Questo volume edito da Coconino, la casa editrice diretta da Igort, segna il ritorno in Italia di Seth, al secolo Gregory Gallant. L’autore canadese, venuto alla ribalta con La vita non è male nonostante tutto (anch’esso edito in Italia da Coconino), è uno degli autori simbolo di una nuova generazione di fumettisti nordamericani che trova nella casa editrice Draw&Quarterly lo spazio per esprimersi: parliamo di Tomine, Chester Brown, James Sturm, Dylan Horrocks, Jason Lutes… Autori importanti nel panorama internazionale del fumetto.
Abbandonati i toni autobiografici – tra verità e finzione – del precedente volume, Clyde Fans (questo il titolo originale de Il commesso viaggiatore, che contiene la prima metà dell’opera completa) non tradisce pero’ lo stile ed il tono intimistico che caratterizza l’autore, evidenziando al contempo il suo tratto. Omaggio allo stile classico degli illustratori storici del New Yorker, il suo segno si rivela efficacissimo, arricchito per l’occasione di luci ed ombre grazie a macchie d’azzurro – unico colore presente – ed alle mezzetinte. Esemplare la magistrale sequenza di apertura, dove la notte lentamente cede lo spazio al sorgere del sole: poetica, dai tempi perfetti, evocativa, introduce perfettamente il lettore nell’atmosfera e nei ritmi del racconto.
Questo primo volume risulta diviso nettamente in due parti, due narrazioni differenti, sia per quanto riguarda il periodo in cui sono ambientate, sia proprio per i tempi di lettura e l’impianto stesso del racconto.
La prima parte, in particolare, mostra un virtuoso uso del mezzo fumetto: Seth utilizza la tavola come un palco teatrale, sul quale si muove l’unico personaggio presente, il vecchio titolare di una ditta di ventilatori oramai fallita, la Clyde Fans appunto; l’uomo recita la sua storia e le sue sensazioni rivolgendosi direttamente ai lettori, come fosse consapevole della loro presenza, mentre metodicamente vive la sua solitaria giornata, tra le carcasse di elettrodomestici che rappresentano i ricordi della sua precedente vita.
A volte mi siedo qui e penso a tutte le fatture, gli ordini d’acquisto, le ricevute… sepolti in vecchi schedari o rilegati e riposti nei magazzini…
…fragili pezzi di carta sparpagliati per tutta la provincia.
Foglietti gialli con sopra la mia firma.
Quei frammenti sono la prova che una volta sono esistito.
È il 1997, ed il racconto di Abraham (questo il nome dell’anziano protagonista), ha la sua forza nella convincente malinconia di una vita fatta di ricordi e gravata dal peso del tempo, quello stesso tempo che ha accumulato polvere negli uffici abbandonati e disordinati. Un passato che non ritorna se non per accentuare il presente, per riempire di rimpianti le stanze vuote, che sembrano ancora risuonare mestamente dei rumori, degli affari, della gente che non c’é più.
L’atmosfera di quei tempi e di quella gente… è andata perduta.
Gran parte dei ricordi di Abraham, dedicati alla sua carriera come piazzista di ventilatori prima e come proprietario della ditta produttrice fondata dal padre poi, ci portano verso la seconda parte, ce la introducono e ce ne introducono il protagonista: suo fratello Simon. Le memorie che lo riguardano hanno un sapore più amaro, un tono di maggiore delusione, come se essere stato testimone dei suoi insuccessi fosse peggiore per il narratore dell’aver vissuto i propri. Dalle sue parole riceviamo di Simon un ritratto di persona insicura, infelice, inadatta, sempre fuori posto e senza mai un barlume di vera speranza nel domani, nemmeno nelle sue piccole manie. Se con Abraham il destino non è stato mite, lasciandolo solo con il proprio fallimento, intuiamo che Simon con il fallimento ha dovuto conviverci tutta la vita.
Sembra che la mia vita e quella di Simon non abbiano una trama. Forse tutte le vite sono così – – soltanto una serie di eventi con ben poco significato.
Nella seconda parte, a rafforzare questo quadro e ad avvalorare la “recita” della prima metà, la storia fa un salto all’indietro nel 1957, tornando su canali narrativi più “canonici”, e si sposta direttamente su Simon, alle prese con il suo primo compito come piazzista, ed alla riprova, ennesima, della sua debolezza. Deciso a dare una spallata alla sua insicurezza, Simon arriva in una cittadina ingannando se stesso nella convinzione di poter cambiare vita; fin dall’inizio, è pero’ chiaro come la realtà sia ben altra, tanto che la sera dell’arrivo, perfino ordinare semplicemente la cena diventa per lui un atto difficile ed imbarazzante. Pochi giorni, e la sua illusione diventa una resa: una resa codarda, incapace com’é di renderne conto al fratello maggiore, ed incapace com’é di trovare altra soluzione che una triste fuga per i campi abbandonati.
Forse, la chiave per comprendere appieno Simon, è quella che solo in vecchiaia Abraham si trova in mano, attraverso i ricordi del fratello, attraverso i suoi vecchi libri e le sue vecchie cose.
Piccoli uomini sopraffatti da forze che sfuggono al loro controllo.
La grande capacità di Seth, al di là della padronanza con cui sa sperimentare pur mantenendo inalterata l’efficacia della sua scrittura, è nel rendere tanto reali, ancor più che realistiche, le sensazioni dei suoi personaggi. La paura del fallimento, il senso di inadeguatezza, il faccia a faccia con i propri lati peggiori: sensazioni che albergano in ognuno, in varie fasi della vita, e che l’autore porta su carta, sinceramente e dolorosamente.
Il secondo volume si è fatto attendere anni, uscendo infine nel 2019 in un volume unico edito in Italia da Coconino Press:
Seth
Il commesso viaggiatore
Coconino, 2003 – 162p. B. b&n – 13.50euro