La seconda stagione di DK si apre all’insegna di un flashback, con il quale lo sceneggiatore Tito Faraci svela l’origine del nome del ladro e delle cicatrici che segnano il suo corpo, dopo che la conclusione della prima miniserie aveva lasciato irrisolti alcuni misteri riguardanti il protagonista.
Ideato da Mario Gomboli, soggettista dei due capitoli contenuti in questo primo albo, DK si propone come un personaggio “altro” da Diabolik, sebbene sia evidentemente ispirato al Re del terrore, non solo per quanto riguarda la fisionomia, ma anche per le abilità fisiche e intellettive. Se la Giudice ricorda Eva Kant, è innegabile la somiglianza tra Ginko e il nostro Ispettore, sebbene quest’ultimo non appaia essere al centro delle vicende come la controparte più celebre. Infatti, il vero avversario del criminale non è un uomo solo, ma un’organizzazione i cui membri si fanno chiamare Giustizieri.
Tenendo tra le mani il primo dei quattro spillati previsti, è palese la cura che Astorina ha riservato ai dettagli e alla confezione del proprio prodotto. Più della copertina realizzata da Giuseppe Palumbo, disegnatore degli interni, colpisce la variant cover con lamina d’argento ad opera di Matteo Buffagni, che sembra essersi ispirato all’arte dello statunitense Alex Ross.
Proprio al fumetto americano si rifà la casa editrice milanese, stampando l’albo nel classico formato comic book, nel quale Palumbo può dare sfogo alla propria creatività, assemblando liberamente le tavole. L’assenza di una griglia fissa permette all’artista di incastrare le vignette piccole in altre più grandi, o di scaricare la tensione in due splash-page, l’una dinamica e l’altra statica.
Da un lato i tratti dei personaggi sono sempre molto marcati, con volti più spigolosi di quelli raffigurati tra le pagine del ben più longevo Diabolik, dall’altro va sottolineata l’enfasi posta nelle scene d’azione, nell’inseguimento e nelle esplosioni, a corredo dei quali non mancano mai le onomatopee. Nonostante il segno di Palumbo, in queste pagine inchiostrato da Gianfranco Giardina, sia sempre di alto livello, non raggiunge i picchi di espressività di altre sue opere.
La colorazione di Enrico Pierpaoli segna un ulteriore scarto rispetto al modello, anzitutto perché al bianco e nero si sostituisce una tavolozza ricca di tonalità, riscontrabile soprattutto nel divampare dell’incendio e nella differenziazione degli ambienti. Secondariamente, non passa inosservata l’assenza dei retini, compensata da un gioco di luci e ombre creato dall’infittirsi delle linee.
Prendendo spunto dalla serializzazione televisiva, la seconda stagione di DK continua il discorso interrotto nel quarto volume della serie precedente, mostrando il protagonista mentre si sbarazza dell’Ispettore per concentrarsi sui Giustizieri, vero bersaglio delle sue azioni criminali. Il lungo flashback del primo capitolo offre al lettore alcune risposte fondamentali per conoscere meglio “l’ombra nella notte”, ma le didascalie con le quali DK analizza il proprio passato risultano ridondanti e semplicistiche.
“Sapevo tanto e, allo stesso tempo, non sapevo niente“: il meccanismo in virtù del quale l’individuo agisce senza ricordare nulla della propria vita, affidandosi alla memoria muscolare, si trasforma in un escamotage narrativo tanto funzionale quanto abusato. Al ritmo lento delle tavole assegnate alle rivelazioni si oppongono le sequenze d’azione, dinamiche ma decompresse, nelle quali assistiamo a tutte le mosse del ladro e alle reazioni dei suoi avversari.
In Post mortem e Terrorismo, dopo che Faraci ha trascinato il lettore in una corsa fatta di forsennate accelerazioni, resta l’impressione che la qualità della confezione superi la reale entità degli argomenti offerti da una trama ancora in divenire.
A completare il sommario dello spillato concorrono un riassunto esaustivo, per chi si fosse perso la prima stagione; le schede di approfondimento riguardanti i personaggi principali; le bozze di due tavole presenti nel secondo albo; un poster che riproduce le due copertine realizzate e un articolo utile per conoscere meglio Mario Gomboli, creatore di DK, nonché direttore della Astorina.
Abbiamo parlato di:
DK II #1 – Post mortem; Terrorismo
Tito Faraci, Giuseppe Palumbo
Astorina, marzo 2017
62 pagine, brossurato, colori – 3,50 €
ISBN: 977242164000470001
Antonio
30 Marzo 2017 a 19:48
Vorrei gentilmente far notare una palese omissione: Palumbo qui non fa tutto da solo, ma per la prima volta nella sua carriera (credo, e certamente comunque negli ultimi anni) è inchiostrato da un inker. Al di là dell’importante dato cronachistico, che forse poteva essere sottolineato, dare giudizi come “Nonostante il segno di Palumbo sia sempre di alto livello, non raggiunge in queste pagine i picchi di espressività di altre sue opere” (senza entrare nel merito del giudizio) quando non si tiene conto di come le dinamiche mutino rispetto a quando l’autore si inchiostra da solo mi pare un po’ una leggerezza su cui riflettere.
Ciao!
Federico Beghin
31 Marzo 2017 a 10:57
Grazie per l’intervento Antonio!
Non possiamo valutare l’impatto del chinatore, non conoscendo quanto sia invasivo. Osservando l’opera nel suo complesso (soggetto, sceneggiatura, disegni, colori), teniamo conto della resa finale. Eventualmente, si potrebbe dire che Palumbo renda meglio quando si china da solo, ma in questo caso non possiamo saperlo.
Antonio
31 Marzo 2017 a 11:33
Ciao Federico, grazie della risposta.
Non capisco però quello che hai scritto.
Non state facendo un’analisi filosofica dell’invasività di un inchiostratore.
State valutando quello che vedete sulla pagina di DK.
E quello che c’è sulla pagina è, banalmente, la china di un altro (Giardina) sui disegni di Palumbo. Non è Palumbo “puro”, come invece si inferirebbe leggendo l’articolo. È impossibile prescindere da questa cosa in un’analisi seria.
Federico Beghin
3 Aprile 2017 a 10:07
Giustamente lascio a Lei, Antonio, qualsiasi valutazione riguardante la serietà della mia analisi; piuttosto, mi rifaccio alla serietà e all’auctoritas di Alessandro Di Nocera (“Supereroi e superpoteri”, Castelvecchi Editore, 2ª ed, p. 14): “Gli illustratori di Comics [applicabile a DK che prende esempio proprio dai Comics americani] sono spesso coadiuvati nel loro lavoro da inchiostratori che, per velocizzare la produzione delle tavole disegnate, provvedono a rifinirne le matite grezze. Non di rado gli inkers influiscono pesantemente sul tratto originale dell’artista. Nel nostro saggio abbiamo preferito omettere i nomi di questi rifinitori, tranne in quei casi in cui il loro intervento risulti essenziale e determinante nella stessa concezione grafica di un’opera”.
Mutatis mutandis, riportare per amore di completezza l’informazione riguardante l’inchiostrazione, non avrebbe modificato il giudizio complessivo sui disegni di Palumbo, contro il quale non è in atto alcun attacco, come sembra invece che si stia interpretando.
Antonio
3 Aprile 2017 a 18:33
Federico,
solo alcune cose:
1) non ci stai facendo una bella figura a non ammettere un errore marchiano, quello di non citare un inchiostratore in una valutazione completa, quando tu stesso hai rilevato che l’apporto di tale inchiostratore è sostanziale (“Nonostante il segno di Palumbo sia sempre di alto livello, non raggiunge in queste pagine i picchi di espressività di altre sue opere.”: lo hai scritto tu, o no?).
2) qui stai citando un passo a sproposito, te ne rendi conto, sì?
3) Non ravvedo nessun attacco nei confronti di Palumbo e non ho mai contestato il tuo giudizio dal punto di vista del merito, ma solo da quello metodologico. Forse dopo tre commenti non mi sono spiegato bene, ma il punto è questo: metodologicamente hai commesso un errore, attribuendo a Palumbo delle caratteristiche di diversità che sono invece da imputare a una coppia disegnatore e inchiostratore. Ripeto perché sia chiaro: è un errore dal punto di vista metodologico dell’analisi.
4) Ma in redazione di questi miei rilievi cosa ne dicono? A me sembra curioso che i “vecchi” non ti abbiano detto le stesse cose che ti dico io. Parlane con loro.
5) Sempre metodologicamente, la completezza è importante. Fai un paragone fra il bianco e nero e il colore e non concepisci che le chine abbiano un peso?
Hai preso un granchio. Capita, non è grave e non verrai crocefisso. Ma ammetti l’errore, ché fa bene.
la redazione
4 Aprile 2017 a 22:21
Il dato dell’inchiostratore è stato aggiunto, anche se questo non cambia il giudizio complessivo della resa finale del disegno. Giudizio che potrebbe valere anche per la prima serie di DK per la quale non c’era un inchiostratore esterno.
Per quanto riguarda le risposte di Federico, sono state tutte discusse in redazione e il senso per noi era chiarissimo. Ci spiace se così non è stato per te.
Buon proseguimento e buone letture.