Ramarro nasce nel 1986 dalla matita di un Giuseppe Palumbo ancora ventenne. Un ragazzo immerso nella realtà sociale, politica, artistica ed estetica degli anni ’80 che vedeva in Bologna il centro di un movimento culturale irriverente ed esplosivo.
Siamo negli anni del post-ideologico, del post movimenti sociali, la prima generazione post-tutto che scoprì la tv commerciale e il pop moderno, che vide trasformarsi le mode da strumento di affermazione di sé e delle proprie idee a strumento di aggregazione frivolo e svuotato di significato: la prima generazione che venne travolta dall’esplosione del capitalismo sfrenato.
Per inquadrare meglio il periodo, basti ricordare che nel 1986 Ronald Reagan è presidente degli Stati Uniti, Margaret Thatcher primo ministro inglese e Mikhail Gorbaciov segretario generale del Partito Comunista dell’Unione Sovietica. La guerra fredda si avvia al termine. Il 26 aprile di quell’anno l’incidente alla centrale di Cernobyl, uno dei più grandi e iconici disastri nucleari della storia, e la comparsa del virus della “mucca pazza” minacciano la fiducia verso il progresso e la scienza. Internet emette i primi vagiti anche in Italia ma è al di là dal dare vita al World Wide Web.
Al cinema escono tra gli altri Top Gun, consacrando Tom Cruise come attore, Platoon, Highlander, Ghostbusters, Labyrinth, The Blues Brothers, La Sirenetta, Full Metal Jacket… Parlando di fumetti, nel 1986 esce il primo numero di Dylan Dog e Art Spiegelman inizia la pubblicazione di Maus. Il fumetto supereroistico viene messo a ferro e fuoco da Alan Moore con Watchmen (e con Che cosa è successo all’Uomo del Domani?) e da Frank Miller capace di pubblicare in un solo anno capisaldi del genere come Devil: Amore e guerra, Devil: Rinascita, Elektra: Assassin e non ultimo Il ritorno del Cavaliere Oscuro.
Che cosa poteva venire fuori da questo calderone di riferimenti, di cultura alta e bassa, da questo ribollire di eventi in cambiamento, dalla nascita dei miti popolari che ancora oggi influenzano in maniera potente l’immaginario globale riversato sulle pagine di una delle riviste più iconoclastiche di sempre, quel Frigidaire di Andrea Pazienza, Filippo Scozzari, Francesco Sparagna, Stefano Tamburini, Tanino Liberatore e Massimo Mattioli?
Ramarro si definisce un supereroe masochista. Si getta nella mischia contro qualunque avversario con la speranza, a volte con l’obiettivo dichiarato di provare dolore, di essere ferito, amputato, fatto a pezzi, atomizzato, pronto poi a tornare sano e integro per l’avventura successiva grazie al suo potere di rigenerazione. Un bruto verde dalla risata sardonica che non teme dolore, perché lo brama.
E se per qualche avventura è quasi accettabile la definizione di supereroe, presto smettiamo di aspettarci qualcosa di eroico dalle sue azioni e ci godiamo l’irriverente e travolgente ambizione di autodistruzione che sfocia nel desiderio di annichilimento totale, di annientamento del mondo, dell’uomo, dell’universo.
Ramarro agisce con la sicurezza di chi sa di guardare all’esistenza con gli occhi del giusto, capace di cogliere la vacuità della ricerca di un senso che non sia l’assenza stessa di un qualsiasi senso. Ramarro sfugge a ogni morale e all’assenza di morale ma persegue piuttosto un edonistica ambizione di affermazione personale in cui però la fonte del piacere è il dolore.
Ipercolorate, esagerate, lisergiche e psichedeliche, le prime avventure di Ramarro si susseguono in questo volume restituendo la sensazione di una caduta a rotta di collo verso dolori sempre più grandi e catastrofi sempre più immani. Storie che passano al tritacarne tante paure, forzature e ipocrisie del ricco mondo occidentale, mescolando cultura alta e riferimenti popolari attraverso gli strumenti dell’ironia e di un accentuato senso del grottesco.
Ramarro parla al lettore in prima persona sfoggiando un linguaggio barocco e spinto, sopra le righe, una lingua che si contamina di termini gergali che sembrano pronti a diventare tormentoni, parole chiave generazionali.
Quello del linguaggio è un gioco poetico e bizzarro che fa il parallelo con quello artistico: Giuseppe Palumbo infatti sfrutta il personaggio per osare con tecniche e stili, pompando al massimo il suo segno per sottolineare muscolature ipertrofiche e corpi slanciati, figure dinoccolate, volti squadrati e ambientazioni apocalittiche, caricando i colori in una baraonda pop che passa tra acquarelli, collage, colorazione digitale – tentativi non sempre pienamente riusciti – passando poi da linee spesse e nette a segni pennellati e a un bianco e nero grezzo, da tavole affollate di vignette a splash page di illustrazioni che servono solo da accompagnamento al testo.
Una ricetta che sembra incrinarsi dapprima con alcune tavole del 1987, in cui le battute di Ramarro si fanno più amare e fataliste e meno divertite, per sfociare in Angina, storia pubblicata a cavallo tra il 1989 e il 1990, e nel seguito Dies Irae del marzo 1990. In queste storie troviamo il personaggio privato dalla sua esuberanza, innamorato e sfruttato dalla sua amata, preda di pensieri fatalisti e incapace di reagire e di imprimere la sua volontà sul mondo con la sua sfrontatezza.
È lo spazio di un paio di storie e poco più, dopo le quali torna il Ramarro feroce e ghignante degli inizi, ma proprio per questo ancora più emblematiche e significative.
Ramarro è figlio di anni confusi e convulsi, ferventi di novità, nei quali la storia, la tecnologia e la società stavano evolvendo in maniera rapida (spesso, senza per questo imparare dai loro errori), anni che hanno posto le basi per la cultura odierna ma che dal punto di vista sociale e politico hanno minato il senso di appartenenza costruito dalle generazioni precedenti.
Ramarro è figlio di una generazione nella quale strisciante si affacciava la disillusione e il nichilismo e il suo masochismo è una risposta distorta e grottesca alle paure e alle angosce che la affliggono. Nato all’alba del mondo moderno, Ramarro risulta per questo ancora attuale: la sua ricerca del dolore, della distruzione ciclica, non appare altro che una reazione a un mondo sempre meno a misura di uomo e sempre meno comprensibile.
Parlando del volume di Comicon Edizioni, va sottolineato l’encomiabile lavoro fatto per il recupero del materiale. In gran parte dei casi si sono persi gli originali ed è stato necessario scannerizzare le tavole già stampate, ritoccando dove necessario il lettering o il colore per una stampa ottimale; tutto supervisionato e ritoccato dallo stesso Palumbo e arricchito da omaggi, materiale inedito e contributi critici. Il volume raccoglie tutte le storie del periodo Frigidaire e non esaurisce quindi le avventure di Ramarro, facendo sperare in una futura pubblicazione integrativa.
Abbiamo parlato di:
Ramarro – Primo Supereroe Masochista. Guerre Fredde
Giuseppe Palumbo
Comicon Edizioni, 2017
240 pagine, brossurato, colori – 24,00€
ISBN: 8898049633
Tracian
24 Luglio 2023 a 14:19
Che poi magari Ultimo Tango a Parigi è del 1972…
Ettore Gabrielli
24 Luglio 2023 a 17:34
Giusta osservazione, capita di sbagliare e in questo caso è abbastanza clamoroso (chissà con cosa mi sono confuso…).
È sempre costruttivo leggere con quanta comprensione e tatto vengano fatti notare gli errori.
Grazie per avermi permesso di migliorare l’articolo.