Pera Toons, al secolo Alessandro Perugini, è un fumettista e content creator presente con grande successo sui social su cui ha creato qui una vasta community di appassionati, conquistati dal suo particolare umorismo e dai suoi enigmi a fumetti: complessivamente tre milioni di persone, in continua crescita. Come Spazio Bianco, abbiamo voluto intervistarlo per capire i segreti del suo successo. Ne è emersa un’intervista decisamente interessante, che permette di comprendere meglio come funziona oggi un fumetto affermato nell’età dei social.
Ciao Alessandro, e grazie davvero di questa intervista. Partiamo dall’inizio: come nasce l’idea di creare PeraToons? Qual è stata l’idea di partenza, l’aspetto che doveva distinguerlo dalle altre realtà avvicinabili online?
Grazie a voi! Apprezzo molto Lo Spazio Bianco, da buon grafico mi piace anche la struttura del sito, molto efficace! Sinceramente, ti risponderò in modo non molto poetico: da pubblicitario, mi trovavo nella necessità di testare Instagram. Tutti dicevano che era il futuro, per le aziende nel web. Così provai ad aprire varie pagine sperimentali: immagini motivazionali, foto, e una anche con i miei disegni: ho sempre avuto una buona mano, anche se non ho fatto studi specifici. In capo a tre mesi ho raggiunto 10.000 follower. Mi sono entusiasmato e ho deciso di investirci di più. Ho guardato quello che facevano gli altri: non tanto i fumettisti – ti parlo della fine del 2017, non c’era ancora il boom dei fumettisti su Instagram, prevaleva ancora Facebook – ma le pagine di meme, che andavano per la maggiore.
PeraToons ha raggiunto traguardi invidiabili, divenendo uno dei webcomics più seguiti. Qual è il segreto di questo successo?
Quando ho iniziato a lavorare molto su PeraComics volevo spingere gli utenti a commentare, e allora decisi di puntare sugli indovinelli. Il primo anno ha richiesto davvero molta fatica, molte ore. Nasce così il format “Chi ha ucciso Kenny?” All’inizio gli enigmi erano molto semplici, col passare del tempo sono diventati sempre più complessi. Diciamo che sono cresciuto insieme alla community, tramite il loro feedback, riproponessi oggi i giochini dell’inizio non funzionerebbero più. In questo modo sono giunto nel giro di un anno a 800.000 follower, e da lì sono nate collaborazioni di livello, in primis quella con Tunué, decisamente importante come sa chi segue il settore fumettistico.
PeraToons è un webcomic multicanale che sfrutta Instagram, Tiktok, Facebook, Youtube. Quanto ha contribuito questo al successo?
È fondamentale per chi fa questo lavoro non basarsi su un solo canale, su una sola pagina. Naturalmente consiglio a chiunque sia agli esordi di concentrarsi su un solo canale, ma crescendo diventa essenziale differenziare. Quando PeraComics è giunta a 200.000 follower ho fornito la soluzione degli enigmi su una pagina a parte, sdoppiandola: più pagine vuol dire più pubblico. È nata così la pagina dedicata a Kenny. La cosa consente anche di resistere alle penalizzazioni dell’algoritmo. I social sono montagne russe: quanto più si è estesi, quanto più c’è la probabilità che, se non cresce Facebook, magari cresca Tiktok, e così via. Nella fase di maggior crescita aumentavo di 3000 follower al giorno su Instagram: quando questa ha iniziato a rallentare, differenziare è stato utile a evitare il contraccolpo… anche un po’ psicologicamente.
C’è una strategia differente per ogni canale? Come vengono integrate?
Certo, è inevitabile. Quando a fine 2018 sono sbarcato su Gacebook tutti mi dicevano che era un canale morto. Allora su Instagram ero giunto alla fine della crescita, di fatto, della nicchia interessata agli enigmi, che però non funzionavano su Facebook; qui ho sviluppato gli altri formati, basati più sull’umorismo puro in varie declinazioni, con rimandi ai meme, battute e così via.
Dopo un anno ancora ho iniziato a interessarmi a Tiktok, e sono molto contento di averlo fatto. Tiktok significa video e ha portato a un nuovo formato, PeraToons. All’inizio è stato difficile, perché le battute funzionano meglio sui fumetti, ma gradualmente ho trovato un modo di adattare il mio lavoro anche alla resa video, su Tiktok ma anche Facebook Watch e Youtube. L’essere presente su più canali, aggiungo, ha un altro vantaggio: mi permette di avere un pubblico in tutte le fasce d’età, e questo può facilitare una ulteriore espansione. In una famiglia tipo di quattro persone, è probabile che almeno uno mi conosca! Questo mi ha portato anche a una strategia family friendly, che permette di essere apprezzabile da target differenti.
Ultimamente, infatti, oltre alle vignette produci anche brevi animazioni in stop motion. Un’evoluzione che si è resa necessaria, dicevi, con lo sbarco sui nuovi social, più basati sui video.
Esattamente: io ragiono su un format nuovo, non ancora molto visto, quello dei “fumetti animati”. Tengo cioè forti le caratteristiche del fumetto: il balloon, assolutamente (anche perché molti osservano le animazioni senza volume), il segno, le inquadrature proprie dei comics, con una animazione minimale che mi consente di realizzare due o tre gag al giorno, come vuole il mio pubblico, cosa che non riuscirei a fare coi video. Seguo la classica massima che col 20% del lavoro ottengo l’80% del risultato. L’animazione classica non mi interessa: per esempio Sio, che reputo un genio per l’umorismo brillantissimo, realizza quasi dei cartoni animati, con animazioni vere. Chi si avvicina di più al mio lavoro è forse Cartoni Morti, anche lui bravissimo, che non fa molte animazioni e si basa più su scambi fulminanti di battute e dialoghi.
Forse questi tuoi “fumetti animati” consentono anche una maggiore continuità col fumetto cartaceo, che resta un passaggio importante.
Naturalmente, con questi “fumetti animati” è più facile il passaggio al fumetto su carta, come nel mio lavoro con Tunué. Il fumetto poi funziona meglio per un certo umorismo anche grafico, nella resa di certe espressioni iconiche, pensa alla classica espressione “persa nel vuoto” di Rat-man nei fumetti di Ortolani, che resta fissa su più vignette, con un effetto comico fulminante… per contro, i bambini più piccoli hanno ormai una soglia di attenzione di base molto bassa, come noto, e vogliono il video, ed è necessario per agganciare quel tipo di pubblico fornire almeno qualche elemento di animazione.
Tra l’altro, questa tua grande consapevolezza nell’uso dei social si riflette anche in alcune tue vignette, quelle di Ninja Social Media Manager.
Sì, una collaborazione nata il primo anno del mio boom, una delle prime. Mi interessava collaborare con Ninja Marketing perchè mi sentivo anch’io un marketer, un social media manager. Quindi abbiamo inventato questo Ninja Social Media Manager che si muove in questo mondo, che è perfetto per l’umorismo perché è un campo nuovo e anche molto soggettivo, dove quindi ci sono tipologie di personaggi e situazioni che si prestano molto bene all’ironia.
Come abbiamo detto, nonostante l’importanza di questa parte che trovo molto innovativa, la maggior particolarità del tuo lavoro sono forse le vignette di Kenny (confluite nel primo volume per Tunué, Chi ha ucciso Kenny?, e nel secondo, Il trono di Kenny). Un meccanismo, quello dell’enigma, non molto sfruttato nel fumetto.
In effetti, quello di Kenny è probabilmente il lavoro di cui vado più fiero, perché è un qualcosa di specificamente mio. Prima non ci sono altri esempi famosi, anche perché realizzare un delitto su cui investigare in una sola scena richiede un certo talento per creare enigmi sempre nuovi e sfidanti per il lettore. E dire che a me non piacciono i gialli! Però, se ci rifletti, nel mondo del cartoon e del fumetto alcune delle proprietà più longeve sono quelle giallistiche: basti pensare a Scooby Doo in USA, che è tra i cartoon più vecchi ancora attivi, e a Detective Conan in Giappone, che è uno degli anime più longevi. Naturalmente molti hanno provato a imitare il mio formato, dopo il mio successo, ma non è facile, e infatti non ci sono altri casi in ambito fumettistico…
In molti punti si notato anche citazioni di meme, che vengono spesso rielaborati e mescolati a marche famose, o serie tv (Kenny cita South Park, che ha uno stile di nuovo avvicinabile alla semplicità, e nel secondo titolo c’è un rimando al Trono di Spade). Questo citazionismo ha una funzione nella riuscita del tuo webcomic?
Ovviamente: il top del top è quando riesci a unire due trend del momento, aggiungendo un gioco basato su indizi particolarmente brillanti, e poi inserendo addirittura una battuta nel copy. Ad esempio, una delle mie vignette più riuscite è quella in cui a uccidere Kenny sono I-phone e Android. Oltre a intercettare due brand molto forti, un indizio che ritengo molto riuscito – il caricabatterie – e un copy che ha una battuta che rinforza il rimando ai marchi: “Io me ne Android” dice il primo cellulare. “Anche IOS” replica il secondo.
Un altro punto di forza mi pare il tuo segno, molto sintetico e colorato, sul modello di quanto ha successo su carta (i Peanuts per scomodare un classico) e ancor più online, ma è anche riconoscibile e dettagliato, quando serve (tipo appunto nei tuoi mini-gialli di Kenny). Come sei arrivato a questa sintesi?
Ti dirò che è venuta da sè, si è formata negli anni. Ho disegnato praticamente da sempre, non ho fatto studi specifici ma ho una buona mano naturale. Ho sempre praticato un disegno diretto, a penna, basato su poche linee essenziali ma morbide, sinuose. Anche come grafico ho lavorato sempre molto sul miminalismo, sull’essenzialità. Il mio modello è il Lupo Alberto di Silver, che è il mio fumetto preferito dell’epoca pre-Ortolani diciamo, e trovo che la sua grande forza sia l’essenzialità del segno, la sintesi sviluppata nel tempo. Io all’inizio ho anche provato ad arricchire con ombre, sfumature, ma non mi piacciono: ne ho tenuti pochissimi elementi, l’ombra sotto i personaggi, qualche luccichio quando serve, ma il meno possibile. Il colore invece è indispensabile e per fortuna mi ha aiutato molto il digitale, che utilizzo per la colorazione da sempre. Ho scelto una palette colorata ma tenue, tinte pastello, vagamente anni ’50.
Quest’ultimo volume, Ridi che è meglio, riprende delle classiche strip ma le mescola a un elemento di libro game fumettistico (mi vengono in mente le “Storie a bivi” di Topolino). Qui però questa dimensione è volutamente surreale, a differenza dei minigame di Kenny che avevano un loro senso enigmistico.
Sì, qui devo riconoscere il merito a Tunué che, per dare più spessore al libro, ha voluto introdurre questo elemento ludico, che gli dia anche più longevità per il lettore. Del resto molti mi seguono per i giochi, quindi era logico pensare anche a questo consistente pubblico. Naturalmente, come dici, si gioca anche sul non-sense, sull’assurdo, i passaggi sono spesso basati su un gioco di parole, per certi versi è un po’ un rimando a un certo gusto per l’assurdo del videogame anni ’90, come Monkey Island della Lucasfilm. L’idea è quella di far girare il giocatore abbastanza a caso nel gioco, da una freddura all’altra, fino ad arrivare a uno dei vicoli ciechi oppure al finale giusto, quello con l’Isola. Le recensioni finora sono andate benissimo, ma qualcuno forse ha preso troppo sul serio il libro-game, che va visto all’interno del mio tipo di umorismo. Personalmente devo dire di essere molto soddisfatto di come è venuto.
A questo proposito, dato che la componente ludica è la caratteristica vincente dei tuoi fumetti, hai mai pensato di svilupparli in qualche forma di videogioco?
Sicuramente è un aspetto che mi interessa molto, potenzialmente. Abbiamo anche avuto un contatto per una possibile app di Kenny, che si presta molto a questa evoluzione. Per ora però la cosa non è andata ancora in porto, sono stato preso da altri aspetti connessi al mio lavoro, ma in futuro chissà.
Ringraziamo infinitamente Alessandro Perugini “PeraToons” per la disponibilità dimostrata in questa interessantissima intervista, ricca di spunti per capire e apprezzare al meglio il suo lavoro, e la casa editrice Tunué per aver permesso l’incontro.
Intervista raccolta online via Meet il 5 febbraio 2021.
Pera Toons
Pera Toons, al secolo Alessandro Perugini, è un fumettista e content creator presente con grande successo sui social: Instagram, Youtube, Facebook e TikTok. Ha creato qui una vasta community di appassionati, conquistati dal suo particolare umorismo e dai suoi enigmi a fumetti: complessivamente tre milioni di persone, in continua crescita. Le pagine sono cinque: Pera_Toons (Instagram), Pera_toons (TikTok), Pera Toons (Facebook), Pera Toons (YouTube) e Pera_Games_ (Instagram). Il successo è arrivato inizialmente grazie al format investigativo Chi ha ucciso Kenny?, mini-storie dove si deve capire chi abbia ucciso il protagonista, in seguito si è sviluppato grazie a fumetti, vignette e animazioni umoristiche. Edito da Tunué, ha pubblicato con loro tre volumi che riprendono i suoi successi web: Chi ha ucciso Kenny? (2018), Il trono di Kenny (2019) e Ridi che è meglio (2020); quest’ultimo titolo è da molte settimane primo fumetto a strisce più venduto in Italia (oltre 20.000 copie, alla IV ristampa), terzo fumetto più venduto dopo i due di Zerocalcare. I suoi libri, nel complesso, occupano 3 posizioni su 4 nella categoria Strisce a fumetti su Amazon. Le sue strisce sono anche nel diario Comix e nella rivista Focus Junior, Focus xGioko, Focus Scuola e nei libri Rizzoli Education.