Il segreto di Majorana: fumetto impressionista

Il segreto di Majorana: fumetto impressionista

Francesca Riccioni, coadiuvata dai disegni di Silvia Rocchi, torna a raccontare la vita di uno scienziato in forma di fumetto dopo Alan Turing: Ettore Majorana.

ettore_majorana-riccioni_rocchiUno dei più grandi misteri della fisica del XX secolo è la scomparsa di Ettore Majorana. Le ultime informazioni quasi certe che si hanno su di lui risalgono al 27 marzo del 1938 grazie a Vittorio Strazzeri, professore dell’Università di Palermo, che affermò di aver condiviso con lui una cuccetta sul piroscafo Tirrenia che quel giorno attraccava a Napoli. Dopo di ciò di Majorana si persero completamente le tracce, dando così inizio a quasi ottanta anni di congetture sul suo destino.

A questa vasta letteratura si è aggiunto di recente anche Il segreto di Majorana, di Francesca Riccioni e Silvia Rocchi, un romanzo a fumetti che esplora la figura del fisico siciliano, non direttamente ma attraverso un espediente narrativo già utilizzato da Galileo Galilei: il dialogo tra due personaggi fittizi che in qualche modo stanno intraprendendo una ricerca, soprattutto di vita, che sfiora quella stessa ricerca che si suppone abbia intrapreso anche Majorana.

Dialogo su Majorana

In Enigma, Francesca Riccioni aveva mostrato due grandi capacità: innanzitutto riuscire a integrare la scrittura tecnica di genere scientifico all’interno di un contesto narrativo, per quanto biografico, senza banalizzarne i contenuti, ma anzi utilizzando immagini efficaci e soprattutto corrette; aveva poi mostrato la rara dote di cogliere l’essenza del protagonista lì raccontato, Alan Turing.

La principale difficoltà nel raccontare Ettore Majorana è, invece, legata non tanto alla sua scomparsa, quanto al fatto che essa è probabilmente l’evento più interessante nella vita sostanzialmente tranquilla di un uomo timido e schivo. Onde evitare il rischio di diventare agiografici, ecco la scelta di far raccontare la storia di Majorana dai due protagonisti del romanzo, due scienziati che dopo anni (e una relazione interrotta) si ritrovano a discutere del futuro e di Majorana in California.

L’accostamento al Dialogo sopra i due massimi sistemi del mondo di Galilei è quasi scontato: Leo, che dei due è il ricercatore che si sta occupando di Majorana, quasi una sorta di rappresentazione fumettistica di tutti i fisici che si sono inevitabilmente avvicinati all’illustre predecessore1, è in un certo senso il Filippo Salviati della coppia ed è a lui che la sceneggiatrice affida gli approfondimenti scientifici.

A destra: copertina di Science del 25 maggio 2012; a sinistra stessa copertina disegnata da Silvia Rocchi
A destra: copertina di Science del 25 maggio 2012; a sinistra stessa copertina disegnata da Silvia Rocchi

La fisica, Enrico Fermi e la Germania

Il risultato più noto di Ettore Majorana è sicuramente l’articolo Sulla teoria nucleare (pdf), pubblicato originariamente in tedesco e successivamente in italiano per necessità burocratiche, ovvero giustificare il viaggio del giovane fisico teorico siciliano in Germania presso Werner Heisenberg.
L’articolo, che proponeva delle correzioni alla teoria dello stesso Heisenberg, è in un certo senso una vittoria a distanza di quest’ultimo in un campo dove lo stesso Enrico Fermi aveva fallito: convincere Majorana a pubblicare i suoi risultati.

Anche il lavoro di Fermi venne, in qualche modo toccato da Majorana, che in Teoria simmetrica dell’elettrone e del positrone (pdf) mise mano all’idea, sviluppata da Paul Dirac, della distinzione tra materia e antimateria: all’interno del suo articolo, però, Majorana teorizza l’esistenza di particelle identiche alle loro antiparticelle2.

Confronto il risultato di una tipica interazione tra particelle in una camera a bolle (a destra, tratta da Treiman, S. (1959). The Weak Interactions Scientific American, 200 (3), 72-84) e l'interpretazione fornita da Silvia Rocchi (a sinistra)
Confronto il risultato di una tipica interazione tra particelle in una camera a bolle (a destra, tratta da Treiman, S. (1959). The Weak Interactions Scientific American, 200 (3), 72-84) e l’interpretazione fornita da Silvia Rocchi (a sinistra)

Ed è soprattutto sui fermioni di Majorana3 che si concentra Francesca Riccioni durante il suo racconto. Intorno a questa idea si intrecciano impressioni e sensazioni legate a Majorana e alla sua presumibile scelta di scomparire dal mondo, quasi un diluirsi come una goccia d’acqua o diventare un’impressione nebbiosa all’interno di un quadro esso stesso indistinto, un po’ come le particelle di Majorana all’interno del quadro in divenire che era (ed è) la fisica delle particelle.

Su queste sensazioni indistinte si innesta Silvia Rocchi, che sceglie di rappresentare in maniera appena abbozzata ambienti e personaggi: questo non solo le permette di rappresentare in maniera più che efficace molti concetti della fisica delle particelle, come per esempio nella rappresentazione delle fotografie prodotte dalle camere a bolle4, ma di sottolineare anche i passaggi importanti laddove il suo tratto si fa più preciso e dettagliato, come quando Amanda pone una domanda proprio su questa sfuggente particella di Majorana:

Com'è possibile che qualcosa sia uguale al suo opposto?
Com’è possibile che qualcosa sia uguale al suo opposto?

In un certo senso provare a capire come qualcosa sia identica al suo opposto, e non solo dal punto di vista della teoria di Majorana, è un modo differente di porsi il problema delle motivazioni della scomparsa non solo del fisico siciliano, ma di qualunque persona decida di scomparire dal mondo, di “tagliare i ponti con il proprio passato”. D’altra parte in ottanta anni circa di testi su Majorana è stata questa la costante della maggior parte di questi scritti: spiegare come e perché il fisico siciliano sia giunto alla scelta di scomparire senza arrivare all’estrema soluzione del suicidio.

L’impressione di un finale

Il tutto trasmette una ambiguità di fondo, volutamente non risolta nel finale: d’altra parte Majorana stesso è un uomo di ambiguità.

Non c’è solo l’ambiguità non risolta sul suo destino, ma anche il suo particolare legame con la Germania, un posto dove si trovava bene e di cui apprezzava la rivoluzione nazista che stava avanzando in quegli anni. Tali apprezzamenti erano contenuti nelle missive che inviava alla madre e agli amici, tra cui anche Segré, ebreo. È proprio questa insensibilità verso i sentimenti dei suoi amici che alimenta questa ambiguità, spiegabile solo con l’approccio distaccato e logico che emerge da alcuni passaggi di quelle stesse lettere: gli aspetti biografici legati a queste lettere non vengono approfonditi dalle due autrici, molto più interessate ad approfondire la parte intimista del carattere di Majorana, ma a giudizio di chi scrive sono altrettanto utili per comprendere l’approccio del fisico al mondo.

majorana_spiaggia-riccioni_rocchi

Per trasmettere allora tutte queste impressioni, Silvia Rocchi suddivide la pagina in due vignette orizzontali alternandole a illustrazioni a tutta pagina, che ricordano lo stile degli impressionisti, interessati, come d’altra parte le due autrici, non già al racconto e ai suoi dettagli, ma proprio alle impressioni che l’immagine generale lascia all’osservatore.
E quindi solo un “fumetto impressionista” come è Il segreto di Majorana poteva, in qualche modo, provare a raccontare il geniale fisico siciliano: in fondo le descrizioni che ci hanno lasciato coloro che lo hanno conosciuto sono delle semplici impressioni di ciò che era l’uomo Ettore Majorana.

Abbiamo parlato di:
Il segreto di Majorana
Francesca Riccioni, Silvia Rocchi
Rizzoli, 2015
160 pagine, brossurato, colore  – 16.00€


  1. In effetti, come confermato da Francesca Riccioni in varie interviste, il personaggio è basato su un ricercatore realmente esistente. Vista la coincidenza con il nome e la presenza, all’interno del libro della copertina di Science del 25 maggio 2012, il personaggio fittizio è probabilmente ispirato a Leo Kouwenhoven, uno degli autori del team di ricercatori che hanno visto pubblicato quella che può essere considerata la prima osservazione di tracce di fermioni di Majorana

  2. Con antiparticella si intende una particella con la stessa massa, ma con carica elettrica e numeri quantici opposti rispetto alla corrispondente particella 

  3. È curioso osservare come a cavallo dell’uscita del libro di Riccioni e Rocchi un gruppo di ricercatori dell’Università di Princeton abbia osservato i fermioni di Majorana in un superconduttore 

  4. Le camere a bolle erano delle vasche riempite con un liquido, usualmente idrogeno liquido, al cui interno venivano fatti passare i fasci di particelle. Queste ultime, essendo cariche, interagivano con il mezzo ionizzandolo e generando al suo interno delle bolle. Grazie a queste bolle e allo studio delle proprietà delle scie generate, gli sperimentali erano in grado di capire quali particelle passavano e ricostruire il tipo di interazioni avvenute, scoprendo così le prove che mostravano la correttezza o meno dei modelli matematici proposti dai teorici. Più o meno viene fatto ancora oggi, questo lavoro, ma con mezzi decisamente più sofisticati di 50 anni fa. 

2 Commenti

1 Commento

  1. Massimo

    20 Novembre 2015 a 13:00

    Impressionista? Non ho capito, tipo Monet!?

    • Gianluigi Filippelli

      20 Novembre 2015 a 15:02

      Non solo in senso artistico (quindi “tipo Monet”), ma anche nel senso che si basa letteralmente su delle impressioni, che possono essere quelle lasciate dal carattere schivo di Majorana o quelle lasciate nelle camere a bolle e da qui sulla lastra delle fotografie durante i primi esperimenti che utilizzavano tale strumento di rilevazione.

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