Gli altri Paperoni: a scuola dal Prof. Guido Martina

Gli altri Paperoni: a scuola dal Prof. Guido Martina

Più avaro di sempre, più spietato che mai, eppure divertentissimo: è il Paperon de' Paperoni di Guido Martina, decano degli scrittori Disney italiani.

Paperone mena. Spara. Bombarda. Non è un pacifico. A me piace molto quando incontra Rockerduck. Dopo tre vignette sono già lì che si menano. Mi piace il finale di molte storie: al Polo, o in Patagonia, o sull’Everest, Paperino che fugge e Paperone che lo insegue puntandogli addosso un fucile…
(Alessandro Baricco, Elogio di Paperone)

Così, quasi vent’anni fa, lo scrittore Alessandro Baricco descriveva uno dei motivi d’amore fumettistico per l’arcimegamultimiliardario di Paperopoli. E il Paperone descritto da Baricco è quello conosciuto da intere generazioni di giovani lettori italiani: inequivocabilmente, per stilemi e situazioni, il personaggio caratterizzato da Guido Martina.

Primo e, per molti anni, principale scrittore del fumetto Disney realizzato in Italia, questo professore piemontese di Lettere e Filosofia prestato ai comics ha marcato con il suo personale approccio colto e dissacrante l’intera produzione di topi e paperi del Belpaese. In termini di linguaggio, filoni narrativi, caratterizzazione dei personaggi, gli va riconosciuto di aver gettato le fondamenta di quell’enorme fabbrica del nostro immaginario che è la scuola Disney italiana. Su tutto, gli dobbiamo l’invenzione, colta e al tempo stesso irresistibilmente comica, del genere parodistico, dal capostipite Inferno di Topolino ad altre memorabili riscritture dei classici come Paperodissea o Paperopoli liberata… Come tutti i pionieri, Martina percorreva praterie narrative in gran parte inesplorate, con una libertà editoriale che nessun epigono dello zio Walt potrebbe oggi permettersi. Analizzare le sue storie ideate per un personaggio cardine del pantheon Disney quale Paperon de’ Paperoni diventa l’opportunità per riflettere, oltre che sullo stile dello scrittore, anche sul contributo che un singolo autore può offrire alla colossale macchina narrativa (collettiva) del fumetto seriale. In particolare, ci soffermeremo su tre aspetti collegati: la caratterizzazione del personaggio, lo sviluppo delle trame e i valori presenti nei racconti.

ArpaZione: la maschera del personaggio

Guido Martina fa esordire Paperone sulle pubblicazioni italiane con  Topolino nella valle dell’incanto (1952, disegni di Rino Anzi) in un ruolo tutto sommato secondario. Questo primitivo de’ Paperoni abita in un gotico maniero ai margini della città: il Deposito verrà dopo, proprio come la psicologia definita del personaggio. Il Professore – che ancor prima che scrittore di nuove storie era traduttore di quelle USA – si rifà all’Uncle Scrooge delle origini, introdotto da Carl Barks in Il Natale di Paperino sul Monte Orso, di otto anni  prima. Martina si abbevera alla matrice barksiana, cogliendone appieno i rimandi letterari all’avaro Scrooge del Cantico di Natale di Charles Dickens. Li coglie e li moltiplica, raffinando nelle storie successive il ritratto di un cinico, misogino (anzi paperogino), avaro, “summma nevrotica” di tutti i grandi avari del teatro e della letteratura.

Il Paperone di Martina è ossessionato dall’idea di accumulare ricchezze, ma ancor di più dall’idea di non perdere quanto già accumulato, esattamente come il personaggio di Euclione che nasconde la sua preziosa pentola d’oro nell’antica commedia latina di Tito Maccio Plauto (Aulularia). La difesa del patrimonio acquisito – il denaro stipato all’inverosimile nel Deposito ne rappresenta il simulacro fisico – dà spesso spunto alle vicende, esattamente come accade all’Arpagone di Molière o al sior Todero di Carlo Goldoni. Paperone agisce il più delle volte per reazione a un evento che interviene a minarne le certezze (psico)finanziare: un calo di profitto di una delle sue tante attività, un provvedimento del Comune di Paperoli che danneggia le proprietà, etc. Quando poi si tratta di raggiungere i suoi scopi, il magnate di Paperopoli, nell’interpretazione di Martina, non guarda in becco nessuno, dispotico come il Pantalone della Commedia dell’arte e perfido come lo Shylock, mercante di Venezia di Shakespeare. Emblematica è la vicenda di Paperino e il losco inghippo della mappa  (disegni di Giorgio Bordini, 1972), dove lo Zione sequestra il nipote in casa, senza cibo, energia elettrica, acqua e riscaldamento, così da obbligarlo a lavorare per lui…

Siate affamati, siate folli, siate de’ Paperoni!                   

Nonostante gli antecedenti colti cui si ispira, c’è da aggiungere che il “mostro” emotivo e sociale dipinto da Guido Martina risulta – a suo modo – anche terribilmente simpatico. Come è possibile? Una risposta convincente la proponeva Dino Buzzati, altro grande scrittore, fan del “vecchio cilindro”:

Paperon de’ Paperoni, pur essendo il re degli arpagoni, non è arido come Scrooge. Crudele magari, ma non arido… Felice e infelice nello stesso tempo, furbissimo e ingenuo, impassibile e collerico, coraggioso e vigliacco. È un personaggio vivo, insomma, persuasivo, simile a tanti di noi.
(Prefazione a Vita e dollari di Paperon de’ Paperoni)

Guido Martina – affiancato da vari cartoonist destinati a fare la storia del fumetto disneyano (Giovan Battista Carpi, Giuseppe Perego, Luciano Bottaro, Pier Lorenzo e Massimo Di Vita, Giulio Chierchini, Romano Scarpa, Giorgio Cavazzano, Massimo De Vita etc.) – riesce a dare vitalità al personaggio grazie a un peculiare mix di registri comici. Alternando nelle vignette satira di costume, caricatura psicologica e gag, lo sceneggiatore pratica nelle avventure di Paperone la strategia narrativa dell’eccesso. Il suo de’ Paperoni è talmente avaro e avido da risultare insaziabile, talmente autoritario e dispotico da essere tirannico, talmente testardo e megalomane da inseguire – e in molti casi realizzare – l’impossibile. Così, pur di non pagare una bolletta dell’acqua, finisce per scavare un tunnel sotto il mare (Zio Paperone e il tunnel sotto la Manica, disegni di Romano Scarpa, 1970). Così, per risparmiare 10 centesimi sulla luce, progetta un avveniristico impianto solare da milioni di dollari (Zio Paperone e il segreto della sirena, disegni di Luciano Gatto, 1972). Così, per nascondere le sue immense ricchezze, crea un deposito sulla Luna (Zio Paperone e le guerre planetarie, disegni di Giovan Battista Carpi, 1978)!

Ricordate il celebre adagio coniato dal tycoon Steve Jobs?

Stay hungry, stay foolish (Siate affamati, siate folli)

Per certi versi, il Paperone di Guido Martina l’anticipa di molti lustri.

Questa non è una Paperopoli per vecchi

Nelle storie di Martina, la strategia dell’eccesso permea anche le relazioni tra i personaggi. Tanto gli spunti e i contesti delle avventure sono variegati, quanto simili risultano i finali, in particolare il classico inseguimento tra un inferocito Paperone – armato di oggetti contundenti quali bastoni, clave, fucili a sale – e un impaurito Paperino, reo di aver danneggiato il successo dell’impresa.

Il conflitto esplicitato nelle vignette conclusive è presente nel corso di tutte le vicende, laddove Paperino viene di solito arruolato a forza nelle imprese dello Zione (ad esempio Paperino e la botte di Diogene, disegni di Massimo De Vita, 1972), oppure si allea con l’ingombrante parente per ragioni di mera convenienza. Spesso, anche nel pieno dell’azione, emergono divergenze profonde tra zio e nipote, ciascuno pronto a raggirare l’altro pur di trionfare (esemplare Paperino e il re del fiume d’oro, disegni di Giovan Battista Carpi, 1961). Altrettanto difficili sono i rapporti tra Paperino e Qui, Quo e Qua, oppure quelli tra i nipotini stessi e il ricchissimo proZio.

La natura  ostile di queste relazioni familiari ha una forte componente generazionale per Martina: ciascuna leva di paperi entra in conflitto con la precedente per competenze, linguaggio e sensibilità. Insomma, Il Professore più che a Carl Barks sembrerebbe guardare a Karl Marx, anticipando la brutale lettura politica dei rapporti di forza nella famiglia dei paperi, proposta negli anni Settanta dal critico letterario Ariel Dorfman e dal sociologo Armand Mattelart:

…la struttura dei rapporti fra i personaggi è molto più verticale e autoritaria di quella che si potrebbe trovare nella casa più tirannica della terra dei lettori, dove la convivenza, l’amore, la madre, i fratelli, la solidarietà rendono degno e piacevole il rapporto autoritario e il rispetto degli ordini […]. Per colmo, dato che è lo zio a esercitare questa facoltà, il potere diventa arbitrario.
(Come leggere Paperino, pp. 24-28)

In realtà, malgrado le paradossali consonanze del brano citato, Martina, più che un’ottusa ideologia capitalista, persegue una precisa drammaturgia popolare. Ce ne accorgiamo quando confrontiamo le storie del Professore Piemontese con quelle di Carl Barks.

La commedia dell’arte papera

Nella matrice originale di Carl Barks, le sequenze d’azione (viaggio/ricerca/lotta/etc.) occupano la gran parte delle vignette e scandiscono il ritmo dell’avventura. Al contrario nelle storie di Martina l’azione vera e propria si alterna ai battibecchi (!) tra i paperi, che possono proseguire per intere paginate e, spesso, sono all’origine di alcune tra le gag più divertenti della storia. Il gioco delle parti tra i personaggi rappresenta uno speciale carburante del motore narrativo degli episodi. Torniamo così al richiamo alla Commedia dell’arte di cui già accennavamo. Martina è un regista fumettistico inflessibile che obbliga Paperone, Paperino ma anche Gastone, Paperina & Co. a recitare la maschera assegnatagli da copione. L’avido, l’egoista, il pigro, l’arrogante, la petulante… Ciascuno è chiamato a fare la propria parte, senza possibilità di smussare gli angoli del carattere, anzi gli angoli che acuiscono i conflitti, che riscaldano i dialoghi, che demarcano le differenze, portano avanti il racconto.

Questa modalità di costruzione delle scene ha una sua indubbia funzionalità interna, per cui Martina ha potuto, di volta in volta, adattarla ai contesti e alle epoche più diverse, dando vita anche al fortunatissimo filone delle parodie. Anche all’interno di questo genere, il Professore fa sempre prevalere nei paperi le maschere assegnate dal fumetto rispetto ai caratteri dei personaggi letterari. Per capirci: non sono Paperino & Co. a recitare Shakespeare o Ariosto, semmai sono i grandi classici a diventare canovacci e scenografie del fumetto disneyano. Così, Paperone resta lo stesso spregiudicato, avido, arraffone di sempre sia che si trovi invischiato nella Paperiade, ne Il Milione di Marco Polo o in Paperino e il Vento del Sud (sul tema specifico cfr. Argiolas 2014 e D’Angelo 2013).

Il lato oscuro del Capitale

Se a volte qualcosa stride nelle storie del Professore, via via che ci allontaniamo dall’epoca in cui sono state ideate, è la loro appartenenza al canone seriale disneyano. In particolare, oltre al comportamento feroce dello Zione nei confronti di Paperino & Co, spiazzano certe rievocazioni del passato del personaggio in cui Paperone ammette come – pur di accumulare ricchezze e battere i rivali – si sia prestato anche a comportamenti  disdicevoli e attività illecite: fuorilegge (Paperino e il grande Barunz, disegni di Giorgio Bordini, 1957), contrabbandiere d’oppio (Il romanzo di un papero povero, disegni di Giovan Battista Carpi, 1967) o pirata (Zio Paperone e la regina di Saba, disegni di Giulio Chierchini, 1972)…

C’è una distanza evidente tra questo Paperone così spigoloso e il personaggio “più tondo” tratteggiato dagli altri cantori disneyani, coevi o prosecutori del Professore (Carlo Chendi, Rodolfo Cimino, Giorgio Pezzin, Giovan Battista Carpi, Romano Scarpa, etc.). Pur nelle differenze di accenti narrativi e psicologici, gli altri autori sono omogenei nel fornire una caratterizzazione bonaria e ironica del magnate paperopolese. Persino i vizi d’avarizia e avidità connaturati al personaggio vengono riassorbiti  in una generosità di fondo e in un senso degli affetti che nel Paperone martiniano, come abbiamo visto, manca. Difficile credere che Martina, scrittore colto e onnivoro, non tenesse conto di quello che facevano i colleghi e che non conoscesse l’evoluzione del personaggio nelle mani dello stesso Carl Barks (alle cui storie, peraltro, Martina ammicca in diverse occasioni). Semmai, si può pensare che il Professore – dall’alto della sua cattedra di decano della scuola Disney italiana – si sentisse in diritto di inseguire una propria poetica personale, pur nel rispetto e nell’amore per i personaggi. Il che, inequivocabilmente, sposta il focus del discorso dai caratteri e dai meccanismi del racconto ai valori veicolati dal racconto stesso.

Corsi e ricorsi paperonici

Per capire meglio la poetica disneyana di Guido Martina risulta particolarmente significativa una saga pubblicata nel 1970. Si tratta di uno dei cicli più celebrati del Professore piemontese che, a margine dell’epopea barksiana e prima della filologica operazione di Don Rosa, realizza la sua grandiosa Storia e gloria della dinastia dei Paperi, coadiuvato alle matite da altri due maestri del fumetto popolare, Romano Scarpa e Giovan Battista Carpi.

Dall’antico Egitto alla conquista della Luna, passando per la scoperta dell’America e la corsa all’oro nel mitico Klondike, la saga mette in scena un clan dei paperi e un Paperone per ogni stagione dell’umanità, in una sarabanda di avventure divertentissime, destinate a precipitare l’una sull’altra in un incalzante domino narrativo. Più che avi, i predecessori di Paperone sono altrettanti suoi “cloni”, egualmente ossessionati dalla necessità di celare al mondo le proprie sterminate ricchezze, di accrescerle in tutti i modi possibili (più o meno leciti…), di difenderle tanto da parenti inetti e sperperatori, quanto da lestofanti di ogni risma e lignaggio. La costruzione degli episodi per “corsi e ricorsi” funziona da versione umoristica delle teorie del filosofo Giovambattista Vico. Ogni volta, per scelta o per accidente, la dinastia dei Paperoni è obbligata dalla Storia a ricominciare da capo in un’altra epoca e in un altro paeseUniversalizzando la maschera del personaggio a ciclica persistenza cromosomica e storica, Martina, prima ancora che definire la genealogia della dinastia paperesca, ribadisce e rivendica il DNA autoctono del suo Paperone.

L’Uncle Scrooge audace veterano della corsa all’Oro, il “Self Made Duck” cantato da Barks, ci sono ancora sotto la palandrana e la tuba, ma convivono ora con un’anima diversa, “cresciuta” nell’Italia del dopoguerra, un paese con grandi speranze economiche e sociali nate dopo la miseria più nera. Non è un caso, che al centro di molte storie ci siano – seppure traslate in un contesto surreale e comico – questioni di sussistenza primaria come la ricerca del cibo, la conquista del denaro, la dignità del lavoro. Il Paperone di Guido Martina fa e disfa, si arrangia e si reinventa ogni volta. È pronipote di Plauto, cugino di Totò e coetaneo degli eroi tragicomici della grande commedia cinematografica all’italiana.

Spaghetti Disney: il valore del “made in Italy”

Andrea Tosti, oltre alle parentele culturali succitate, propone anche un’altra curiosa e suggestiva di metodo, tra Guido Martina e… Sergio Leone:

Considerando le debite differenze, si potrebbe dire che Martina anticipò nei fumetti quel processo di “alto involgarimento” che Sergio Leone compì nel cinema, rispetto a un genere a noi virtualmente estraneo come il western. Le storie di Martina raccontano un’Italia in evoluzione, un’Italia che si arrangia, un’Italia di furberie e brogli.
(Topolino e il fumetto Disney italiano, p. 37)

Si pensi ad esempio a una storia come Zio Paperone e i 5 milioni di… (disegni di Giorgio Cavazzano, 1977) che ruota attorno a contratti d’impiego e vertenze sindacali, con Paperino che arriva a citare in tribunale lo Zione per questioni di lavoro.

A pensarci bene è proprio questa aderenza alla realtà del tempo, questo rispecchiare in senso critico (e ironico) i cambiamenti della società italiana, che rende oggi inevitabilmente datate e perfino discutibili certe storie di Guido Martina. D’altro canto si potrebbe rovesciare la questione: sarebbe possibile immaginare il successo planetario – e unico al mondo – della nostra Scuola artistica Disney, senza la capacità di questo colto Professore, e di altri grandi autori, di “italianizzare” paperi e topi?

Il Paperone di Martina va riconosciuto come il vero campione dello “Spaghetti Disney”, ovvero quell’immaginario ibrido tra Stati Uniti e Italia che è una delle peculiarità – non l’unica certo ma una delle più importanti – del fumetto topo-paperesco del nostro Paese. Ben più dei fantabillioni di dollari stipati nel Deposito, questo straordinario patrimonio di linguaggio e cultura resta il vero tesoro custodito nelle storie di Zio Paperone, firmate da Guido Martina.

 

Bibliografia dell’articolo

Argiolas Pier Paolo, Cannas Andreas, Distefano Giovanni Vito, Guglielmi Marina, Le Grandi Parodie Disney – Ovvero I Classici fra le Nuvole, NPE, 2014

Baricco Alessandro, “Elogio di Paperone” introduzione a I classici del fumetto – Zio Paperone, Rizzoli, 2000

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Becattini Alberto, Luca Boschi, Leonardo Gori, Andrea Sani, I Disney italiani, NPE, 2012 (in particolare pp. 154-166)

Becattini Alberto, Luca Boschi, Leonardo Gori, Andrea Sani, Romano Scarpa, Sognando la Calidornia, Vittorio Pavesio, 2001 (in particolare pp. 24-29)

Bramini Andrea, D’Angelo Marco, “Pikappa chi sei?” in Lo Spazio Bianco, 11 ottobre 2012 – https://www.lospaziobianco.it/pikappa-chisei-1/ e https://www.lospaziobianco.it/pikappa-seconda-parte/

Boschi Luca, “Guido Martina Sconosciuto” in Cartoonist globale – 6/18 maggio 2011 – http://lucaboschi.nova100.ilsole24ore.com/2011/05/06/guido-martina-sconosciuto/http://lucaboschi.nova100.ilsole24ore.com/2011/05/18/guido-martina-sconosciuto-secondo-tempo/

Buzzati Dino, Prefazione a: Vita e dollari di Paperon de’ Paperoni, Mondadori, Milano, 1968 Codazzi Luigi (note storiche e critiche), I classici del fumetto – Zio Paperone, Rizzoli, 2000

Colombo Fausto, La cultura sottile, Bompiani, 1998

D’Angelo Marco, “Da Dante a Bram Topker: la via italiana alla parodia” in Lo Spazio Bianco, 14 maggio 2013 https://www.lospaziobianco.it/dante-bram-topker-italiana-parodia-parte-1/

D’Angelo Marco, “I Natali di Paperoni” in  sonofumetti – 16 dicembre 2016 – https://www.lospaziobianco.it/sonofumetti/paperone/

Dorfman Ariel, Mattelart Armand, Come leggere Paperino: Ideologia e politica nel mondo di Disney,  Feltrinelli, 1971

Filippelli Gianluigi, “Storia e Gloria della citta’ di Paperopoli” in Lo Spazio Bianco – 31 dicembre 2012 – https://www.lospaziobianco.it/storia-gloria-citta-paperopoli-parte-1-citta/ e https://www.lospaziobianco.it/storia-gloria-citta-paperopoli-parte-2-giovani-marmotte/ e https://www.lospaziobianco.it/storia-gloria-citta-paperopoli-parte-3-deposito-monete/

Marovelli Piero, Giulio Paolini e Elvio Saccomano, Introduzione a Paperino. La fenomenologia sociale nei fumetti di Carl Barks, Sansoni 1974

Tosti Andrea, Topolino e il fumetto Disney italiano, Tunué, 2011

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