Samuel Stern si affaccia in edicola già con un bagaglio di responsabilità e dubbi.
Intanto perché rappresenta la grande scommessa di una casa editrice come Bugs Comics, che finora si è distinta per aver saputo ridare vita a pubblicazioni come Mostri, storica rivista antologica degli anni ’90, e per aver puntato con discreti risultati sul fumetto di genere in fumetteria. Il passaggio in edicola con un bonellide è un passo importante per un editore che, in quanto a dimensioni e storia, potremmo catalogare come di nicchia, e per comprendere le difficoltà a cui può andare incontro una simile iniziativa basti pensare a come i tentativi di Star Comics di qualche anno fa si siano chiusi prima del tempo o comunque non abbiano generato seguiti.
Inoltre, l’uscita di un nuovo fumetto horror con protagonista un “cacciatore di demoni” ambientato in Gran Bretagna non può non far entrare in gioco paragoni scomodi con Dylan Dog, con tutte le dovute prudenze del caso. Un termine di paragone banale, ma inevitabile, anche perché l’annunciato cast di autori pesca a piene mani dal bacino Sergio Bonelli Editore.
E difatti, dietro una bella copertina di Maurizio Di Vincenzo, decisamente d’impatto ed evocativa, l’aspetto generale non sembra discostarsi dal modello bonelliano.
Samuel Stern è un demonologo e ha il potere di vedere le manifestazioni maligne che si insinuano nell’animo umano fino a diventare concrete e diventare possessioni vere e proprie. Al suo fianco padre O’Connor, che in questo primo numero ha il ruolo strumentale di interlocutore in una serie di dialoghi che forniscono informazioni sul protagonista e accenni al suo passato, al suo metodo di “lavoro” e alla sua indole. Sono questi i punti più deboli dell’albo, che cerca di rendere così meno pesanti una serie di “spiegoni” da una parte necessari, dall’altra un po’ forzati per loro stessa natura. Lo stesso Stern è un protagonista finora non pienamente sviluppato, e i conflitti personali che vengono mostrati non risultano sufficienti a caratterizzarlo in pieno.
Tornando ai dubbi di cui parlavamo all’inizio, l’impressione è che non sia Dylan Dog il riferimento più prossimo per la serie: Samuel Stern infatti si allontana dal personaggio ideato da Tiziano Sclavi per affrontare una branca più delimitata del genere horror – in particolare quello che ha trovato successo grazie allo studio Blumhouse, quindi attività paranormali, possessioni, infestazioni, presenze demoniache – ma anche per un atteggiamento più diretto e meno poetico, senza spazi per l’empatia verso il diverso, l’altro, il mostro che sono parte fondamentale della poetica dylandogghiana, e anche senza l’ironia e il gusto per le citazioni pop.
La somiglianza più prossima piuttosto è con la serie statunitense Outcast, scritta da Robert Kirkman e disegnata da Paul Azaceta e curiosamente edita in Italia anche in bianco e nero e formato bonelliano, con cui condivide diversi aspetti (le particolari doti del protagonista, il suo utilizzarle con una certa riluttanza, la spalla prete) e ovviamente l’essere incentrato sulle possessioni demoniache; in Outcast si capisce fin dai primi albi che i singoli casi fanno parte di un qualcosa di più ampio che fornisce la trama orizzontale tra i singoli episodi, mentre in Samuel Stern per ora non sembra sia così.
In gran parte questo albo, scritto dagli ideatori del personaggio Gianmarco Fumasoli e Massimiliano Filadoro, si rivela accomodante per il lettore che provenga dal fumetto Bonelli, con uno svolgimento chiaro che non lascia spazio a dubbi o a passaggi ambigui e una costruzione della tavola che si preoccupa prima di tutto della leggibilità e della chiarezza dell’esposizione. Questo si riflette in una gabbia strutturata in maniera regolare e poco dinamica che giusto in qualche occasione si concede qualche vignetta squadrata per dare ariosità alle scene o qualche vignetta di dimensione maggiore per creare enfasi o staccare tra una scena e l’altra.
Qualche problema emerge nella gestione dei tempi, con passaggi che appaiono affrettati, come lo “scontro” tra Samuel e il gruppo di delinquenti mezze tacche nel finale, sacrificati per dedicare più spazio alle parti dedicate alla possessione o a quelle dedicate al dramma dal passato del protagonista. Proprio queste ultime potevano essere forse rimandate alle future uscite, soprattutto perché appaiono inserite in maniera forzata e gratuita.
A rendere familiare il fumetto ai lettori bonelliani contribuiscono certamente i disegni di Luigi Formisano che ricordano la scuola salernitana dei vari Roberto De Angelis, Bruno Brindisi e Luigi Siniscalchi, con linee marcate, pagine molto bianche nelle quali il nero entra in maniera netta creando ombre e chiaroscuri che infondono efficacemente l’atmosfera, un tratto segnatamente realistico ed espressivo che riesce a gestire con equilibrio i tanti dialoghi e i cambi di inquadrature e che rende in maniera adeguata i momenti di vero orrore, specie nella rappresentazione delle manifestazioni demoniache.
Resta da citare una nota di merito per quanto riguarda il finale, perché la risoluzione del caso rifugge dal lieto fine e si chiude con un colpo basso degli sceneggiatori, che mostra la volontà di osare un poco.
Un colpo di coda che aiuta a rivalutare un poco tutto l’albo che altrimenti, se da una parte si dimostra un prodotto realizzato con grande professionalità, con accortezza e attenzione, dall’altra manca di mordente e sembra un manifesto del “in medio stat virtus”, lasciando però ragionevoli dubbi se questa sia effettivamente la strada corretta per una lunga sopravvivenza nel difficile mercato della grande distribuzione.
Resta comunque la speranza che Samuel Stern sia la dimostrazione che in edicola c’è ancora possibilità di vita al di fuori di Bonelli, e magari possa attirare altri concorrenti nel settore e con conseguente maggiore scelta per i lettori. Non sarà facile, ma è bello crederci.
Abbiamo parlato di:
Samuel Stern #1 – Il nuovo incubo
Gianmarco Fumasoli, Massimiliano Filadoro, Luigi Formisano
Bugs Comics, novembre 2019
96 pagine, brossurato, bianco e nero – 3,50 €
Claudio Romeo
12 Gennaio 2020 a 19:14
Ciao, Ettore.
Ho citato la tua recensione nel mio blog. La trovi all’URL https://www.claudioromeo.it/6d
Grazie per quanto hai scritto.