La rivoluzione anni Novanta
Gli anni Novanta, in casa Disney, furono rivoluzionari sotto diversi aspetti. Per una serie di congiunture favorevoli, infatti, vennero introdotte novità senza precedenti nel modo di intendere il fumetto disneyano, e questo grazie a una buona dose di spregiudicatezza del Direttore di allora Paolo Cavaglione e della redazione di Topolino – galvanizzati, probabilmente, dal passaggio di fine anni Ottanta da Mondadori alla The Walt Disney Company Italia come editore – e all’arrivo di alcuni nuovi sceneggiatori e disegnatori che portarono approcci diversi, innovativi, figli della loro epoca e di una certa trasversalità di vedute.
Fu questo terreno fertile a far nascere, nel 1996, un esperimento come PKNA, che per formato editoriale, contenuti e tipologia di storie (tanto narrativamente quanto graficamente) era una vera e propria scommessa.
Uno degli autori dell’allora nuova generazione era Tito Faraci, che fin dalle sue prime prove per Topolino dimostrò un certo talento e un approccio umoristico inedito e particolarmente travolgente, fatto di tormentoni, comicità paradossale e nonsense. Non era l’unico tra i nuovi arrivi, tant’è vero che tale spirito guascone caratterizzò molto presto le pagine editoriali di PKNA sconfinando poi direttamente su Topolino.
Da questi precedenti alla creazione di Ridi Topolino, il passo fu breve.
Una testata vi seppellirà
Inizialmente concepito come un altro semplice periodico di ristampe, Ridi Topolino assunse invece una natura decisamente più imprevedibile grazie alle cure di Tito Faraci, al quale venne affidata la gestione del progetto.
L’autore propose di realizzare anche contenuti inediti da affiancare ai vecchi fumetti da ristampare, sia per quanto riguardava le rubriche che per la storia d’apertura di ogni albo, occupandosi di tutto, dalla scrittura alla scelta del disegnatore.
Il risultato fu una testata folle, completamente dedita alla coltivazione di quel tipo di umorismo sopra le righe presente, per ovvi motivi, in misura limitata su Topolino e su PKNA.
Difficilmente etichettabile e fuori da ogni schema, per certi versi si poteva definirla fieramente sciocca: libera, cioè, di sentirsi tale grazie a un’ironia che non doveva sentirsi per forza raffinata o acuta, ma che scopriva di poter divertire anche disorientando, ribaltando gli schemi e accostando concetti inconciliabili: il nonsense, appunto.
Poteva piacere o non piacere, ma era indubbiamente qualcosa di nuovo.
I contenuti
Le grandi storie di Ridi Topolino, albo che Panini pubblica nell’aprile del 2017 che celebra la testata, offre una panoramica piuttosto esauriente di cosa contenesse la rivista.
Vengono infatti ristampate tutte le storie inedite realizzate per i 13 numeri del bimestrale, scritte da Tito Faraci e disegnate da Giuseppe Ferrario, e in aggiunta ci sono un paio di rubriche – la sfida di Topolino, un’analisi critica sui cliché dei film horror e l’oroscopo – e i disegni a tutta pagina che introducevano i singoli albi, un po’ come gli attuali Che aria tira a… di Silvia Ziche su Topolino.
Per quanto molti sostengano che il piatto forte di Ridi Topolino fossero le rubriche, anche le storie non erano da meno. Faraci sviluppava tormentoni e frasi fatte per creare situazioni paradossali, utilizzava personaggi già comici di loro – Paperoga/Paper Bat, l’ispettore Manetta… – rendendoli ancora più assurdi nei comportamenti, sempre rispettandone le loro caratteristiche ma accentuandone l’inadeguatezza.
In altri casi prendeva invece di mira personaggi più seri, come Topolino o Paperino, e li immergeva in trame strambe, che sostanzialmente servivano a prendere in giro alcuni cliché delle classiche avventure disneyane. Esemplare, in tal senso, Topolino e i misteriosi contrabbandieri, dove Paperino recita nei panni di Topolino e dove l’autore punta bonariamente il dito su tanti stereotipi dei gialli in cui Mickey si trova spesso coinvolto: dal commissario Basettoni incapace di cavarsela da solo al Pippo fin troppo svagato fino al colpevole scontato.
Una parodia particolarmente feroce e lucida, divertente perché giocava con la conoscenza di quelle dinamiche spesso usurate dagli anni di pigro utilizzo, contro cui Faraci stesso e Casty negli anni successivi hanno cercato, in modi diversi, di combattere.
L’autoironia non risparmiava nemmeno PKNA – trasformato in PBNA con Paper Bat come protagonista – e Gambadilegno, sul quale si ironizzava spietatamente per quanto riguarda il peso, il rapporto con Topolino e la scarsa intelligenza: l’aplomb del fumetto Disney veniva spesso bersagliato e la risata scaturiva in modi imprevedibili.
Lo stile di Ferrario, anticonformista e con dei character design che pur senza essere fuori modello davano un’idea di “tratto sporco”, si rivelò una scelta ideale per le trame surreali chiamato a rappresentare: l’estetica richiamava in questo modo quella della rivista satirica americana Mad e il bianco o nero o la bicromia contribuivano alla diversità di quanto proposto su Ridi Topolino rispetto ai fumetti “standard”.
I disegnini di un grafico di redazione, Marco Bolla, erano la ciliegina sulla torta: si trovavano in fondo alle tavole e a corredo delle rubriche e con il loro stile minimale e l’andamento demenziale si adattavano perfettamente al progetto.
Un progetto innovativo e impensabile solo pochi anni prima, dove ci si poteva permettere di scherzare sui personaggi e di prendersi in giro da soli per quanto riguardava certe soluzioni narrative del fumetto disneyano. Una consapevolezza lucida e divertita della duttilità dei personaggi e della ricettività di un certo tipo di pubblico che si stava formando, una sorta di piccola “contro-cultura della risata” che all’epoca non era così scontato immaginare. Ridi Topolino era spregiudicato e questa era la sua forza.
Vai avanti te, che mi vien da ridere
Nella premessa e nella postfazione di questo best of, Tito Faraci ricorda con grande trasporto quegli anni e quanto è legato a Ridi Topolino, affermando che in modo sottile, inaspettato ma costante, la testata ha saputo condizionare molti trentenni-quarantenni di oggi, facendo da precursore a un tipo di umorismo che oggi, tra meme sui social network e post-ironia, la fa da padrone.
Non è un caso che Sio, autore divenuto celebre grazie a webcomic e video di stampo comico basati proprio sul nonsense e il gusto per il paradosso, abbia spesso asserito di aver formato la propria vis comica a partire da Ridi Topolino.
È così logico che proprio il giovane fumettista abbia realizzato un’introduzione a fumetti a questo volumetto, sempre con il suo stile scanzonato ma capace di trasmettere l’importanza che ha ricoperto per lui quel giornale. Non è “commovente”, come l’ha definita Faraci, ma è senz’altro sentita e traspare l’onestà di quanto raccontato.
Meno prevedibile, invece, la notizia di una nuova testata che raccolga l’eredità di Ridi Topolino: con il titolo di Ridi Paperoga, annunciata qui, e realizzata ancora una volta da Tito Faraci e Marco Bolla, insieme stavolta anche a Sio stesso, promette di riportare quell’approccio nel fumetto Disney.
Si rimanda a dopo la lettura di questo nuovo prodotto, uscito a fine maggio, per le considerazioni di merito e del caso: l’operazione è sicuramente rischiosa, perché come sempre un cult lo è anche in rapporto all’epoca in cui è nato e riproporlo vent’anni dopo può non sortire gli effetti desiderati.
La presenza di Sio – che ha una conoscenza ben radicata nella contemporaneità e quindi del modo di trattare la comicità demenziale con i tempi di oggi, che sono in parte quelli del web – e le affermazioni di Faraci, per cui con Ridi Paperoga non si vuole varare un’operazione amarcord ma portare in edicola qualcosa di nuovo che guardi a quanto fatto allora ricollocandolo nel 2017, dovrebbero tranquillizzare i lettori, ma sicuramente i tempi sono cambiati e una testata del genere potrebbe raggiungere il proprio scopo solo disponendo di analoga indipendenza, della possibilità di esprimere uno spirito anarchico e di mantenere una propria libertà segnata da pochi freni.
Abbiamo parlato di:
Le grandi storie di Ridi Topolino
Tito Faraci, Giuseppe Ferrario, Marco Bolla, Sio
Panini Comics, aprile 2017
146 pagine, brossurato, colori – 3,90 €
ISBN: 9771828367002