore preda di dubbi che gli potevano essere risparmiati, e che  complicano eccessivamente il tutto. Alcune spiegazioni importanti vengono taciute o fornite tramite un disegno in una vignetta, in immagini che possono passare inosservate. Anche i personaggi dimenticano a volte di condividere con il lettore cose che di certo conoscono.

Per quanto riguarda i disegni, anch’essi rispecchiano la dicotomia tra bene e male, portando pregi e difetti. Marta Quaglia è sicuramente un’esordiente di talento dallo stile in evoluzione ma già personale, con ancora alcune incertezze di troppo ma sicuramente pronto a migliorarsi in futuro. Il suo approccio alla storia è valido, con due grandi punti di forza nella rappresentazione dei personaggi e nella colorazione fatta di grigi e di violetti di sicuro effetto. Buono l’uso degli sfondi, solo in poche occasioni deboli, e bella la composizione delle pagine, ariosa e sempre leggibile in ogni situazione. Pregevole anche la capacità di passare da ambientazioni realistiche a fantastiche senza che venga perso il senso della misura; anche se permangono per tutto l’albo alcune incertezze riguardo anatomie e scene di movimento.

Come spesso accade in disegnatori “giovani”, che in alcuni casi sono anche del tutto a digiuno di come si componga una tavola di fumetto, le scene migliori sono quelle più didascaliche, più descrittive, statiche. Rimangono validi i personaggi, alcuni molto azzeccati come il protagonista, il vampiro chitarrista o le donne, anche se manca a volte uno sforzo di ricerca di realismo, che avrebbe contribuito a precisare alcune ambientazioni invece ridotte a “non-luoghi” . Tra tutte, citiamo la fabbrica (?) in cui lavora Victor, un luogo dalle forme incerte e vaghe nel quale evidentemente i lavoratori sono tutti giovani e baldi operai dai capelli neri e lunghi, che sembrano usciti dalle pagine di un manga.

E’ bello comunque citare, anche se poco esibita, una certa tendenza al macabro che sembra essere un forte incentivo per Quaglia, la quale di tanto in tanto rivela i suoi gusti con piccoli incisi, citazioni, ritratti nascosti negli sfondi o lì dove libertà di rappresentazione glielo consentono, inchiostrandoli con un piacevolissimo segno tratteggiato. Questi incisi sono pochi, è vero, e quasi sempre tangenti al racconto, ma bastano per far nascere la curiosità di vedere un giorno la disegnatrice alle prese con un racconto che possa consentirle di esprimere al meglio queste sue inclinazioni.

In ogni caso, sia per storia che per disegni, Settepassi è una storia apprezzabile,  un prodotto che può riscuotere l’approvazione di una buona fetta di lettori, di certo tra i migliori fumetti scritti finora da Nebbioso Martini. Se è vero che il risultato finale si rivela più superficiale e contorto del necessario, rimane la sensazione di aver letto una storia che in nuce contiene diversi germogli che hanno forse solo bisogno di tempo, e di un approccio più solido, per sbocciare definitivamente.

Abbiamo parlato di:
Settepassi
Enrico “Nebbioso” Martini, Marta Quaglia
Shockdom, 2018
128 pagine, brossurato, colore – 12,00 €
ISBN: 9788893361057

 

Clicca per commentare

Rispondi

Il tuo indirizzo email non sarà pubblicato. I campi obbligatori sono contrassegnati *