Nuovo appuntamento con Nella Rete del Fumetto, la rubrica de Lo Spazio Bianco dedicata al mondo dei webcomic. In questa puntata: Elio Marracci ci parla di Smokey, Ettore Gabrielli ha intervistato Alessio Spataro e Mario Natangelo, Dario Custagliola vi consiglia Black Rock.
Smokey di ALMAFÈ e Sara Terranova
Smokey, di cui di seguito viene analizzato il primo episodio dal titolo Sonnolenza, è un webcomic comico distopico, ospitato sul sito della rivista Amianto Comics.
Questo serial ha per protagonista uno strano antieroe, uno strampalato detective privato, a metà fra Bogart e il Drugo, che agisce in un mondo dove Steve Jobs e Bill Gates sono stati strangolati nella culla da una misteriosa setta di vetero-tecnologisti e che quindi non ha mai vissuto la rivoluzione digitale. In compagnia del fedele cane Dingo, il detective risolve appassionanti casi in una metropoli inquinata e post-industriale, dove esistono ancora le cabine del telefono, i fax e, naturalmente, il crimine.
La serie è scritta con una vis comica trascinante dalle colonne della rivista Amianto Comics ALMAFE, che hanno creato ambientazioni e personaggi molto ben connotati e sceneggiature pervase da una sfrenata fantasia e una prosa brillante in cui l’inverosimile e l’assurdo diventano ordinari. È invece disegnata, con un tratto chiaro, che fonde alla perfezione dinamismo e morbidezza con un estremo realismo, da Sara Terranova. Il primo numero – in cui confluiscono citazioni tratte da film e romanzi hard boiled, manga e fumetto franco-belga – vede il protagonista alle prese con una contessa impaziente, che ha molte cose da nascondere.
La vicenda narrata, all’apparenza tranquilla, si concluderà in maniera frenetica e del tutto inaspettata e vedrà il protagonista fuggire da una situazione che sembrava, in un primo momento, volgere a suo vantaggio.
Alla luce di quanto visto fino a questo punto possiamo quindi affermare, senza paura di smentite, che questa serie abbia numerose frecce al suo arco e perciò meriti un’attenta lettura. (Elio Marracci)
Potete leggere il webcomic qui
Intervista ad Alessio Spataro e Mario Natangelo
Alessio Spataro (alessiospataro.blogspot.it) e Mario Natangelo (natangeloemme.wordpress.com) sono accomunati dalle loro attività di vignettisti satirici e dall’aver subito entrambi, a distanza di poche settimane, una sospensione temporanea da Facebook dovuto alle reazioni di simpatizzanti rispettivamente del Movimento 5 Stelle e del Partito Democratico. Il tema della libertà di opinione e di satira ai tempi dei social è un argomento importante e complesso. Ne abbiamo parlato con i due autori.
Spataro, tu sei stato sospeso per aver preso in giro una sostenitrice 5 Stelle, Natangelo invece sei stato bannato per una vignetta su Renzi: ci pensate che state mettendo d’accordo elettorato del PD ed elettorato grillino? Potreste essere ricordati in futuro come il primo mattone del governo Renzi/Di Maio!
Alessio Spataro: Non accadrà mai che troveranno accordo su questo perché i piddini hanno un’idea sbagliata, reazionaria ed autoreferenziale della satira, i grillini non ne hanno.
Mario Natangelo: Noi vignettisti satirici stiamo suonando il violino sul Titanic che affonda. E il nostro iceberg è il fanatismo di grillisti e renzisti. Ecco, il fanatismo – che va per la maggiore – è una roba che proprio non mi appartiene e che secondo me squalifica qualunque vignettista. Meglio piuttosto una sana indifferenza cosmica tipo la mia.
Scherzi a parte, la satira ha da sempre avuto a che fare con ostracismo, attacchi personali, censure… Cosa è cambiato con la crescita del web e dei social network?
AS: Poco. È semplicemente stato rafforzato il desiderio chiaro delle maggiori forze politiche di ammettere solo la satira che colpisce gli altri. Oggi, soprattutto per Pd e M5s e Lega, la giungla di internet permette relazioni più facili e diffuse tra persone che si danno ragione tra loro e non ammettono alcuna critica.
MN: Siamo diventati schiavi del rating: gli autori ora si misurano il numero di follower per stabilire chi è il maschio dominante. Ma questo fa perdere di vista una cosa fondamentale: la realtà. Un blog seguitissimo, una fanpage affollatissima, un profilo instagram supercliccato non sono garanzia di qualità. La stessa gente un mese ti odia, il mese dopo ti adora e il mese successivo non sa più chi sei. E non è niente di personale, online, siamo solo avatar.
Facebook è una grande fonte di visibilità per il vostro lavoro, ma al contempo rischia di mettervi il bavaglio: come gestire questa ambiguità?
AS: Ho provato, senza successo e senza troppa voglia, ad ottenere un profilo certificato per tutelarmi un minimo da omonimi. Non penso che questo metodo mi preservi da censure, rimango esposto comunque a segnalazioni massicce che possono bloccarmi. Ma non m’interessa. Finché posso usare uno strumento utile ne approfitto, fregandomene di quanto sia permeabile a censure ingiustificate, anche verso chi, come me, non ha mai violato norme interne a Facebook.
MN: Facebook sta cambiando: è cresciuto, è ambizioso. Non vuole più essere solo uno strumento che ci permette di pubblicare i nostri contenuti. Facebook vuole editare i nostri contenuti. E se capiamo che Facebook lavora come un editore troviamo la chiave per capire in che modo rapportarci a questo nuovo soggetto. O magari per scegliere di lasciarlo perdere.
Visto che l’avete subìto in prima persona: avete capito come accidenti funzioni il controllo dei contenuti di Facebook? Perché pagine inneggianti al fascismo “rispondono ai requisiti” e una vignetta su Renzi porta al ban?
AS: I fascisti riescono da decenni a eludere con successo leggi costituzionali e ordinarie sull’apologia del fascismo. Figuriamoci se non trovano sotterfugi grafici o verbali per rimanere formalmente al limite delle istigazioni all’odio dentro le norme di Facebook, che sono spesso automatizzate e sensibili più ai grossi numeri che all’interpretazione critica di una moltitudine di contenuti.
MN: La cosa certa è che il ban – cioè la sospensione temporanea di un profilo – parte dalla segnalazione di altri utenti. Non necessariamente una segnalazione di massa, probabilmente ne bastano una decina. Il caso che mi ha riguardato è stato molto particolare perché è partito dall’avatar facebook di un gruppo politico (giovani del pd) e ha interessato il concetto di “satira” come linguaggio ammesso da Facebook seppure “politicamente scorretto”: cioè ha testato il sistema rispetto al riconoscimento dell’eccezione. E il sistema non ha funzionato se non grazie al mirato intervento dello staff di facebook dopo 11 giorni. E, per inciso, la tanto idolatrata “spunta blu” non protegge da ban e segnalazioni ma fa unicamente ciò che il suo nome dice: “account verificato” cioè distingue il “personaggio pubblico” o le aziende da omonimi e pagine fake.
Credete nel rischio (se non per voi, per altri con meno seguito) di una sorta di autocensura causata dalla paura di queste conseguenze?
AS: Per un autore satirico il rischio di censure è sempre direttamente proporzionale a quanto sono diffusi e noti i tuoi lavori. Puoi pure fare vignette su un papa gay che gioca alle frustrate con l’asciugamano col suo portavoce nudo in bagno, ma se non hai grosse tirature non rischi molto.
Comunque ci si autocensura sempre in un certo senso, io ad esempio da anni, in modo spesso incompreso, disegno piddini e fascisti (soprattutto quelli grillini) migliorandoli rispetto a come sono realmente.
MN: Ovviamente sì. Facebook ci impone il politicamente corretto e il politicamente corretto ammazza la satira. Non esiste una satira educata o corretta.
Cosa significa fare satira, oggi? Come è cambiata con i mutamenti sociali e politici degli ultimi anni?
AS: Significa perdere tempo. Vedo sempre più disinformazione, più informazione superficiale, comunque soffocante. Quindi minore spazio per critiche, analisi complesse, approfondimenti. Sia su carta che nel web, anche critica satirica. Negli anni ’90 c’erano dei quotidiani illuminati come l’Unità e il Manifesto che riuscivano ad ospitare riviste intere, collettivi satirici addirittura per mesi prima di buttarli fuori a calci in culo dalle redazioni (parlo di Cuore nel ’90 e di Boxer nel ’98), oggi pure quei quotidiani hanno meno soldi da investire, oltre alla già scarsissima voglia. Quindi è raro che un autore di satira trovi oggi possibilità di lavorare con costanza.
MN: La satira ‘politica’ oggi deve confrontarsi con il fanatismo. I lettori cercano di inquadrarti in uno schieramento e se non ci riescono – se non si sentono coccolati leggendo solo quello che vogliono sia scritto – perdono interesse nel seguirti. Io ho la fortuna di lavorare per un quotidiano che mi permette di conservare e coltivare la mia voce, e di avere l’unica dote che mi riconosco: l’indifferenza, che non significa disinteresse ma “non coinvolgimento”. Ecco, chiunque voi siate, comunque la pensiate, mi siete profondamente indifferenti. Come faccio mio il motto di Braccio di ferro: io sono quel che sono e questo è tutto quel che sono
Si ringraziano gli autori per la disponibilità
Intervista realizzata via mail nel mese di marzo 2017, da Ettore Gabrielli
Black Rock di Dario Sicchio, Jacopo Vanni e Francesco Segala (Wilder)
Black Rock è un webcomic disponibile su Wilder. Scritto da Dario Sicchio, disegnato da Jacopo Vanni (e Pierluigi Minotti nel terzo episodio), colorato da Francesco Segala (e Mattia di Meo nel terzo episodio), è tra i webcomic più interessanti in circolazione. Black Rock è una serie western, ambientata in una comunità in cui ogni abitante ha un ruolo, un mestiere, che finisce per essere la sua stessa identità e per sostituirne il nome. Al classico scenario western si sovrappone un complesso e misterioso scenario paranormale. Sicchio è eccellente nel fare convivere i due elementi e creare un mondo complesso. Lascia che il lettore lo scopra un po’ alla volta, senza mai annoiarlo, seminando indizi e dettagli vignetta dopo vignetta, dialogo dopo dialogo, tenendo alta la sua curiosità e la sua voglia di conoscere i misteri di Black Rock. Gli elementi tipicamente western acquisiscono nuovi significati, a partire dalla frontiera che non è solo più fisica, ideologica o culturale, ma confine mistico tra due mondi, che si frappone fra l’isolata comunità e i misteriosi Loro. Ne risulta una sceneggiatura solida, sapientemente costruita, che non lascia dubbi riguardo al talento di questo giovane autore.
Il duo Vanni/Segala riesce a dare forma alle idee dello sceneggiatore nel migliore dei modi. Vanni racconta la storia attraverso un segno sporco, a tratti volutamente legnoso, in cui talvolta il dettaglio è poco più che abbozzato e guadagna forza evocativa da questa sua condizione. Segala esalta il lavoro del disegnatore, giocando spesso sui contrasti tra toni caldi e freddi, dando ulteriore spessore a scenari, volti, anatomie, fino a farli “uscire fuori” dalla pagina, fino a rendere Black Rock una lettura sensoriale: leggendolo, avvertirete il calore, il sudore, la polvere, la luce accecante del sole.
Promosso a pieni voti.
Doverosa la menzione anche di Alessio Moroni, che ha realizzato l’accattivante copertina del terzo numero di Black Rock, che potete vedere qui. (Dario Custagliola)
Potete leggere il webcomic qui
News e segnalazioni, a cura di Dario Custagliola
Arena Rumble2017, torneo di storie brevi a fumetti realizzato dalla community Mokapop: fino al 31 Marzo 2017 si possono leggere online i tredici fumetti in gara. I webcomic si sfidano a suon di preferenze dei lettori, espresse tramite i “mi piace” alla fine di ogni storia. Il vincitore verrà annunciato nel secondo numero di Ronin
Segnaliamo inoltre questo post apparso webcomics.it, riguardante lo stato di lavorazione di YEP!, la piattaforma digitale con cui Lucio Staiano (fondatore di Shockdom) mira a riappropriarsi di un ruolo da protagonista in un mercato nel quale è stato senza dubbio un pioniere. Il post ha generato anche una discussione tra gli autori, che può essere interessante seguire.
Se siete autori di un webcomic e volete segnalarcelo, scriveteci a webcomics@lospaziobianco.it.
Per essere sempre aggiornati, seguiteci sulla pagina facebook dedicata alla rubrica.
Nella rete del fumetto ritorna con una nuova puntata tra quattordici giorni.