Le associazioni di idee avvengono più comunemente per somiglianza, alcune volte per contrasto. Non si può negare che la rossa volpe che gioca con la ragazza sulla cover de La saggezza delle pietre, romanzo grafico di Thomas Gilbert recentemente pubblicato da Diabolo Edizioni, riporti alla mente uno dei passi più famosi della letteratura per l’infanzia: il dialogo fra la giovane volpe e il Piccolo Principe, che ha reso un cult l’omonimo libro e il suo autore, Antoine De Saint-Exupery. Le somiglianze con il piccolo mammifero dal manto rosso sono più d’immagine che di sostanza, anche se il fumettista francese ha scelto una volpe per personificare lo spirito della Natura sicuramente non a caso.
Se infatti la volpe di De Saint-Exupery vuole essere addomesticata dal piccolo principe, perché è convinta che addomesticare significhi creare legami, e quindi amicizia, la volpe di Gilbert al contrario vuole portare la giovane protagonista del libro a sentire la foresta così come la sente lei, in maniera istintiva e selvaggia. E sauvage è l’aggettivo che compare anche nel titolo francese dell’opera, che in italiano rimane monco forse perché la parola “selvaggia” è considerata troppo violenta o forse perché, come per il film d’animazione Moana, che in Italia è diventato Oceania, certi nomi propri e sostantivi sembrano non avere rivali su Google.
La storia comincia con uno scenario comune per una giovane e avventurosa coppia di fidanzati: un’escursione sulle cime dei Pirenei. Fin da subito è chiaro che l’uomo è la figura di riferimento per la sua compagna, sempre informato, sempre un passo avanti a lei. Un uomo che non manca mai di farla sentire inadeguata fino a farle sapere, quando lei gli parla entusiasta del libro che sta leggendo – La polvere del mondo, di Nicolas Bouvier – che lui l’ha letto a sedici anni perché “è la base”, senza però parlare di cosa possa aver significato per lui o cosa gli abbia fatto provare. Allo stesso modo, allo spettacolare tramonto sulla vetta del monte che lei ammira rapita (e qui torna quel piccolo principe: “quando si è molto tristi si amano i tramonti”), lui contrappone lo schermo del suo IPhone, preferendo postare una foto su Facebook che assaporare il momento senza filtri.
Fra scomodità e piccoli incidenti di percorso, i due trovano sempre il tempo per amarsi, in una tenda stretta così come fra le fronde di un enorme albero durante un temporale improvviso. Tuoni e fulmini, animali in fuga e insetti in accoppiamento: è quello il momento in cui la donna incontra per la prima volta la piccola volpe, e i loro sguardi si incrociano e sembrano fondersi nelle tavole di Gilbert. Da quell’attimo in poi la grafica monocromatica, che aveva fatto un’eccezione solo per il manto della volpe, affida il rosso anche al cuore della giovane donna, per rafforzare visivamente il legame fra i due.
Il suo compagno non è più con lei. Si trova sola e sperduta, piccola e indifesa nel grembo di una Natura dai connotati crudeli, che non conosce e che sembra non appartenerle. Fino a quando, liberatasi prima dai suoi vestiti, poi dai suoi tabù e da una cultura urbana e asettica, si rende conto che anche lei, essere umano, altro non è che uno dei tanti animali che popolano la Terra.
La piccola guida che l’aiuta a inselvatichirsi le insegna a cacciare, ad aspettare il momento propizio per avvicinarsi a una preda, a fiutare gli odori benigni e quelli maligni. La donna impara in fretta e si sente ogni giorno più libera, lontana dalle insicurezze causate da un rapporto di coppia sbilanciato, nel quale ogni bisogno era nutrito con la dipendenza affettiva che, a poco a poco, l’aveva fatta diventare sempre più debole.
Il suo ritorno improvviso e non previsto alla Natura passa per diverse fasi. Inizialmente l’autore racconta con le immagini le prime scoperte della donna che, come una bambina, si meraviglia per tutto. Dopo l’esplorazione ci sono la consapevolezza e il lavoro: nutrirsi, osservare gli altri animali, cacciare, restare con tutti i sensi all’erta e i muscoli in tensione per il balzo.
Dopo i bisogni primari c’è quello affettivo: l’amicizia sincera con la volpe e quella di convenienza con le grandi sequoie che, crudeli, lasciano indietro gli alberi più piccoli perché solo i giganti hanno diritto alla luce, a sopravvivere. Mentre la sua mente si apre e accoglie ogni filosofia che trova nel bosco, quella del regno animale, vegetale e minerale (da cui il titolo “La saggezza delle pietre”), il suo corpo, poco abituato al cibo selvatico, si fa sempre più fragile e ossuto.
Questa favola onirica circolare e a tratti delirante, in cui il principio è la fine (le tavole iniziali e finali sono praticamente identiche), ambientalista ma al tempo stesso brutale, colpisce per lo stile grafico febbrile e pur tuttavia particolareggiato.
Non c’è una gabbia predefinita, anche se l’autore spesso preferisce suddividere la tavola in tre vignette rettangolari, e al carboncino spesso si contrappone una linea tratteggiata, in un continuo e vorticoso scambio che sembra ricalcare la solidità della natura in confronto alla convinzione dell’uomo di essere il re del mondo; convinzione che diventa tavola dopo tavola sempre più fragile, fino a scomparire.
Ampie e dettagliate splash page si alternano a vignette più piccole e scarne, e la narrazione procede spesso muta, solo per immagini, alcune così abilmente creative che sembrano riprodurre l’immensità di un albero, o del cielo stellato. Il dialogo è per quasi tutto il libro una sorta di monologo o memoriale, la voce della donna che rivela al suo interlocutore – che resta ignoto fin quasi alla fine – ogni sensazione e ogni esperienza nella foresta.
Gli spunti di riflessione di questo imponente romanzo grafico di oltre trecento pagine sono tanti e complessi, ma la lettura non risulta mai noiosa: l’autore non vuole insegnarci nulla, né tenere lezioni di ecologia, etologia o filosofia. Il suo procedere ardente, il suo seguire passo passo la “sua” selvaggia è l’ago della bussola, capace di suscitare emozioni più che riflessioni.
Per questo consiglio di gustare il libro senza fretta, scorrere velocemente le immagini feroci della foresta, cui l’autore regala un tratto ingarbugliato (magari per tornarci con calma in un secondo momento), respirare con le narici aperte proprio come la protagonista del viaggio. E provare a capire perché alla saggezza eterna delle pietre si tende a preferire sempre una pur fragile vita.
Abbiamo parlato di:
La saggezza delle pietre
Thomas Gilbert
Traduzione di Elisabetta Tramacere
Diabolo Edizioni, settembre 2017
304 pagine, brossurato, bicromia, 19 euro
9788894203714