Barbara Baldi, celebre illustratrice e colorista, ha al suo attivo numerose pubblicazioni per il mercato italiano, americano e francese, tra le quali si ricordano Sky Doll e Monster Allergy. Alterna alla sua attività nel mondo editoriale l’altra sua grande passione: il cinema. Per la Rainbow CGI, il più grande studio europeo nella produzione di film di animazione 3D, lavora come color key artist per il film Winx 2. Attualmente è anche illustratrice e colorista per diverse realtà internazionali, tra le quali Pixar, Disney, Marvel, Eli Edizioni, DeAgostini e tante altre.
Giovedì 23 maggio 2019, al Circolo dei lettori di Torino, l’autrice Barbara Baldi ha presentato le sue prime due graphic novel, Lucenera e Ada, entrambe edite da Oblomov Edizioni. Nel corso della serata, moderata da Caterina Arcangelo (direttore editoriale di “FuoriAsse – Officina della cultura”), l’autrice ha discusso con il pubblico delle sue opere spiegando nel dettaglio vari particolari dietro alla creazione dei suoi lavori.
Lo Spazio Bianco ha raccolto alcune interessanti dichiarazioni dell’autrice riguardo il suo percorso artistico e il suo processo creativo.
Caterina Arcangelo: Ci sono stati particolari eventi nella tua vita che ti hanno fatto avvicinare al fumetto? Come è iniziata la tua passione per il disegno?
Barbara Baldi: In realtà nasco come colorista e ancora adesso faccio molta fatica a definirmi una “fumettista”. Tutto è nato per caso, in seguito a una normale passeggiata mentre portavo a spasso il cane.
Ho deciso quindi di creare per gioco una breve storia di quattro pagine con protagonista il mio animale domestico; in seguito, tra i vari apprezzamenti, sono arrivati anche i feedback di vari autori che stimavo molto, tra cui Igort e Gipi, che mi hanno incoraggiato a fare un fumetto più lungo.
Anche se in un primo momento sono stata parecchio titubante, alla fine ho deciso di buttarmi in questa nuova avventura e da lì è partito tutto.
C.A.: Hai voglia di descriverci il tuo metodo di lavoro?
B.B.: Gli spunti per i miei lavori spesso mi arrivano in modo inaspettato; a volte, mentre mi rilasso e sono in uno stato di dormiveglia, inizio a pensare ad alcune possibili situazioni generiche.
Se le scene che ho concepito mi provocano una sorta di turbamento interiore, allora vuol dire che sto andando nella giusta direzione e proseguo per quella strada.
A livello pratico, scelgo di farmi trasportare dai disegni; molto spesso infatti prima di arrivare alla tavola vera e propria si fanno gli storyboard, ma io non li uso quasi mai.
Provo a creare il libro a fumetti senza passare da fasi intermedie, quasi sempre inserendo i dialoghi, non studiati precedentemente, solo a disegno concluso.
C.A.: Il tuo spiegare nel dettaglio come ti approcci al fumetto secondo me è un qualcosa da ammirare, dato che non sempre gli artisti scelgono di spiegare minuziosamente tutte le fasi che compongono il loro processo creativo. Durante la lettura è poi possibile notare la grande importanza che hai voluto dare al silenzio. Da cosa deriva questa particolare scelta?
B.B.: Preferisco dire poche cose all’interno delle storie, così da lasciare al lettore la possibilità di giocare con le interpretazioni personali. Il silenzio secondo me parla più di ogni altra cosa.
Lucenera è fondamentalmente un fumetto basato proprio sul silenzio. Fin dall’inizio, quando la protagonista apprende che sua nonna è venuta a mancare, l’assenza di parole o onomatopee è parte integrante della storia. In generale, ho cercato di fare tesoro di tutto quello che ho imparato nel corso degli anni. Mi è sempre rimasto impresso il concetto, molto disneyano, che la pioggia può essere utilizzata per rendere una scena molto triste e cupa. Per questo ho provato a usare la pioggia all’interno della storia per preparare il lettore a un dramma imminente.
C.A: Cosa puoi dirci invece riguardo la scelta dei colori utilizzati?
B.B.: Dato che comunque all’interno della storia sono presenti eventi drammatici, ho optato per una palette cromatica che si sposasse il più possibile con l’animo in subbuglio della protagonista.
Ho voluto anche puntare su alcune sequenze in cui c’è un solo colore a dominare la vignetta (come il verde usato per colorare una stanza), cercando di variare i colori per sottolineare il cambiamento delle espressioni dei personaggi in alcuni momenti specifici.
C.A.: Lucenera mette a confronto due sorelle dal carattere completamente diverso. C’è stato un motivo particolare che ti ha portato ad ambientare la storia nel 1800?
B.B.: In realtà non uno in particolare, anche se gli ambienti rurali del passato mi hanno sempre affascinato. Nella storia ho cercato di unire un contesto reale a uno maggiormente fantastico/favolistico, pur senza esagerare con quest’ultimo.
La sequenza in cui Clara seppellisce sua nonna in giardino è forse l’esempio migliore per spiegare questo concetto; nel 1800 non era una pratica comune, eppure l’ho voluta inserire per dare al tutto un tono dolceamaro e a tratti fiabesco.
La scena della sepoltura è ovviamente esagerata e fuori contesto storico, ma comunque funzionale a quello che volevo trasmettere.
Il confronto tra le due sorelle è uno dei punti su cui si basa il racconto; hanno due caratteri completamente opposti, ma ho voluto soffermarmi molto di più su Clara per provare a sviluppare il concetto della nobile che si ritrova al gradino più basso della società ma che riesce comunque a trovare la forza per rialzarsi.
C.A.: Leggendo il fumetto mi è sembrato di cogliere la tua voglia di puntare molto sulle suggestioni, sia dal punto di vista emotivo che visivo.
B.B.: Sì, assolutamente. Ho provato a impostare l’intera storia pensandola quasi come un film. Dato appunto che non mi reputo una fumettista, diciamo che ho agito molto d’istinto. Magari qualcuno potrà trovare anche degli errori a livello di “grammatica fumettistica” ma ho cercato il più possibile di non farmi imprigionare da nessuno schema precostituito.
A livello grafico, non amo disegnare nel dettaglio ogni particolare, perché i lettori devono essere liberi di fantasticare su ogni scena.
Una baracca dimessa sullo sfondo, appena accennata, in realtà nella mente di chi legge può diventare tutt’altro.
C.A.: Ada, l’altra opera che hai creato per la casa editrice Oblomov, racchiude forse un aspetto maggiormente autobiografico rispetto a Lucenera? Le due protagoniste si assomigliano molto. A cosa è dovuta questa scelta?
B.B.: Diciamo che la mia intenzione è quella di costruire una trilogia improntata su personaggi e tematiche simili. Lo stesso Igort, il mio editore, mi ha invogliata a focalizzarmi sugli aspetti maggiormente introspettivi della mia vita e, proprio per questo, in ognuna delle protagoniste delle storie è possibile ritrovare un “pezzetto di me”.
Non è stato semplicissimo iniziare a lavorare nel settore artistico, dato che mio padre non ha mai visto di buon occhio questa cosa. Sia in Lucenera che in Ada è presente questo tema, dato che le protagoniste in un modo o nell’altro non riescono da subito a realizzarsi completamente. L’ultimo libro della trilogia, ambientato a Milano, avrà ancora una volta come personaggio principale una giovane ragazza proprio per creare una sorta di connessione con le opere precedenti. Ovviamente parlare di questi temi non è semplicissimo per me, perché è come se esponessi alcune mie fragilità al pubblico, ma è anche vero che per ora vedo tutto come un gioco quindi per il momento posso ritenermi soddisfatta dei miei lavori e di come sono stati recepiti.
A fine conversazione, il pubblico è stato invitato a fare domande all’autrice. In particolare, le è stato chiesto in quanto tempo, indicativamente, realizzi un albo e quale stile di disegno usi maggiormente.
B.B.: Quando Igort mi ha fatto firmare il contratto mi ha detto scherzosamente la frase “devi essere felice perché ti ho organizzato i tuoi prossimi quattro anni di vita”. Diciamo che prendendomela con calma, per realizzare un albo come Lucenera posso metterci circa un anno.
In questo specifico caso però ho accelerato molto i tempi, riuscendo a completare l’opera in cinque mesi, che è poco per fumetti di questo tipo.
Alla fine sono proprio io ad aver voluto accelerare, perché ogni volta che lavoro a un progetto non vedo l’ora di osservarlo nella sua forma finale, anche per vedere che cosa ne pensa il pubblico. Per quanto riguarda i disegni, fin dal mio ingresso all’Accademia Disney negli anni 2000 ho usato la tecnica digitale. I numerosi lavori svolti tramite l’Accademia sono stati molto utili perché mi hanno permesso di specializzarmi nel disegnare un sacco di soggetti diversi (animali, città, persone umane ecc…) che mi hanno fornito un’ottima base per tutte le opere successive.
Ringraziamo Il Circolo dei Lettori di Torino per l’invito e Barbara Baldi per la disponibilità.
Reportage realizzato il 23 maggio 2019 presso Il Circolo dei Lettori di Torino