Nicozrama è il titolo originale delle storie francesi di Nicoz e suona come un felice neologismo per dire “guardate con i miei occhi”. Aprire questo volumetto ed entrare nelle sue storie è come indossare un paio d’occhiali di qualcun altro: fa male alla vista, eppure affascina. Sembra, per un attimo, di vivere la splendida sequenza del film Essere John Malcovich, in cui il protagonista entra inaspettatamente e surrealmente nella pelle del celebre attore, senza che lui se ne accorga.
Classe 1979, Nicoletta Zanchi, in arte Nicoz, si è fatta conoscere in giro grazie ad una serie di autoproduzioni e collaborazioni, dalla fanzine Catholic Girl a Caccapiscia e Nicoz’s Gjrlz, dalle collaborazioni con Rockstar alla collettiva Futuro anteriore A1 (Napoli 2003). Il Centro Fumetto Andrea Pazienza gli ha dedicato ora il numero 5 di Schizzo presenta e ha scelto Maurizio Ribichini, anch’egli pubblicato in questi giorni sul numero 3 della stessa collana, e Edo Chieregato, dell’Associazione Hamelin, per l’introduzione e la postfazione. Ribichini ha messo in luce la meravigliata sincerità delle cronache quotidiane di quest’autrice e prepara a quello che potrebbe sembrare un fumetto per bambini, ma che in realtà non lo è (o lo è ad un livello più profondo). Chieregato ha sottolineato la visionarietà, l’estetica e la poetica di Nicoz, suggerendo un’interessante chiave di lettura, paragonando il suo fumetto alle foto di Diane Arbus più che a quelle di Helmut Newton. Come le foto della Arbus il fumetto di Nicoz ha qualcosa, neanche tanto celato, che sfugge e inquieta. Per chi non conoscesse Diane Arbus, consiglio vivamente la lettura del saggio Sulla fotografia di Susan Sontag, importantissima esponente della critica e dell’arte americana, recentemente mancata: in questo libro, la Sontag descrive perfettamente il mondo deformato visto dall’obiettivo di questa fotografa e ne spiega l’importanza artistica (la Arbus ha espresso la sua arte negli anni del boom economico americano).
Nicoz si diverte a disegnarsi e a disegnare la quotidianità delle sue cose, le piace farlo senza usare uno schema preciso. Costruisce la struttura della pagina di getto, con un segno sinuoso, figure distorte e un lettering calligrafico che, spesso, ricorda quello usato dalle maestre o dai bambini nelle scuole elementari. Soprattutto quest’ultimo elemento contribuisce a rendere il suo fumetto una sorta di diario personale, simile a quello che potrebbe produrre una bambina.
Ma c’é un’energia strana, forte e particolare, in queste pagine inedite di Nicozrama. Strana come certi pezzi stonati dei Violent Femmes o dei Pixies. Ci sono sorrisi tirati, quasi forzatamente infantili, sguardi sbarrati, posture sbagliate. Ci sono mutandine con i cuoricini, magliette da adolescente e cellulite da adulta. E poi c’é questo lettering che si infila tra gli oggetti e le persone, a volte al limite della leggibilità. Senza esserne troppo sicuri, sembra di poter dire che è come se le figurine di Nicoz fossero strette in una morsa paranoica tra mondo adulto e infantile.
Nicoz si disegna come una bimba, ma è una bimba che fuma, beve e, dopo 3 sigarette e 3 birre, le scoppia la testa. Nicoz va a far spesa all’Ikea, torna a casa e trova il suo divano che le sorride, ma sappiamo che non è la casa ovattata e ideale dei genitori, bensì quella in cui sta iniziando la convivenza col fidanzato, un’esperienza estremamente importante e “da adulti”. Si fa i tatuaggi, si allena sulle amiche e si produce un taglio allucinante con una madonnina rotta (perché tenerla in casa, quest’arma santissima?). Ci sono momenti del diario di Nicoz che fanno davvero tenerezza, per come si disegna, per come sembra guardare le cose. Ma poi c’é il modo in cui si guarda quell’enorme e benedetto taglio, con gli occhi fissi e morbosi, sorpresi e affascinati: è lo sguardo di un adulto impazzito, in un corpo sfregiato di bambina; o meglio, è lo sguardo che hanno i bambini quando fanno certi giochi sadici (alzi la mano chi, da piccolo, non ha mai tagliato la coda di una lucertola?) e ne studiano morbosamente i risultati e le conseguenze. Con questi occhi fissi, sembra quasi che faccia apposta quando si fa male. Anche se una prima e più semplice analisi suggerisce che, in genere, chi ama i tatuaggi ama anche le cicatrici, Nicoz ci appare come una bambina che non vuole diventare adulta e che si ferisce per attirare l’attenzione o per vedere “che effetto fa”.
Su Schizzo presenta possiamo leggere anche Altre storie e Ogni giorno, co-sceneggiata insieme a Maurizio Ribichini. Le Altre storie sono strisce dal titolo Bambini, brevissime e autoconclusive, in cui c’é soltanto una bambina che parla con una voce fuori campo (presumibilmente un adulto, raffigurato nella sua assenza) e che potremmo descrivere come rappresentazioni dei desideri di una bambina a confronto con il mondo critico e persuasivo dei “grandi”.
Pubblicata su Schizzo in una inedita versione a colori, Ogni giorno è ambientata in uno strampalato mondo futuristico e disordinato, in cui una giovane coppia va in un locale a prendersi la droga, torna a casa, si sballa e fa l’amore. Il risveglio è brusco, interrotto dalla parola “fine”. Viene il dubbio che il mondo di questi due, fatto di navicelle, alieni e locali semisospesi nel vuoto non sia altro che la proiezione di una visione sballata dei due tossici, giovani e dolci protagonisti.
Nicoz si mostra, si mette a nudo con una forza e, si direbbe, un’ingenuità sconcertanti. Non c’é astrazione o ricerca del bello, semmai espressionismo ed emozione pura, tensione e ritrazione tra i tanti mondi in cui resta sospesa, un attimo, prima di spezzarsi. Il suo fumetto è totalmente sincero e intimo da poter essere definito psicologico. Le brevi strisce Bambini aiutano a capire più profondamente il lavoro di questa giovane autrice. Nicoz ha un innato talento nel raccontare i suoi mondi e i rapporti bambino/adulto, e ci lascia sospesi nel dubbio se il suo fumetto sia un’espressione creativa spontanea o il frutto di una serie di scelte concettuali, contenutistiche e stilistiche molto meditate. Ad una prima lettura il fumetto di Nicoz può sembrare un diario quasi infantile, un’operazione del tutto gratuita ed estemporanea; ma è con una lettura più profonda, analizzando il segno e il lettering, al di là delle semplicissime storie che racconta, che possiamo trovare nuove chiavi d’interpretazione. Nicozrama è come un sogno: lo si può raccontare o lo si può interpretare. Nel primo caso lascia una sensazione epidermica e scivola via; nel secondo, colpisce ad un livello molto più profondo e sedimenta, come un sogno, nel subconscio.