Sergio Ponchione: la vita, i maestri dei comics e i bivi

Sergio Ponchione: la vita, i maestri dei comics e i bivi

Abbiamo intervistato Sergio Ponchione per parlare dei suoi ultimi lavori, da Mercurio Loi a Memorabilia.

Autore di fumetti e illustratore nato ad Asti nel 1975, Sergio Ponchione ha pubblicato con vari editori in Italia, Francia e Stati Uniti. Dal 1999 al 2006 disegna la serie Jonathan Steele per Sergio Bonelli Editore e Star Comics. Fra le sue opere principali: Obliquomo, Grotesque (Coconino Press, Vertige Graphic, Fantagraphics), Impronte Maltesi (Scritturapura) e DKW – Dikto Kirby Wood (MoltiMedia/Comma 22, Fantagraphics). Ha pubblicato su riviste e periodici come LinusInternazionale, Corriere della Sera/La Lettura, Repubblica XL, Wired e l’agenda Smemoranda. Ha vinto i Premi Gran Guinigi e Micheluzzi. Attualmente è nel team di autori di Mercurio Loi, serie ideata da Alessandro Bilotta per Sergio Bonelli Editore.
L’abbiamo raggiunto per parlare dei suoi ultimi lavori, da
A passeggio per Roma, sesto numero di Mercurio Loi, al volume Memorabilia, pubblicato da Oblomov Edizioni.

Memorabilia è un omaggio dichiarato ai grandi autori del passato a partire dalla copertina, nella quale ti sei autoritratto sotto un cielo popolato da personaggi kirbyani. È la prosecuzione del discorso iniziato con DKW, omaggio a Steve Ditko, Jack Kirby e Wallace Wood. Come è nata questa tua ultima opera?
I racconti di DKW sono stati un esperimento riuscito, sono piaciuti molto e io mi sono divertito parecchio a farli. Ho pensato subito di realizzarne altri, ma il poco tempo disponibile e la collocazione editoriale mancante mi hanno frenato. Ho cercato quindi di farlo comunque sfruttando varie collaborazioni, come l’omaggio a The Spirit, un’illustrazione proprio per lo Speciale The Spirit de Lo Spazio Bianco a cui poi ho costruito una storia intorno. La storia su Richard Corben era stata fatta invece nel 2014, per un progetto nato dall’anniversario trentennale del gruppo Valvoline che non ha mai visto luce. Poi tutto si è fermato fino alla neonata Oblomov di Igort, che mi ha proposto di ristampare i primi racconti più gli inediti. Ho disegnato ancora qualche tavola autobiografica per collegare il tutto ed è nato il libro.

È ancora possibile dire qualcosa di nuovo su maestri del fumetto di tale grandezza?
Mi interessa cercare di dire qualcosa di diverso, che vada oltre la classica biografia e analisi delle loro opere. L’idea è rendere gli artisti eroi e protagonisti delle storie quasi quanto quelli da loro realizzati su carta. Trasformare la loro identità ed essenza in una vera e propria materia narrativa da plasmare e reinventare in chiave inedita e personale. Si può prendere un loro singolo elemento e ingrandirlo con la lente narrativa fino a renderlo voce universale della loro poetica, o concentrarsi su un aspetto poco noto che però da senso e giustifica tutto il resto. Con il proprio lavoro, ogni autore mi suggerisce la strada da percorrere.

L’illustazione di Sergio Ponchione per lo Speciale The Spirit de Lo Spazio Bianco, da cui è nata la storia su Will Eisner.

Qual è la lezione che tutti i disegnatori dovrebbero imparare da ognuno degli autori che citi?
A me hanno trasmesso passione, meraviglia, tecnica, disciplina, responsabilità e tanto altro. In ogni autore trattato trovo meravigliosamente espressa una parte di me, e per giocare una citazione facile: “da grandi autori derivano grandi responsabilità”. Mi è difficile fare fumetti senza perlomeno ambire di non sfigurare troppo a fianco di chi amo. Almeno ci provo. Naturalmente si possono fare fumetti anche ignorando queste cose, a patto che il risultato sia comunque alto. Ma i talenti naturali sono rarissimi, quindi meglio forse prendere qualche lezione.

Per alcuni aspetti, DKW e Memorabilia possono essere visti quali capitoli di uno stesso “racconto”. Il tuo discorso sull’argomento è chiuso o in futuro dobbiamo aspettarci ulteriori capitoli?
Sono racconti nati nei ritagli di tempo da altri lavori, che in proporzione alla loro lunghezza ridotta hanno richiesto invece molta cura. La mia intenzione è di farne altri, in modo da avere ancora uno o due volumi a seguito di Memorabilia. Sogno racconti su E.C. Segar, Robert Crumb, Alex Toth e altri, sempre alternati a stralci della mia vita. Ma dati gli altri impegni, i tempi saranno piuttosto lunghi.

Si può leggere Memorabilia – così come DKW – quasi come un saggio a fumetti sul fumetto, oltre che un fumetto che omaggia il fumetto come linguaggio? Ci sono tutti gli elementi di una pubblicazione del genere: la descrizione dello stile degli autori presentati, le pagine che li riguardano da te disegnate con il loro stile, una “bibliografia essenziale” presentata per ognuno degli autori raccontati le schede biografiche finali.
Le letture che fornisci possono funzionare, anche se io ho sempre immaginato i racconti più semplicemente come piccoli pensieri dedicati, quasi come brevi poesie o haiku. Naturalmente la forma è completamente diversa, ma cercavo un’intensità simile. Incoraggiandomi a proseguire le storie e per dare organicità al tutto, Igort mi aveva suggerito di pensarla come a “un’enciclopedia ponchioniana del fumetto a dispense”. Anche questa non è male.

Quanto è stato approfondito il lavoro di studio dello stile di ciascun autore e quale è stato il più complesso da “assimilare”? Quanto questo studio ha influito sul tuo stile di disegno?
La conoscenza degli autori è venuta gradualmente negli anni. Quando si è trattato di rappresentarli, ho cercato di individuarne le caratteristiche principali e più riconoscibili, e filtrarle poi con il mio stile. I chiaroscuri di Corben sono forse stati la meta più ardua da inseguire, perchè senza i modellini in argilla (oops, corbenite) che si costruisce è quasi impossibile ottenerli inventando. Averli riprodotti mi ha dato una certa soddisfazione. Nel tempo credo di aver assimilato qualcosa da ogni autore, ma forse anche di aver sviluppato uno stile dove si intravedono senza predominare.

C’è una forte e potente componente autobiografica in Memorabilia, tanto nell’ambientazione di molte pagine che nei pensieri e nei dialoghi del tuo “alter ego” disegnato. Il tutto mixato con le dichiarazioni d’amore e passione per il fumetto: anch’esso per te è una componente biografica imprescindibile?
Certo, i fumetti letti o disegnati hanno sempre scandito la mia vita, quasi come unità di misura. Tanti miei ricordi personali sono indissolubilmente legati a loro. Ricordo con precisione certi eventi perchè ricordo di avere letto o comprato quel determinato albo in quel preciso momento. E di come questa cosa abbia influito sulla percezione di ciò che mi stava intorno, per non parlare del ricordo quasi magico che mi ha lasciato nel tempo.

DKW è stato pubblicato anche negli USA da Fantagraphics Books, tra l’altro con una nuova introduzione a firma di Blake Bell, uno dei maggiori studiosi dell’arte di Steve Ditko: com’è nata la pubblicazione americana e quali sono stati i riscontri che hai avuto nella patria dei tre autori di cui parli in quell’opera?
È stato proprio Eric Reynolds di Fantagraphics a interessarsi a DKW prima che glielo mostrassi, cosa che avrei ovviamente fatto data la matrice americana dell’opera. Si è optato per il classico formato comic book ed è andato esaurito in pochi mesi. Ci sono stati grandi apprezzamenti e anche qualche piccola prevedibile critica, per aver profanato questi mostri sacri dei comics USA. Posso annunciare che prossimamente anche Memorabilia sarà pubblicato da Fantagraphics. Inizialmente i racconti di Eisner e Corben sarebbero dovuti uscire prima su NOW, la loro nuova rivista antologica, ma vista la differente natura del materiale contenuto si è deciso di fare uscire direttamente il volume.

Passando a Mercurio Loi, nel sesto numero della serie hai realizzato insieme ad Alessandro Bilotta una storia a bivi incentrata sulle scelte. Hai lavorato anche e soprattutto sulla gabbia bonelliana, giocando sulla specularità delle scene, con una resa anche visiva della circolarità delle varie situazioni. Quanto di tuo c’è in queste scelte?
Tutte le impaginazioni più articolate, come la discesa delle scale suddivisa nelle vignette o i due cortei visti dall’alto, erano già presenti nella sceneggiatura. Ho cercato di interpretarla il più fedelmente possibile, cercando di caratterizzare al meglio gli elementi cardine delle scene. La scelta di ripetere alcune inquadrature per sottolineare il riproporsi delle situazioni è prevalentemente mia. Malgrado potesse appiattire la narrazione, mi sembrava la regia ideale per la tipologia del racconto, e infatti è stata apprezzata.

Come ti trovi a lavorare con Alessandro Bilotta e le sue sceneggiature? In particolare, per Mercurio Loi #6, data la particolarità dell’albo, com’è stato il confronto tra di voi durante la lavorazione?
Con Alessandro mi trovo benissimo, c’è grande stima e sintonia reciproca. Ci stimoliamo a vicenda per dare il meglio. Più volte mi ha detto che A passeggio per Roma è stato pensato su misura per me. A parte la struttura a bivi e l’idea della passeggiata al tramonto non mi ha anticipato quasi nulla del racconto, lasciandomelo scoprire poco alla volta e facendomi spesso interrogare su come avrebbe ripreso e risolto i bivi che introduceva.

Quali sono le difficoltà maggiori che hai incontrato durante la realizzazione della storia?

Innanzitutto il riprodurre con cura e credibilità il periodo storico. Quando disegni qualcosa per la prima volta non puoi inventare nulla, devi guardare sempre documentazione, che siano edifici, abiti o un semplice paio di occhiali. Poi ci si crea un bagaglio visivo, ma ci vuole quasi un’intero albo. L’episodio è stato entusiasmante ma anche piuttosto travagliato. I collegamenti dei bivi a volte erano problematici perchè la disposizione degli elementi in una scena non funzionava nella sua prosecuzione, e dovevo modificarli. Per sua ammissione, è stata la storia di Bilotta più complessa e ambiziosa, con un proporzionale suo sforzo richiesto. Questo, unito ai suoi impegni per il lancio promozionale della serie, ha generato un lungo tempo di lavorazione con diverse pause, che mi ha portato a disegnare l’ultimo terzo dell’albo (il più complesso) in un paio di mesi. Ma credo ne sia valsa la pena.

Anche in Mercurio Loi c’è un personaggio “obliquo”, tuo segno distintivo. È un inside joke o un modo per lasciare qualcosa di personale nella serie?
L’Ipnotista è un regalo di Bilotta. Conoscendo le mie tendenze oblique, a inizio storia mi anticipò: “Vedrai, ti ho messo un personaggio in stile Doom Patrol di Grant Morrison”, di cui siamo entrambi fanatici. Quando apparve nella sceneggiatura non potei che festeggiare, l’occasione era troppo ghiotta per non dargli fattezze espressioniste e picassiane che ricordassero il mio Obliquomo.

Che tipo di indicazioni hai fornito, se lo hai fatto, al colorista Nicola Righi per questo episodio, in cui l’aspetto cromatico assume particolare rilevanza?
In realtà abbiamo iniziato a sentirci solo a colorazione avanzata. Non ho dato indicazioni, Bilotta seguiva man mano la colorazione e il risultato che vedevo nelle tavole diffuse in anteprima mi è sembrato ottimo. La stampa invece non ha giovato al meglio, alcuni colori sono venuti troppo scuri, specie nella prima parte. Con Righi quindi ora abbiamo stabilito alcuni accorgimenti per ottimizzare la resa su carta per il prossimo episodio.

Tramite la pagina FB di Mercurio Loi abbiamo visto che sei al lavoro sul tredicesimo numero della serie. Puoi anticiparci qualcosa su come sarà la storia?
Sono ancora all’inizio e ne so pochissimo anch’io, lo scoprirò man mano che mi arriverà la sceneggiatura. Posso dire che è incentrata sul colonnello della gendarmeria pontificia Belforte, ormai apparso varie volte nella serie. Un tempo prepotente e violento, ha perso la voce dopo che un criminale gli ha tagliato la gola. Adesso comunica grazie a una lavagnetta e riflette, riflette molto. La narrazione sarà dunque intimista e l’ambientazione prevalentemente notturna e ricca di chiaroscuri.


Che legame hai con il fumetto odierno? Cosa leggi e quale delle tue letture odierne credi ti influenzi maggiormente?
Compro e leggo fumetti sempre con piacere, anche se con molta più parsimonia di un tempo. Nella marea di uscite cerco di limitarmi alle cose che veramente mi interessano, ma a volte mi lascio andare volentieri. Romanzi grafici, albi Bonelli, supereroi (nelle versioni più autoriali e nelle ristampe vintage), serie più o meno alternative e altro ancora, dipende dai periodi. A parte qualche collega, influenze odierne direi poche, ma tengo sempre d’occhio i nuovi lavori dei grandi autori che amo, come Alan Moore. Influenze passate molte. Altrimenti come farei Memorabilia?

Grazie per il tuo tempo, Sergio.

Intervista realizzata via mail nel mese di dicembre 2017.

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