1972. Seymour è un tecnico del montaggio di film di serie B che vive a Los Angeles con moglie e figlio in fasce, aspettando l’occasione per dirigere il suo film. Quando questa si presenta, Seymour deve però fare i conti con il peso delle responsabilità e con un senso di insoddisfazione che rischia di soffocarlo.
L’incedere del racconto è lento, pacato. Gli avvenimenti si dispiegano tra le vignette senza accelerazioni, quasi in presa diretta, con estrema semplicità e scorrevolezza. Le scene ambientate in famiglia, i momenti di gioco con il figlio neonato, i rapporti con la moglie, i colleghi e il produttore, l’attrazione per la sua amica Joy. Una narrazione che fa del realismo la sua impronta principale e maggiormente riconoscibile, grazie anche a dialoghi efficaci e non didascalici. Questi risultano in particolar modo azzeccati grazie a scambi di battute rapidi e a volte incompiuti, a simulare una discussione in divenire, fluida e non chiusa del tutto.
Seymour è un protagonista ben delineato, tanto da rendere difficile una immedesimazione completa a causa di una caratterizzazione molteplice, che sottolinea il suo essere fondamentalmente un povero cristo con l’ambizione di avere successo nel suo lavoro; di contro non può ambire a essere una figura positiva, vista la sua incapacità di gestire i rapporti con gli altri, la famiglia in primis, e per una amalgama di sentimenti che vanno dalla rabbia all’invidia fino alla delusione per la distanza tra ciò che crede di meritare e quello che invece ha.
Sammy Harkham si rivela abile nel gestire gli spazi disponibili in un fumetto di ampio respiro, che arriverà a conclusione in un secondo volume, che gli permettono meglio che nei racconti brevi della raccolta Golem Stories di utilizzare i tempi “morti”, l’incedere dei silenzi e delle pause tra una scena e l’altra per sottolineare in maniera incisiva l’atmosfera e le emozioni dei personaggi. Le vignette si allargano per abbracciare il panorama e fermare lo sguardo, o si fanno piccole e fitte nella pagina per suggerire efficacemente il concitamento di un set cinematografico durante le riprese.
I disegni di Harkham si identificano facilmente con lo stile di una generazione di autori come Chris Ware, un segno che richiama il fumetto americano delle prime strisce o delle riviste pulp. Un segno che gioca tra il caricaturale e il realistico, fatto di linee semplici e chiare e di personaggi facilmente riconoscibili, di vignette ben leggibili ma non per questo povere o banali. Disegni morbidi, figure che sembrano un poco bambolotti, specie in movimento, con visi delineati da pochi segni.
Il tono seppia, per quanto sia un espediente ormai piuttosto scontato per racconti ambientati nel passato recente o prossimo, si rivela comunque efficace e ben utilizzato, ammantando le tavole e fungendo sia da colore che da ombreggiatura.
Questo volume raccoglie la prima metà della storia, nata e ancora in pubblicazione sulle pagine della rivista Crickets creata dallo stesso Harkham, nei numeri tre e quattro da lui autoprodotti e nei successivi pubblicati da Fantagraphics.
Abbiamo parlato di:
Blood of the Virgin vol. 1
Sammy Harkham
Traduzione di Elena Fattoretto
Oblomov Edizioni, 2018
128 pagine, cartonato, bicromia – 22,00 €
ISBN: 978-88-85621-39-8