In principio erano i Difensori: all’inizio degli anni Settanta, Roy Thomas e Ross Andru arruolarono il Dottor Strange, Hulk, Namor e Silver Surfer nel primo “non gruppo” della storia della Marvel Comics. Molti lustri dopo, la dinamica che si crea tra personaggi eterogenei, spesso disfunzionali, costretti ad agire insieme per un bene superiore è ancora attuale e affascinante, soprattutto quando gli stessi membri della squadra sono consapevoli di non essere adatti alla condivisione del lavoro e alla cooperazione, scherzano al riguardo e si mettono a nudo davanti al lettore con i loro egocentrismo, inadeguatezza e fragilità.
Giunti nel 2017, periodo di pubblicazione negli Stati Uniti, e nel 2018, quando Panini Comics ha portato in Italia i due volumi che raccolgono l’intera serie, è la volta dei Secret Warriors, non quelli di Jonathan Hickman, ma quelli di Matthew Rosenberg. Non è un dato banale e trascurabile, questo legato al titolo. Dare un nome alle cose, ci insegna Adamo nella Bibbia, significa farle esistere; negare la denominazione comporta un’assenza gnoseologica e, talvolta, un cortocircuito ontologico.
Daisy Johnson (a.k.a. Quake), Lunella Lafayette (a.k.a. Moon Girl), Kamala Khan (a.k.a. Ms. Marvel), Dante Pertuz (a.k.a. Inferno), Karnak e Devil Dinosaur sono tutti Inumani e si ritrovano insieme durante l’evento Secret Empire per rovesciare il dominio del malvagio Capitan America a capo dell’Hydra e per liberare dalla prigionia i loro simili. Nel farlo, arrivano alla conclusione delle loro avventure senza essere stati capaci di mettersi d’accordo sul nome da assegnare alla loro singolare formazione. Solo il logo in copertina ci consente di identificarli come un insieme, ma è una vuota etichetta, una scelta nostalgica e, forse, di marketing per solleticare il pubblico con il ricordo dei vari Phobos, Druido e di tutti gli altri eroi reclutati anni prima da Hickman, nella sua incarnazione del non gruppo, per iniziare a tessere le sue trame, culminate nel magniloquente Secret Wars.
Senza dilungarci sul fatto, comunque curioso, che due dei tre personaggi di recente creazione che fanno parte del team prendono in prestito i loro alias da storici paladini del Bene, è interessante sottolineare che tra i nuovi e i vecchi guerrieri segreti c’è un collegamento, Daisy Johnson. In precedenza allieva di Nick Fury, ora a sua volta guida della truppa, Quake sembra aver ereditato esclusivamente i tratti deteriori del mentore, dimostrandosi spesso incapace non solo di gestire l’umore dei compagni, ma anche di controllare se stessa, scadendo in comportamenti opportunisti, cinici ed egoisti. Fa de “il fine giustifica i mezzi” il proprio motto, con la differenza – non trascurabile – che l’obiettivo non sempre viene centrato.
Ad affiancare questa donna dotata del potere di generare terremoti nel ruolo di leader controverso è Karnak, l’Inumano che trova il punto debole di ogni cosa, recentemente psicanalizzato da Warren Ellis in una miniserie di grande spessore. Quest’individuo austero, letale nel combattimento e rigidamente inquadrato, che nel fumetto scritto dall’autore britannico si esprime per aforismi e solo se strettamente necessario, nelle mani di Rosenberg diventa stranamente loquace, vittima di un trattamento efficace quando riservato ai suoi più giovani colleghi, ma evidentemente in contrasto con la sua caratterizzazione originaria e con il suo modus operandi.
Così, neanche per il filosofo appartenente alla famiglia reale di Attilan sono previste eccezioni: egli viene centrifugato dai toni dell’intera serie – prevalentemente coerenti e piacevoli da leggere, è bene rimarcarlo – che sono quelli di una commedia ricca di battute, ironia e sarcasmo, sebbene alcune sequenze siano drammatiche e tra i temi affrontati compaia anche la sperimentazione genetica ai danni dei bambini.
Se le costanti sono individuabili nel ritmo sostenuto e nella brillantezza di molti dialoghi, in particolare si segnala un’accesa discussione politica tra Quake e Bestia degli X-Men, il primo volume si differenzia dal successivo per la struttura più elaborata, con il continuo andirivieni, ben calibrato, tra presente e passato prossimo. Lo sceneggiatore collega alcune situazioni dei due piani temporali, mostrandone somiglianze e differenze, in un piacevole gioco di rimandi.
Il secondo brossurato, dall’andamento più ordinario, raccoglie due archi narrativi: mentre in uno troviamo al centro dell’attenzione Daisy, decisa a eliminare Deadpool per ragioni personali, nell’altro prosegue la trama principale fino a un epilogo originale e vivace.
Non è uno spoiler dire che, terminata la missione con tutti i successi e gli insuccessi del caso, i non meglio precisati “guerrieri” si radunano a casa di Moon Girl per una partita di Risiko. È il momento di leccarsi le ferite, fare il punto della situazione, alleggerire il carico e ripartire. Ma non è facile, quando i caratteri sono antitetici, quando alcuni vivono di assoluti e altri concepiscono solo le sfumature.
In un conflitto in parte generazionale, i più giovani idealizzano l’eroismo, non accettano i compromessi, mentre i più esperti proprio non possono fare a meno di nascondere dettagli, di agire con doppi fini, sacrificando anche la loro l’umanità.
Ad accompagnare Rosenberg troviamo principalmente Javier Garrón che realizza nove dei dodici capitoli della serie, di cui quattro condividendo il tavolo da lavoro con Will Robson, ottenendo però un risultato di livello inferiore a causa dell’eccessiva rotondità del segno di quest’ultimo. Annoverato tra le Young guns Marvel 2018, il disegnatore regolare dimostra di aver lavorato sul proprio tratto, diventato più curato, asciutto e versatile rispetto alle prime opere, tra le quali per un confronto si cita Star-Lord scritto da Sam Humphries. La differenziazione dei volti è evidente e le espressioni facciali, talvolta esagerate, contribuiscono a rendere riconoscibili sia i buoni che i cattivi.
Nel breve arco narrativo di passaggio, che sancisce anche il superamento dello status quo targato Secret Empire, Juanan Ramirez fa rifiatare il collega spagnolo, mettendosi in luce per il suo segno affilato, reso ancor più graffiante dalla colorazione cupa di John Rauch, sostituto momentaneo di Israel Silva, che invece predilige tinte più calde e accese.
Ancora, Ramon Bachs completa la lista dei penciler attivi sulle pagine di Secret Warriors e, pur non avendo a disposizione scene di combattimento, riesce a ravvivare la serata di svago degli eroi giocando con la griglia e la sua rottura. Mentre Ms. Marvel e Quake sono penalizzate da un’espressività vuota e ripetitiva, Moon Girl e Karnak trasmettono le loro emozioni sorridendo e aggrottando le sopracciglia mimeticamente.
Infine, sarebbe fare un torto alla potenza figurativa dell’artista tacere delle iconiche copertine firmate da Tradd Moore e inserite da Panini nei due volumi. Senza rinunciare alla peculiarità del proprio disegno, il fumettista di Snellville visualizza i membri del “non gruppo”, evidenziandone abilità e stati d’animo.
Abbiamo parlato di:
Secret Warriors #1-2
Matthew Rosenberg, Javier Garrón, Juanan Ramirez, Will Robson, Ramon Bachs
Traduzione di Andrea Toscani
Panini Comics, 2018
112 e 160 pagine, brossurati, colori – 9,90 € e 12,90 €
ISBN: 9788891235268 e 9788891240811