Remina – L’astro infernale è il nuovo fumetto di Junji Itō portato in Italia da Star Comics, pubblicato all’interno della collana Umami.
La storia parte con la scoperta di un buco nero da parte del professor Oguro e della comparsa di un pianeta lì dove si ipotizzava fosse presente il wormhole. Il professor Oguro decide di chiamare il nuovo pianeta Remina, come sua figlia, la quale diventa subito famosa grazie alla sua bellezza e alle sue apparizioni televisive. Quando il pianeta comincia ad avvicinarsi alla Terra e gli altri pianeti del sistema solare spariscono uno dopo l’altro, in Giappone le persone danno la colpa soprattutto alla figlia del professore. Lei è così costretta a scappare, mentre la caccia alle streghe dilaga per tutta Tokyo e il pianeta Remina si avvicina sempre di più.
Tanti i temi che emergono dalle pagine e che propongono diverse riflessioni al lettore.
Una pungente critica alla società è espressa in modo chiaro e lampante. In primo luogo verso le persone comuni, ben disposte ad avere un nuovo idolo che possa confortarle e in cui rispecchiarsi, ma altrettanto ben disposte ad abbatterlo velocemente per sostituirlo con uno nuovo. Questo vuoto pronto ad essere riempito è mostrato in maniera esemplare anche in un altro contesto, quello più propriamente giapponese degli idol e del loro fandom. Remina diventa subito una star e immediatamente nasce un fanclub che la adora, del quale lei incontra il capo. Questa situazione degenera in risvolti lugubri e inquietanti, che dimostrano quanto può essere sottile il confine tra adorazione e ossessione (un po’ alla maniera di Perfect Blue di Satoshi Kon, talento assoluto dell’animazione giapponese scomparso prematuramente nel 2010).
In secondo luogo la critica è diretta verso politici e ricchi in generale, che scappano lasciandosi egoisticamente alle spalle il proprio popolo o i propri cari, come il primo ministro, oppure vivono in palazzi-fortezza distanti dal mondo, come la famiglia Mineishi.
Infine poi si amplia all’umanità tutta che, sull’orlo dell’apocalisse, invece di pensare a una soluzione o a qualche rimedio temporaneo per risollevarsi, si lancia in un inseguimento senza tregua verso l’ennesimo capro espiatorio.
Una grande intuizione è il modo in cui l’autore tratta la follia, mostrando le due facce della medaglia nel solco tracciato da Shakespeare: da una parte la pazzia malvagia dell’uomo con il volto incappucciato, desideroso di infliggere a Remina le più terribili torture, dall’altra quell’insana vena di pazzia benigna del senzatetto, che non avendo nulla da perdere, si lancia nella fuga per la città con la ragazza, salvandola e proteggendola a più riprese. Il senzatetto è un personaggio che mostra anche come l’anticonformismo possa portare, in una società omogenea, all’isolamento e alla fine di qualsiasi sogno di vita diversa, ma conservando comunque una dose di saggezza (altra peculiarità mutuata da Shakespeare) derivata dall’anticonvenzionale esperienza di vita.
La storia autoconclusiva in chiusura di volume, Unione Universale, è da segnalare per l’abilità con cui viene esposto il problema tipicamente giapponese degli hikikomori1, mettendo in scena un racconto dove gruppi di persone che si riuniscono per eventi collettivi, dai semplici ritrovi tra amici ai concerti, muoiono in circostanze misteriose e i loro cadaveri vengono ritrovati cuciti insieme.
A livello concettuale viene quindi sviluppata la contrapposizione socialità-isolamento: mostrando uomini e donne che vengono uccisi perché hanno una vita sociale attiva, l’autore vuole sottolineare la situazione di chi, come gli hikikomori, cerca la solitudine e l’isolamento, ribaltando la prospettiva per sottolineare la rilevanza della questione. È interessante notare come si crei un parallelo con il film Suicide Club di Sion Sono sulla causa delle morti di gruppi di persone, ovvero la musica, presentando quindi una certa mobilità trasversale all’interno dei medium visivi del mangaka da Gifu, che costruisce una rete di riferimenti incrociati.
I disegni di Itō, dal tratto pulito e controllato, hanno un notevole impatto nella fruizione del fumetto, viste le visioni che scaturiscono dalle pagine. Se in Gyo l’orrore delle immagini voleva più che altro scioccare, seppur in una trama dal sottotesto ecologico, in Remina la violenza aiuta a trasmettere i messaggi e le tematiche precedentemente analizzate. Inoltre l’autore crea abilmente fenomenali paragoni visivi tra il male che arriva dall’esterno della Terra, rappresentato dal pianeta Remina, e il male presente all’interno, rappresentato dall’uomo incappucciato, che quindi per sineddoche rappresenta il male tutto dell’umanità e nell’umanità.
Anche la costruzione di un mondo fantascientifico è credibile, con forme sinuose per grattacieli e veicoli. Il chiaroscuro è ben bilanciato ma non marcato in modo nitido, attraverso un sapiente uso dei retini in particolare per l’atmosfera del pianeta Remina, la l’inospitalità risalta per forme e parziale oscurità.
Remina – L’astro infernale è un volume di primo piano nella produzione di Junji Itō e che quindi merita una certa attenzione da parte degli appassionati di manga.
Abbiamo parlato di:
Remina – L’astro infernale
Junji Itō
Traduzione di Ernesto Cellie e Chieko Toba
Star Comics, novembre 2018
304 pagine, brossurato, bianco e nero – 16,00 €
ISBN: 9788822611369
Letteralmente “stare in disparte”, è una parola che viene utilizzata per riferirsi a chi in Giappone decide di ritirarsi dalla vita sociale per periodi più o meno lunghi, rinchiudendosi nella propria stanza ed evitando i contatti con l’esterno ↩