In un universo narrativo complesso come quello di Sandman, in cui si mescolano elementi delle culture classiche, ebraico-cristiana e nordica, un interessante percorso di ricerca nasce dal confronto tra l’originaria forma del mito e la rielaborazione operata da Neil Gaiman, che di Sandman curò soggetto e sceneggiatura.
Le tre Eumenidi o Erinni (o Furie, nella mitologia romana), divinità sotterranee della vendetta, criptici e stratificati personaggi dell’omonimo arco narrativo, rappresentano un banco di prova ideale.
Citate fin dalle più antiche opere della letteratura greca (Iliade, Odissea, Teogonia), le Erinni trovano il più profondo momento di riflessione concettuale nella tragedia Le Eumenidi1, di Eschilo, per poi comparire in un numero estremamente vasto di autori e generi letterari in ogni epoca2.
Chiamare per nome il castigo: Erinni o Eumenidi?
L’oscillazione tra i nomi Erinni ed Eumenidi aveva nel mondo classico precise ragioni culturali ed etimologiche, che Neil Gaiman riprende in Sandman in una visione personale.
Il nome Erinni condivide presumibilmente la radice di éris, che in greco antico vale “contesa”, “disputa”. Se consideriamo che la cultura greca arcaica, ancora innervata da tratti primitivi e pulsioni ataviche, faceva del conflitto un principio antropologico, è facile capire che le Erinni si ponevano come eventuali dispensatrici di punizione all’interno di contrasti.
Eumenidi è invece un appellativo eufemistico, che si rifà a euménes, “benevolo”, e che veniva usato per adulare le Erinni, inquietanti per definizione, evitando di irritarle.
A intuire le potenzialità artistiche dei due nomi fu Eschilo, che in Le Eumenidi mise in scena il mito di Oreste, perseguitato dalle Erinni, difeso da Apollo, processato e assolto da un collegio di cui fa parte anche Atena. Al termine del dramma, le Erinni minacciano di scatenare la propria ira sulla città di Atene, ma desistono e si fanno protettrici della città, diventando di fatto eumenìdes, benevole.
In Sandman non c’è un’evoluzione di questo genere. Non c’è ripensamento, non c’è redenzione, le Erinni portano a termine il proprio compito di distruzione, demolendo il Regno del Sogno. Ecco che Eumenidi, utilizzato per giunta come titolo, ha valore quasi ironico in Sandman3. È magistrale, in questo senso, l’effetto straniante che la scrittura di Gaiman, associata al disegno di Marc Hempel, raggiunge in Le Eumenidi #7, tavola 21, vignetta 6, dove le tre Moire, lugubri e sorridenti in veste di Erinni, chiedono a Hippolyta Hall se sembrino forse furenti.
Rappresentare la penitenza: iconografia delle Erinni
Nel mondo antico, le Erinni venivano concepite come figure femminili dalla chioma di serpenti, vestite di nero, alate, aggressive nell’atteggiamento, temibili alla vista, spesso dotate di strumenti di sevizia e tormento (lame, fiaccole). A seconda dell’autore, tuttavia, alcuni di questi attributi non sono presenti (le Erinni di Eschilo, per esempio, sono prive di ali).
In Sandman, una vera e propria rappresentazione delle Erinni è assente. Gaiman le mostra in azione come tre ombre, borda di rosso sangue i riquadri con le loro parole, le fa parlare al plurale, ma gli interlocutori si rivolgono loro al singolare, come vedessero un’unica entità. È una scelta autoriale che rafforza l’idea che la vendetta operata dalle Erinni passi attraverso Hippolyta Hall.
Ma in Sandman Special #14 compaiono tre demoni femminili, armati di spada e fiaccola, che negli inferi assistono al canto struggente di Orfeo. Due vignette dopo, quasi a diradare i dubbi, Persefone commenta: “Hai fatto piangere le Furie, Orfeo”.
Intervallo: nasce la furia
Nonostante le Erinni fossero unanimemente considerate preesistenti al pantheon olimpico, sulla loro origine esistono diverse versioni. Se Esiodo le fa nascere dal sangue di Urano, evirato da Crono, in Eschilo esse si proclamano “prole funesta della Notte”, seguendo una tradizione riportata successivamente anche da Virgilio nell’Eneide e Ovidio nelle Metamorfosi.
In Le Eumenidi #6, la narrazione abbandona momentaneamente la disperata Hippolyta Hall e si sposta su Rose Walker, che dagli Stati Uniti si trasferisce nel Regno Unito, dove visita il ricovero in cui sua nonna aveva trascorso gran parte della propria vita. Qui incontra tre enigmatiche ed anziane donne5, che le raccontano una tetra storia, in cui tre bambine piovono dal cielo, alate, per accanirsi a morte contro il padre, reo di aver ingannato, trascurato e infine ucciso la madre.
Le otto tavole che compongono la storia, realizzate da Charles Vess, non sono conformi al linguaggio del fumetto, ma costruite secondo i canoni del racconto illustrato, con ampi disegni a corredo di un testo scritto con grafia ricercata e arcaizzante, che restituisce l’idea di storia tramandata nel tempo.
Il racconto delle tre bambine, che Gaiman usa come ponte narrativo e tematico – per richiamare la sete di vendetta di Hippolyta all’interno della parentesi britannica di Rose –, prelude idealmente all’effettivo avvento delle Erinni e suggerisce che proprio da quella vicenda d’odio e di ferocia vendicativa esse siano nate6.
Gaiman si serve di questo inserto per creare un preciso momento teogonico7, realizzando inoltre una congiunzione con l’estetica da libro di fiabe e una consonanza con l’allure gotico-orrorifica tipica del racconto orale popolare dell’Europa centro-orientale.
Legate a doppio filo con le Moire
Uno degli equivoci più diffusi circa le Erinni è l’identificazione tout court con spiriti di vendetta o con le anime vendicative dei defunti.
In realtà, nel pensiero greco, le Erinni assunsero questa caratterizzazione solo in un secondo momento, mentre in origine erano strumenti di attuazione del destino (moira), tanto che a esse ci si rivolgeva non per vendetta, ma per ottenere il rispetto e il ripristino del corretto corso degli eventi (che poteva conseguentemente implicare anche la punizione di colpevoli). Le Erinni, non a caso, venivano anche “chiamate a testimoni dei giuramenti, perché il giuramento predetermina una sorte, crea una moira”8.
Gaiman ha evidentemente ben chiara questa duplice sfumatura: il legame che intercorreva tra il fato e le Erinni è ripreso più volte anche in Sandman, senza che la vendetta in senso proprio venga meno.
In Le Eumenidi #5, Hippolyta Hall, sconvolta dal dolore per la morte del figlio Daniel, vaga per la città in uno stato di parziale incoscienza, trasfigurando la realtà in un’allucinata ricerca delle Erinni. Nelle intenzioni di Hippolyta non si scorge volontà di giustizia ma semplice rivalsa privata. Saranno le Moire, in Le Eumenidi #7, a ricondurre l’intera vicenda personale nell’alveo di un sistema ordinato e normato9. È diffusa la semplicistica opinione, riportata purtroppo anche da Hy Bender in The Sandman Companion (p.186), che Hippolyta incontri direttamente le Furie; in realtà Hippolyta incontra le Moire (inconfondibili nella loro rappresentazione fisica), di cui le Furie sono solo un’emanazione strumentale.
Come le Erinni eschilee10, infatti, anche quelle di Gaiman appartengono a una totalità superiore cui devono obbedire, aspetto che emerge da un sottile scambio durante l’incontro fra le Moire e Hippolyta Hall:
“Voi siete le Furie?”
“Se siamo le Furie? E tu sei forse una mano? O un occhio? O un dente?”
“Certo che no. Io sono me stessa, ma ho anche tutte quelle cose.”
“Ora hai capito.”11
Fuor di metafora, le Moire lasciano intendere che le Erinni/Furie sono solo una delle parti che compongono la loro essenza (come un organo rispetto al corpo intero), contribuendo alla sovrapposizione tra Moire ed Erinni. Gaiman, d’altra parte, gioca volentieri con le triadi mitologiche femminili, cavalcando la confusione che nel corso dei secoli ha portato la mentalità comune a scambiare le une con le altre12.
L’esempio più appropriato si trova in Le Eumenidi #13, tavola 23, dove una delle Moire dice: “C’erano tempi in cui tra tutte e tre avevamo un solo occhio e un solo dente… Ma eravamo noi? Non ricordo”. Non erano loro, bensì le Graie, e il fatto che proprio una delle Moire abbia dubbi al riguardo accentua la globalità magmatica del mondo mitologico (ri)creato da Gaiman, un contesto in cui tutto sedimenta e si fonde.
Vale la pena notare che Eschilo fece la scelta opposta e fu estremamente netto nel delineare l’identità delle Erinni. Sebbene ai suoi tempi la confusione tra le varie figure fosse certamente minore, il tragediografo inserì un personaggio (sacerdotessa) che descrivesse le Erinni sottolineando le differenze estetiche rispetto a Gorgoni e Arpie13. Qualsiasi confusione, ne Le Eumenidi di Eschilo, avrebbe inquinato e distorto il messaggio centrale dell’opera, ovvero la riflessione su giustizia tribale e giustizia civile.
È di nuovo tempo di costruire
Tanto in Eschilo quanto in Gaiman, l’azione delle Erinni determina una radicale trasformazione di contesto. Come ricorda correttamente Rastelli, nella tragedia greca “le Eumenidi rinunciano a uccidere Oreste (…) e in cambio ottengono la possibilità di avere un culto pubblico”, ma il discorso può essere ulteriormente ampliato. Le Erinni di Eschilo, divenute Eumenidi, si pongono a tutela dei tribunali, segnando allegoricamente il passaggio dalla legge primitiva, fatta di vendetta sommaria, alla legge di diritto, fatta di norme, garanzie, processi14.
Anche in Sandman l’intervento delle Eumenidi contro Morfeo produce un rovesciamento di scenario, cui però si arriva con modalità diverse. Il Regno del Sogno viene in gran parte disgregato, Morfeo abdica, il suo ruolo è azzerato. Il piccolo Daniel, in cui si reincarna il Sogno, non è in continuità col passato, ma in totale rottura con esso, come dimostrano simbolicamente i capelli albini e il vestiario candido opposti ai capelli corvini e gli abiti scuri del predecessore.
Le Eumenidi di Gaiman si chiude con le tre Moire che serenamente parlano e mangiano, nella levigata consapevolezza che tutto era scritto e ha seguito il proprio corso. Nell’ultima vignetta, l’inquadratura di concentra su filo e fuso, a rimarcare la fine della ‘vita’ di Morfeo assieme alla crepuscolare aura del suo regno, terminato per lasciar spazio al nuovo ciclo di ricostruzione che Michael Zulli illustrerà nel luminoso La Veglia.
Abbiamo parlato di:
Le Eumenidi
Neil Gaiman, Mark Hempel, Teddy Kristiansen, D’Israeli, Glyn Dillon, Charles Vess, Dean Ormston, Kevin Nowland, Daniel Vozzo, Dave McKean
Traduzione di Alessandra Di Luzio
Magic Press, 1996
352 pagine, colori, brossurato
Tutte le successive citazioni da Le Eumenidi di Eschilo sono tratte da Eschilo, Le tragedie, a cura di Carlo Carena, Einaudi, Torino, 1956. ↩
Tra i tanti: Sofocle, Euripide, Virgilio, Ovidio, Dante, Thomas Eliot. ↩
In lingua inglese l’opera di Eschilo è intitolata The Eumenides, con ripresa del vocabolo greco, mentre Gaiman sceglie direttamente la traduzione (The Kindly Ones, “Le Benevole”), chiaramente più esplicita. ↩
The Sandman Special #1, tavola 34, vignetta 1. ↩
Dice Gaiman: “The women Rose speaks to in the nursing home are, on one level, three little old ladies, on another, the titles characters.” (The Sandman Companion, p. 197). ↩
Dice Gaiman: “It’s a folk tale about what revenge is for, and what it does.” (The Sandman Companion, p. 198). ↩
La teogonia è l’insieme dei racconti mitologici che narrano le origini e la genealogia delle divinità. Ogni comunità sviluppa una o più teogonie, talvolta discordanti fra loro a seconda delle versioni del mito. ↩
Eric R. Dodds, I Greci e l’irrazionale, Rizzoli, Milano, 2010, p. 50. ↩
“Prima leggi il destino.” “Facciamo il nostro dovere. È il massimo che si possa fare.” “Le signore con cui parli possono dare vendetta solo dove ci sono legami di sangue. È una delle regole. La regola più antica.” ↩
“La moira inflessibile / ci filò questa sorte per sempre”; “questa sorte ci toccò quando nascemmo”. ↩
Le Eumenidi #7, tavola 20. ↩
Moire, Graie, Erinni, Maniai, Arai, Praxidikai sono state spesso confuse sia a causa di somiglianze nella raffigurazione iconografica sia a causa di analogie nelle rispettive aree di competenza. ↩
“Neppure all’aspetto delle gorgoni posso accostarle”; “Una volta, già vidi le dipinte le arpie (…) ma queste non hanno le ali, sono nere e ributtanti in tutto a vedersi”. ↩
La tragedia di Eschilo venne infatti rappresentata per la prima volta quando la città di Atene attraversava un delicato momento di transizione (nel 458 a.C., appena tre anni dopo l’assassinio di Efialte, storico riformatore dei tribunali). ↩