Nuovo sangue: Matteo Casali, Michele Monteleone e Dylan Dog

Nuovo sangue: Matteo Casali, Michele Monteleone e Dylan Dog

Abbiamo conversato con Matteo Casali e Michele Monteleone su cosa significhi entrare nel team di sceneggiatori dell’Indagatore dell'incubo.

All’interno dello Speciale dedicato al trentennale di Dylan Dog, abbiamo intervistato alcuni degli sceneggiatori che hanno esordito negli ultimi anni sulle testate dedicate all’Indagatore dell’incubo. Iniziamo con Matteo Casali e Michele Monteleone.

Matteo Casali

casaliMatteo Casali esordisce con l’autoproduzione, fondando insieme a Giuseppe “Cammo” Camuncoli e altri autori l’etichetta Innocent Victim alla fine degli anni ’90, per cui sceneggia Bonerest. Ha ideato e scritto Quebrada, Silent dance e Sotto un cielo cattivo e collaborato, tra gli altri, con Coconino Press, Eura Editoriale, SaldaPress e RCS Rizzoli. Sempre con Camuncoli ha ripreso Gli Scorpioni del Deserto del maestro Hugo Pratt e adattato il romanzo di Luciano Ligabue La Neve se ne frega. Nel 2003 è il primo sceneggiatore italiano a sbarcare negli States in pianta stabile, realizzando opere come 99 Days per l’etichetta Vertigo Crime (vincitrice dello Spinetingler Award 2012 come Best Crime Comic), albi per Dc Comics (Catwoman, Justice League Unlimited e il recente Batman: Europa) e Marvel Comics (What If? Astonishing X-Men e Iron Man: Titanium). È uno dei fautori dell’etichetta Radium (ex Atomico), per la quale è si occupato dei testi di Zeroi insieme a Tuono Pettinato e del ritorno di Quebrada in Seconda caduta. È docente di Sceneggiatura e Storytelling presso l’Accademia di Belle Arti di Bologna e la Scuola Internazionale di Comics di Reggio Emilia (della quale è co-fondatore e Direttore creativo) e quella di Firenze.  Nel 2012 ha vinto il Premio Carlo Boscarato come Miglior Sceneggiatore.

In questa intervista approfondiamo il suo esordio sulla serie regolare dell’Indagatore dell’incubo, avvenuto lo scorso luglio con Sul fondo, albo disegnato da Marco Nizzoli.

dylan_dog_359_coverDylan Dog è stato un fenomeno artistico, editoriale e sociale. Nel suo periodo di maggiore successo è stato protagonista di pubblicità, merchandising, ha generato bizzarri epigoni, è stato ospite di riviste a larga diffusione. Sembrava che tutti leggessero Dylan Dog. Come ci si approccia a un personaggio e a un fenomeno del genere senza esserne schiacciati? Fa paura esordire su Dylan Dog?
Be’, sai, il fatto è che Dylan Dog, a un certo punto, lo leggevano davvero tutti. Era un incredibile fenomeno di costume che, credo per la prima volta in assoluto in Italia, fosse originato da un fumetto. La creatura di Tiziano Sclavi aveva saputo toccare le corde giuste di un’intera generazione di lettori (quella che i media chiamavo all’epoca la “Generazione X”) e interpretarne le ansie e la voglia di riscatto.
Dylan Dog era il “fumetto preferito” di gente che leggeva poco —o niente— d’altro e credo abbia avvicinato al nostro medium preferito almeno un paio di generazioni di lettori tutti nuovi. Basta vedere quanto venda ancora oggi, dopo che la “moda” è passata e resta un personaggio amato, conosciutissimo e apprezzato.
Io sono stato un lettore della prima ora e, da appassionato lettore di Zagor e Martin Mystère, restai folgorato dalla novità che Dylan rappresentava per quella che sarebbe poi diventata la Sergio Bonelli Editore. Le storie uniche, autoconclusive e sempre diverse che la serie offriva la rendevano fresca e diversa. perfetta per essere consigliata e passata ad amici che avevano trovato le lunghe storie di Tex e gli altri un “impegno” che rendeva difficile la fruizione.
E sta un po’ qui anche la risposta alla tua domanda.
Mi sono avvicinato al personaggio con attenzione, cercando di capirlo al meglio attraverso la prima storia che ho scritto (Spore, sul Dylan Dog Color Fest #15). A ripensarci, ci sono cose che oggi farei diversamente, ma avevo evidentemente bisogno di affrontare il personaggio a muso duro per capirlo e riuscire a dare il meglio nella storia per la serie regolare. Sul fondo è riuscita sicuramente meglio, ma credo di avere ancora ampi margini di miglioramento e di comprensione del personaggio. Spero e conto che la mia —abbastanza lunga— esperienza nel trattare personaggi diversissimi per storia, origine e caratteristiche (dal Koïnsky di Hugo Pratt ne Gli Scorpioni del Deserto a Batman, per fare qualche esempio) venga in mio soccorso e mi aiuti a dare il meglio ad ogni nuova storia.

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A lungo si è pensato a un Dylan Dog indissolubilmente legato a Sclavi. Per te è ancora così nelle “fondamenta” del personaggio? Come ci si muove nell’equilibrio tra ciò che Dylan Dog è nella interpretazione di suo “padre” e quello che di personale un autore cerca sempre di mettere nelle sue opere?
Ci sono storie imprescindibili, per me, legate a quel periodo. Una su tutte, per quanto sia poco originale come scelta, visto quanto è amata, è quel Memorie dall’Invisibile che Sclavi scrisse per le matite di Giampiero Casertano. Mi piace pensare che quelle storie, se venissero pubblicate per la prima volta oggi, saprebbero parlare ai lettori allo stesso modo, ma sarebbero necessariamente un po’ diverse. Perché Sclavi era un autore incredibilmente in sintonia con il tempo in cui scriveva e nei suoi testi c’era tutto quello che Dylan avrebbe continuato a essere e rappresentare quando si avviò, senza più la guida diretta del suo creatore, verso la fine dello scorso millennio. Adesso aspetto con trepidazione e tanta curiosità la nuova storia di Sclavi (che sarà disegnata proprio da Casertano) come un “nuovo classico” che riprenda e ravvivi il feeling degli inizi.
Allo stesso tempo, però, la serie è sotto la supervisione attenta e appassionata di Roberto Recchioni, che ha la chiara intenzione di portare il personaggio ad un nuovo punto della sua vita editoriale, che sia allo stesso tempo rispettoso del suo passato —Roberto ha sempre citato Sclavi tra le sue massime influenze e passioni— e lanciato verso un futuro che integri, gradualmente ma in modo deciso, tutte quelle novità che l’editoria contemporanea e degli ultimi anni ha mostrato di saper offrire e che sulla serie di Dylan Dog tardavano a trovare un posto deciso.
Credo che la sintesi di tutto questo potrà essere il suo Mater Dolorosa, che Gigi Cavenago ha illustrato in maniera davvero unica.
Con una sola storia al mio attivo, non ho la pretesa di mettere alcuna “impronta” sul personaggio, ma in Sul fondo c’è comunque tanto di me e credo che questa sia una condizione necessaria e assoluta per poter scrivere Dylan. Se l’autore svanisce dietro al mestiere, la storia sarà letta e riposta sulla scaffale in attesa di quella del mese prossimo. Se qualcuno si inquieta, si arrabbia, si spaventa o si inorridisce, be’, significa che l’autore si è messo in gioco e ha tentato di raccontare qualcosa di intenso.
E ci è riuscito.

dylan-dog-color-festRendere l’orrore è difficile. La paura, l’irrazionale. Ci sono tante sfumature del genere in Dylan, commistioni. Lo stesso genere è cambiato molto dagli anni ’90 a oggi. Cosa significa scrivere un fumetto horror oggi? Come evolve Dylan Dog in questo?
Forse ho un po’ già risposto a questa domanda, ma credo che la vera forza dell’orrore sia quella di fare da specchio per il nostro tempo, la vita che viviamo. Non è che nel “mondo reale” manchino orrori o alienazioni e cose spaventose di ogni tipo, mi pare. L’ispirazione è ovunque, ma bisogna essere attenti e aperti per poterla notare, elaborare e interpretare sulla pagina.
Un fumetto tecnicamente horror che ho amato e letto da sempre è stato quel Hellblazer scritto da gente come Jamie Delano, Garth Ennis e Grant Morrison, tra gli altri. Un fumetto che parla di uno stregone working class nell’Inghilterra (post) Tatcher, dove l’orrore assume forme diversissime e non necessariamente tentacolari o splatter-gore.
Un film come The Others mi spaventa ancora oggi, anche se l’ho visto diverse volte, perché parla di condizioni umane e sovrannaturali che rispecchiano cose con le quali tutti i giorni ci troviamo a fare i conti: la convivenza con chi è “diverso” da noi, la paura di ciò che si è fatto e la negazione dell’orrore compiuto.
E per quanto riguarda l’evoluzione di Dylan Dog, diciCredo sia appena iniziata una nuova stagione che ci porterà ad affrontare una nuova genia di orrore, con un occhio alla tradizione e uno rivolto al futuro.
Che spesso riserva orrori che pensavamo di esserci lasciati alle spalle.

Michele Monteleone

monteleoneMichele Monteleone, classe 1987, romano, membro fondatore dell’etichetta indipendente Villain Comics. Ha sceneggiato il numero 17 di John Doe e, sempre per l’Editoriale Aurea, ha firmato il numero 9 di Long Wei. Autore del primo numero di Battaglia per la Cosmo Editore, coautore, insieme a Nicolò Zuliani, di Nick Banana per Star Comics, con cui collabora anche nella collana dedicata ai maestri dell’orrore scrivendo l’adattamento di Dracula, disegnato da Fabrizio Des Dorides. Attualmente lavora per la Sergio Bonelli Editore su Dylan Dog e Orfani.

Dylan Dog è stato un fenomeno artistico, editoriale e sociale. Nel suo periodo di maggiore successo è stato protagonista di pubblicità, merchandising, ha generato bizzarri epigoni, è stato ospite di riviste a larga diffusione. Sembrava che tutti leggessero Dylan Dog. Come ci si approccia a un personaggio e a un fenomeno del genere senza esserne schiacciati? Fa paura esordire su Dylan Dog?
La risposta potrebbe essere semplicemente sì, sì mi fa una paura boia, ma la risposta è un po’ più complessa. Uno dei problemi maggiori che ho avuto ad approcciarmi alla scrittura di Dylan è che, oltre ad essere un personaggio potente e famosissimo, è molto legato alla figura e alla sensibilità del suo creatore. È uno strano caso di fumetto autoriale diventato popolare. Poste queste premesse, potete capire che la tremarella ti viene quando ti approvano un soggetto, perché non solo devi essere rispettoso del personaggio, ma devi anche riuscire a infondergli un po’ di te, in maniera che quella cifra autoriale originale rimanga intatta.

dylan-dog-color-fest-coverA lungo si è pensato a un Dylan Dog indissolubilmente legato a Sclavi. Per te è ancora così nelle “fondamenta” del personaggio? Come ci si muove nell’equilibrio tra ciò che Dylan Dog è nella interpretazione di suo “padre” e quello che di personale un autore cerca sempre di mettere nelle sue opere?
Così imparo a non leggere tutte le domande prima di dare le risposte…
Dylan Dog sarà sempre di Sclavi e non lo è stato più nel momento in cui è uscito il primo numero, un personaggio non ti appartiene più dal momento in cui arrivano le tavole al disegnatore, e poi quelle stesse vengono passate al letterista e al grafico e al tipografo. Ci sono troppe mediazioni per dire che un personaggio che scriviamo ci appartiene. Senza contare poi che il lettore filtrerà ulteriormente le informazioni che gli arrivano dalla lettura e queste si modificheranno nel ricordo. Quindi sì, è vero che bisogna fare i conti con “il Dylan di Sclavi”, ma è anche impossibile definirlo con precisione questo fantomatico Dylan di Sclavi. Quello che non bisognerebbe fare invece, a mio avviso, è cercare di ricalcarlo. È un po’ come quando, da bambino, attacchi un foglio alla finestra e cerchi di ricalcare il paesaggio… l’unica cosa che ne viene fuori è una copia stortignaccola e confusa.

Rendere l’orrore è difficile. La paura, l’irrazionale. Ci sono tante sfumature del genere in Dylan, commistioni. Lo stesso genere è cambiato molto dagli anni Novanta a oggi. Cosa significa scrivere un fumetto horror oggi? Come evolve Dylan Dog in questo?
Come dici giustamente, l’horror vive di infinite commistioni e declinazioni. Definire l’horror puro sarebbe come mettersi alla ricerca di una vacca rossa, che non abbia neanche un pelo di un altro colore. Sono entrambi un mito e, la forza di Dylan, è sempre stata non andare a inseguire la purezza dell’horror, ma sporcarsi il più possibile. Questo suo essere un fumetto horror bastardo gli ha incredibilmente allungato la vita, impedendogli di invecchiare insieme a un certo tipo di horror. Quindi, per rispondere finalmente alla tua domanda, non è difficile scrivere oggi un fumetto horror, perché l’horror esiste e lotta con noi, ha solo una forma molto diversa dalla precedente: basta non lasciarsi prendere da una tentazione nostalgica del caro e vecchio gore anni 90… o meglio, si può fare, ma essendone coscienti.

Interviste condotte via mail tra agosto e settembre 2016.

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