La stella misteriosa dallo spazio
Un calore senza precedenti surriscalda l’aria notturna e fonde l’asfalto delle strade di Bruxelles dove Tintin e Milou passeggiano guardando le stelle. All’osservatorio astronomico, il Professor Calys e il suo assistente stanno indagando sulla causa di quel fenomeno, un meteorite incandescente in rotta di collisione con la Terra e, come conseguenza dell’imminente impatto, prevedono la fine del mondo.
Scampato il pericolo, un nuovo annuncio dello scienziato: il corpo celeste contiene un metallo sconosciuto; quando si scopre che un suo frammento è caduto nell’oceano artico, si scatena una vera e propria caccia al meteorite. Da una parte, il professore, affiancato da Tintin, Haddock e un gruppo di scienziati europei; dall’altra una spedizione finanziata da Bohlwinkel, miliardario del fantasioso paese di São Rico1.
Su questo canovaccio Hergé applica la formula ormai rodata: costruisce un intreccio lineare a ritmo elevatissimo, con Tintin che risolve i problemi che si pongono via via sulla sua strada e Milou ancora protagonista delle (numerose) scenette di alleggerimento comico. La risoluzione della “corsa al’isola” fra le due navi Aurora e Peary si svolge secondo una sequenza di inganni da parte dei “cattivi”, ma si risolve senza particolari emozioni. Hergè infatti dedica la parte finale del racconto a una vera e propria sotto-avventura che vede Tintin e Milou esplorare la superficie del meteorite e affrontare prima gli effetti del misterioso minerale, rivelato a suo tempo dal Professor Calys e successivamente una serie di scosse telluriche che causano l’inabissamento dello stesso.
Da segnalare anche che Hergé sfrutta la sensibilità del lettore ai meccanismi usati finora nei suoi racconti per creare dei diversivi; nelle avventure precedenti, infatti, non comparivano scene o vignette fini a se stesse e le stesse caratterizzazioni fisiognomiche erano indicazione del profilo del personaggio.
Ne La stella misteriosa abbiamo almeno tre casi evidenti nei quali Hergé suscita sospetti verso dei personaggi: la scortesia plateale del custode dell’osservatorio, la laconicità sgarbata del marinaio che accoglie Tintin e Milou sull’Aurora e anche il grido del folle Filippulus che accusa Calys di essere un impostore inducono aspettative nell’appassionato di Tintin, che non può evitare di pensare che forse i primi due sono complici degli avversari di Tintin e che magari, ricordando gli eventi de Lo scettro di Ottokar, il professor Calys non sia veramente chi sostiene di essere.
La stella misteriosa conferma innanzitutto il ruolo di Haddock, non personaggio usa e getta ma presenza fissa a fianco di Tintin. Da notare che il suo rapporto con l’alcool è fortemente sdrammatizzato rispetto al suo debutto e che Tintin è addirittura in grado di manipolare il capitano, facendolo bere nei momenti critici con risultati non solo positivi per lo svolgimento dell’azione, ma anche divertenti.
Detto altrimenti, Haddock ha perso le ombre più inquietanti della sua personalità e il suo potenziale destabilizzante rispetto alla pedagogia ordinaria è convertito in intrattenimento. Ma le ricorrenze sulle quali vorremmo attrarre l’attenzione sono altre due: la figura dello scienziato pittoresco (qui il Professor Calys) e la follia, rappresentata dal Professor Filippulus, che gira per le strade come profeta degli ultimi giorni. Il ritorno di queste figure ne la stella misteriosa ci autorizza a considerarle ingredienti della ricetta tipica delle avventure di Tintin.
Scienziati strambi…
Hergé ha usato spesso finora figure di ricercatori strambi per dare ai contesti delle avventure una sfumatura “scientifica” sdrammatizzata da una caratterizzazione esplicitamente caricaturale. Tenendosi ben lontano da una stretta verosimiglianza, l’autore belga utilizza questi personaggi per giustificare o spiegare gli snodi dell’intreccio: Tintin non rientra certo nel genere fantascienza, nemmeno nella sua declinazione verniana.
La scienza messa in scena da Hergé è fondamentalmente un pretesto per l’avventura, qualcosa di molto simile a quella che decenni più tardi vedremo in azione in molte vicende disneyane di paperi – penso innanzitutto a tanta produzione di Rodolfo Cimino. Per di più un pretesto sdrammatizzante, nella misura in cui i suoi corifei sono personaggi comici, dal buffo aspetto e protagonisti di molte gag di alleggerimento.
Al di là della caratterizzazione fisica e somatica, queste figure sono praticamente indistinguibili l’uno dall’altro e di fatto si esauriscono nella loro funzione narrativa: soddisfano un bisogno dell’intreccio, ma non hanno profondità: sono, in un certo senso, dei “biglietti per l’avventura”. La loro ricorrenza segnala tuttavia anche un chiaro gusto di Hergé e la sua attrazione verso queste figure si concretizzerà già nella successiva avventura nella creazione di un altro personaggio che andrà ad arricchire la costellazione familiare di Tintin: il Professor Girasole.
… e sonni della ragione
Se la scienza in Tintin è un pretesto e gli scienziati figure fondamentalmente comiche e strettamente funzionali, la ricorrenza della follia segnala invece un lato oscuro delle avventure di Tintin che Hergé non sembra preoccuparsi di neutralizzare. Come nelle sue avventure orientali non tutti i contaminati dalla pozione della follia si erano salvati, così ne La stella misteriosa il professor Filippulus viene portato in manicomio avvolto nella camicia di forza e non abbiamo notizia alcuna su una sua eventuale guarigione.
La perdita della ragione è quindi una crepa profonda tutt’altro che risolta nella superficie liscia delle avventure di Tintin e per questo la sua presenza resta disturbante. Lo stesso Tintin ha avuto momenti di obnubilamento della ragione: seppur accidentali, segnalano che la follia incombe anche sul virtuoso protagonista. In questa prospettiva, è spontaneo considerare Haddock e Tintin come figure speculari, essendo il capitano audace ed efficace nell’ebbrezza alcolica tanto quanto il giovane reporter lo è nella sobrietà.
La suggestione così proiettata è che Haddock e Tintin portino sulla scena due modi simmetrici di vivere una duplice identità, che siano cioè non tanto scomposizione di una personalità composita ma personalità composite che, nella ricerca di un equilibrio di vita, abbiano sacrificato un aspetto della personalità che l’alcool riporta alla superficie. Parliamo e ribadiamo trattarsi di una suggestione perché Hergé declina questo spunto in toni comici.
Al solito, ricca di materiali e curiosità – in questo caso, da segnalare la sezione finale Annunci e inediti in albo – la prefazione curata da Jean-Marie Embs e Philippe Mellot con la collaborazione di Philippe Goddin, che si conferma il valore aggiunto di questa edizione.
Abbiamo parlato di:
La stella misteriosa
Hergé
Traduzione di Giovanni Zucca
In allegato a La Gazzetta dello Sport, Corriere della Sera, Marzio 2017
29+62 pagine, cartonato, colori – 7,99 €
ISBN: 977203975726270009
Nella versione originale del 1941, il finanziatore era statunitense e portava il nome platealmente ebreo di Blumenstein. Nel dopoguerra, per allontanare le accuse di antisemitismo, Hergé lo cambiò in Bohlwinkel, prendendolo dall’insegna di un negozio di Bruxelles. Ironia vuole che anche questo cognome, nonostante l’apparenza, appartenesse a una famiglia di origini ebraiche. Cfr. Michael Farr: Tintin the complete companion, John Murray Publishers, 2001, pag. 100. ↩