Adocchio “Sciò!” sullo scaffale dei fumetti della Feltrinelli e lo compro subito, a scatola chiusa. Mi stuzzicano la presentazione, la copertina, il sottotitolo (“Giovani, bugie, identità”) e il disegno che scopro essere di Giulia Argnani.
Al termine della lettura del libro provo una curiosa sensazione di disorientamento, che mi spinge ad approfondire leggendo anche “L’amore secondo noi” (2005), che è praticamente la versione non a fumetti di “Sciò!” (quest’ultimo contiene una storia in più). Confronto i due libri e intervisto Delia Vaccarello, che mi toglie alcuni dubbi e mi risponde con passione e positività.
Il tema proposto su “Sciò!” è difficile e delicatissimo: la ricerca dell’identità sentimentale e sessuale in età adolescente, con tutte le difficoltà che ne derivano nei rapporti con sé stessi, gli amici, i genitori e le persone verso cui ci si sente attratti. Le storie contenute nel volume sono state selezionate dopo un lungo periodo di incontri avvenuti tra Delia Vaccarello e molti adolescenti che l’hanno contattata per tenere dei seminari nelle scuole o che le hanno scritto per raccontarsi. Da anni, l’autrice si impegna come giornalista e scrittrice per mettere in luce i problemi legati alle diverse sessualità, con un occhio sensibile alle discriminazioni: tematiche considerate, a torto, vietate ai minori. Con queste due pubblicazioni, la Vaccarello rompe senza reticenze questo tabù, sottolineando che è proprio nel periodo della pubertà e dell’adolescenza che ci si interroga e si vivono emozioni ed esperienze che porteranno a definire la propria identità.
“Sciò!” ci racconta otto storie rappresentative, ridisegnate a fumetti partendo dalla base narrativa sviluppata su “L’amore secondo noi”. Storie in cui i confini e le definizioni sono sfumate e deboli rispetto ai sentimenti e ai desideri da un lato, alle convenzioni, alle aspettative e agli obblighi dall’altro. Liberi di raccontarsi senza bugie e indulgenza, lontano da occhi “giudici”, gli adolescenti ci mettono davanti al loro mondo intimo. Ed ecco quindi la storia di Luigi, che fin da piccolo è consapevole di voler diventare una ragazza; quella di Michela, che ha le prime esperienze perché “deve” e non perché sia realmente interessata, finché non incontra Andrea. E poi l’amicizia importante tra una ragazza etero e il suo amico gay; o l’amore difficile di Marco per Marta, una ragazza bisessuale. La scoperta dell’omosessualità nella storia di Angela e Patrizia, Silvana e Altea e in quella di Giulio. Oppure l’incertezza e l’incapacità di definirsi in quella di Lucetta.
Dicevo che “Sciò!” mi ha procurato una sensazione di spiazzamento continuo. Lo scelgo per le emozioni “epidermiche” che ne ricavo a una prima occhiata e per l’introduzione che leggo sulla bandella:
“[…] Delia Vaccarello torna a narrare le esperienze degli adolescenti italiani e, grazie alla matita di Giulia Argnani, le trasforma in fumetti. Incontri di una sera, prime volte, viaggi, carezze, illusioni, innamoramenti, metamorfosi. […] Una raccolta di misteri rigorosamente vietati agli adulti e qui eccezionalmente svelati. […]”
La prima idea vaga che mi faccio di questo volume è che si tratti di una sorta di saggio sociologico a fumetti. Mi piace il fatto che prometta di non raccontare bugie, di raccontare le esperienze e le emozioni per quello che sono davvero. Leggo poi la premessa, scritta da Delia Vaccarello, e subito il target e il tema del libro mi diventano più chiari e focalizzati:
“Ciao ragazzi! […] Avete detto di essere “gente che si cerca”. Né bisex, né omo, né trans, né etero. […]“.
Capisco meglio che il target sono i giovani e che il tema centrale è la scoperta dell’amore e dell’identità sessuale in età adolescente. Questo primo impatto con il libro mi lascia disorientata, perché nella bandella non leggo nessun riferimento diretto al discorso sessualità che invece è così netto ed esplicito nella premessa.
Al termine della lettura, mi sono ritrovata a rielaborare una sensazione doppia: da una parte ho avuto l’impressione di leggere storie molto diverse tra loro. Dall’altra, stranamente, troppo simili. Trattando un tema come quello della ricerca della propria identità sessuale, è naturale imbattersi in storie piene di dubbi e sfumature: sono racconti di ragazzi che si cercano. Potrebbe sembrare questo il punto che le rende tutte uguali: il tema del libro. Ma sarebbe superficiale giudicare le storie troppo uguali perché in linea col tema centrale. Il fatto è che in una un ragazzo vuole cambiare sesso, in altre tre vengono raccontati i modi difficili in cui ci si scopre omosessuali; in tutte le altre l’elemento omosessualità è sempre presente.
Mi sembra che i giovani che si interrogano siano quelli che hanno dubbi sulla propria sessualità, di conseguenza è naturale che il tema omosessualità esca spesso, ed è giusto che venga affrontato senza pregiudizio. Ma “Sciò!” sembra scivolare in un pregiudizio a rovescio: che l’eterosessualità ha poco da scoprire (perché eterosessuali “si nasce”, non si deve dichiarare di esserlo, non porta contrasti ecc.); mentre l’omosessualità va scoperta e crea spesso dolore e difficoltà.
Leggendo ogni storia da vicino, arriva un messaggio importante, forte e chiaro. Se pero’ guardiamo il libro nel suo insieme, l’impressione è che parli molto bene ai giovani che già si interrogano e sono pieni di dubbi, ma che non riesca ad aprirsi a quelli che vivono nel pregiudizio e nella convenzione, oppure semplicemente in un mondo non attraversato dagli stessi dubbi.
In “Sciò!”, poi, leggo una tendenza a voler sottolineare che non c’é nulla di male nello scoprirsi omosessuali. E, quanto più si vuole far passare questo messaggio, tanto più si sacrificano altre storie, si toglie spazio all’esplorazione di altri modi di scoprire la propria sessualità (qualunque essa sia), modi che avrebbero ragione di essere raccontati in un libro come questo.
Questo strano tipo di chiusura che percepisco mi sembra rispecchiare il modo in cui a volte si pone la cultura omosessuale italiana. Così abituata a fare i conti con istituzioni sorde e razziste, attacca o si difende per avere rispetto e conquistare diritti negati con il risultato, spesso, di volersi percepire diversa e speciale anche su temi in cui sarebbe auspicabile essere più oggettivi e meno di parte.
Questo nodo cruciale del libro è stato affrontato nell’intervista con Delia Vaccarello. Giustamente l’autrice mi risponde che l’orientamento può definirsi solo con la maturità affettiva. Ma nel libro, nella maggioranza dei casi, i personaggi sono davvero monoliticamente definiti, anche se ancora adolescenti (in “Siamo soli ma in due“, in “Lasciateci in pace, abbiamo l’amore” e in “Senza di te io chi sono“). In generale, solo i personaggi gay fanno un percorso di ricerca interiore, mentre quelli etero non si cercano ma si limitano a scoprire le diversità e ad accettarle. Forse è per queste sfumature che “Sciò!”, che non dovrebbe essere un fumetto gay, alla fine si fa percepire come tale.
Credo che siano questi i motivi che spingono Valeriano Elfodiluce, su Scuola del Fumetto di gennaio 2008, a relegare “Sciò!” nella nicchia dei pochi fumetti gay pubblicati in Italia. Lo stesso Elfodiluce, sul portale gay.it (Leggi la recensione di Valeriano Elfodiluce su gay.it), nota la mancanza di relazioni gay maschili (non si vede mai un bacio tra due ragazzi) e dà una valenza piuttosto maliziosa ai personaggi omosessuali di ogni storia, siano essi primari o secondari.
In “Sciò!”, ogni racconto viene introdotto da una spiegazione, una sorta di istruzione per l’uso emotivo in cui è l’alter ego di Delia Vaccarello a parlare, usando il gergo adottato con i ragazzi, giovanile e ricco di metafore. Per rendere questi intermezzi ancora più confidenziali e disincantati, la Vaccarello si fa riconoscere dai suoi lettori come Mukkelia, soprannome che le è stato affibbiato durante i faccia a faccia nelle scuole. Proprio il linguaggio adottato nella comunicazione tra l’autrice e il lettore costituisce un altro importante spunto di riflessione: la Vaccarello scrive ai giovani, proseguendo un discorso iniziato con loro; i ragazzi che hanno partecipato agli incontri sanno benissimo di cosa si è parlato e quando. La scelta di usare un tono così informale è voluta e di certo rispecchia la filosofia del libro espressa nel titolo (“Sciò!” significa che gli adulti devono stare alla larga, perché contiene segreti confessati tra adolescenti).
Eppure non riesco a convincermi che sia stata presa la decisione migliore. Nelle introduzioni alle storie, leggo frasi molto poetiche per definire emozioni spesso ineffabili: “La casa dell’amore è segreta“, “Il cielo per Angela diventa un enorme ombrello nero“, “L’amore è un saluto speciale. è come saltare sul treno del futuro. In stazione resta l’infanzia“. Questo tipo di immagini mi ricordano quelle frasi che si scrivevano durante la pubertà in quei quaderni con il lucchetto. Andrebbero benissimo se si trattasse di un romanzo in cui una giovane protagonista confida i segreti al suo diario.
Ma “Sciò!”, più che un romanzo, è un saggio, una raccolta di testimonianze importanti su un tema attuale e difficile. Io non credo che, se la Vaccarello avesse adottato un tono un po’ meno giovanilistico, il suo target principale avrebbe apprezzato di meno il libro: sono certa che si sarebbe ugualmente riconosciuto nelle storie e avrebbe lo stesso capito il messaggio. Cambiando il tono della comunicazione, “Sciò!” avrebbe centrato l’obiettivo importante di essere più accessibile anche ad un pubblico “maturo”. Il modo in cui i ragazzi si sono raccontati meriterebbe di essere capito e comunicato anche a chi non ha partecipato agli incontri nelle scuole, a quegli adulti che si dimenticano com’erano quando avevano 15/16 anni, a quei genitori che vedono nei figli i cloni di sé stessi: perché in “Sciò!” si parla di storie vere, di una generazione che ha un modo nuovo di vedere le cose e che, spesso, questo modo non l’ha imparato dai genitori, ma cercando un confronto fuori, all’esterno.
L’intervento a fumetti ha richiesto un lavoro di riscrittura della storie raccontate in “L’amore secondo noi“. In quest’ultimo, i ragazzi raccontano in prima persona il loro percorso individuale e sessuale. In “Sciò!” la Argnani riscrive le storie mettendole sotto una luce diversa, portando a galla l’aspetto più emotivo di ogni esperienza, sottolineando l’importanza di uno sguardo, di una carezza o di un silenzio.
Sotto il profilo stilistico, gli sfondi del fumetto sono spesso indefiniti: quando i protagonisti sono a casa in camera loro, l’autrice disegna gli interni, altrimenti i ragazzi si muovono in ambienti sospesi su sfondi neutri, in cui emergono i volti e i corpi. In altri lavori (soprattutto su “Strane convivenze“, letta su “Brand New” n 2, 3 e 4, edizioni Free Books), Giulia Argnani si dimostra abile nel tratteggiare i luoghi sia esterni che interni. L’università, la strada, l’atmosfera studentesca della casa in cui si compiono le vicende narrate sono descritte con precisione e dovizia di particolari. Tutto questo aggiunge tridimensionalità a “Strane convivenze”: sembra di poter entrare nello spazio del racconto e viverlo in profondità, dall’interno. Su “Sciò!”, invece, la mancanza di una caratterizzazione dei luoghi fa sì che i personaggi si muovano in ambienti quasi bidimensionali, definiti da sfondi bianchi e neri. Troppo spesso la Argnani indugia sui primi piani dei visi, col risultato di avere storie graficamente sempre troppo simili tra loro, in un generale appiattimento sia dal punto di vista del ritmo che da quello delle emozioni che ognuna dovrebbe trasmettere.
Dal punto di vista strettamente legato al fumetto, quindi, “Sciò!” prova a sfruttare questo tipo di linguaggio, che è di certo molto amato e familiare al target del libro, ma non convince fino in fondo perché, più si lo legge, più si ha la sensazione che avrebbe richiesto molto più tempo per essere disegnato a un livello che la Argnani saprebbe certamente raggiungere.
In definitiva, “Sciò” ha il sapore di un’occasione persa. Da un lato, il tema toccato e le risposte avute durante gli incontri con i ragazzi, favorito dall’entusiasmo e la passione di Delia Vaccarello, hanno dimostrato che una parte delle nuove generazioni sta cambiando. Cambiando nel modo di ragionare, di usare le parole per definire sé stessi e gli altri, nel modo di dimostrare rispetto e comprensione nei confronti del “diverso da sé”. L’autrice ha a disposizione molto materiale autentico per dimostrare che qualcosa si sta muovendo, eppure in questo volume sembra concentrarsi troppo su alcune problematiche, escludendone altre. é come se mancassero alcuni capitoli. Non tutti i lettori trovano una storia che gli assomigli, quindi “Sciò!” diventa un fumetto in gran parte rivolto a un pubblico già sensibile alle tematiche gay, rischiando così di perdere la fetta di lettori più interessante da conquistare: quella che non si riconosce nei dubbi sollevati dal libro ma anche quella più chiusa e ostile verso il tema trattato.