Cattivo umore, tristezza persistente, perdita di peso, inappetenza, insonnia, stanchezza, fantasie suicide. E ancora, l’affievolirsi del senso di maternità e scissione identitaria. Sono questi i sintomi che due psichiatri ucraini, Andriy Kiselyov e Anatoliy Faifrych, riscontrano in numerose donne. Unica esperienza che le unisce: gli anni passati in Italia a lavorare come colf e badanti. A questo insieme di malattie psichiche spesso invalidanti, i due danno un nome esplicativo: Sindrome Italia (qui un utile approfondimento del Corriere della sera).
Una sindrome che toglie il respiro, come se si stesse perennemente affogando: ed è proprio l’immagine del perpetuo annegamento, tanto semplice, forse banale, quanto efficace e contestualizzata, che unisce i vari capitoli del racconto di Vasilica, la protagonista della storia costruita da Tiziana Francesca Vaccaro e Elena Mistrello per Beccogiallo. Nata come piece teatrale e progetto sociale al tempo stesso (come spiegato nella corposa postfazione), la storia vera, reale e pulsante di Vasilica è solo un esempio della condizione di tutte quelle donne che vivono nelle nostre città, accudendo i nostri anziani e pulendo le nostre case, per poter dare un futuro a una famiglia lontana. E proprio in nome di questo futuro, di una casa e di una sostenibilità economica per i propri figli, sacrificano tutto quello che hanno di più prezioso, ovvero, paradossalmente, il legame con i propri figli e la propria famiglia, creando una scissione profonda nel loro stesso essere. Una scissione che nelle matite di Elena Mistrello prende la forma di un anfibio, la rana in cui Vasilica si trasforma idealmente, che la fa uscire dal consesso umano, facendola diventare un animale ibrido che nulla sente, senza alcun luogo fisso in cui sentirsi sé stesso.
Nel lavoro di adattamento, la storia e la prosa di Vaccaro si uniscono e si lasciano guidare dalla competenza di Mistrello: il tratto essenziale ma fortemente espressivo dell’artista, che al realismo preferisce uno stile più sintetico e malleabile, accompagna l’autrice in una vicenda che si muove tra passato e presente, tra Romania e Italia, tra case di sconosciute e una casa propria ma troppo poco vissuta, tra pregiudizi razzisti oppure dettati dall’invidia. E insieme a questi, anche la speranza di un amore nuovo e di una nuova vita. L’impatto che ogni episodio ha su Vasilica viene affrontato sia nel carteggio (a tratti struggente) indirizzato ai figli e inserito a fine di ogni capitolo, sia nelle trasformazioni a cui va (immaginariamente) incontro la protagonista. Non c’è solo la metamorfosi in rana, ma anche l’ingigantimento dovuto alla rabbia, una trasformazione quasi mostruosa che rivela un’impotenza nei fatti. Il lavoro fatto dalle autrici su Vasilica, sui suoi sentimenti, sul suo aspetto, sui suoi mutamenti, colpisce il lettore con grazia e tenerezza (l’incontro con Bogdan) ma anche con dolorosa potenza (su tutte, la scena della rana che divora i propri figli). Stessa attenzione viene data anche alle signore con cui interagisce, tutte definite in maniera precisa, mai stereotipata, sia dal punto di vista psicologico che grafico: una casistica umana che riecheggia le vicende di cui spesso abbiamo sentito parlare non in televisione, ma magari da un amico, un parente, un conoscente. Un ventaglio di esperienze, di rapporti tra donne, da cui possono nascere affetto e attaccamento quasi famigliare, ma anche dolore e solitudine quando queste relazioni sono basate sullo sfruttamento, sul sopruso, sul disprezzo.
Oltre ai personaggi e alla loro rappresentazione, che già da sole contribuiscono ad evocare in maniera più forte emozioni e traumi, altri elementi tipici del medium riescono a dare peso specifico più incisivo a una storia la cui struttura potrebbe a volte risultare un po’ schematica. La costruzione delle tavole, per esempio, consente di movimentare la narrazione della vita di Vasilica: accanto ad alcune piuttosto regolari, in cui il racconto deve essere chiaro e focalizzarsi sugli interpreti, ne troviamo altre in cui le vignette sono scomposte, sovrapposte, affastellate, spesso mescolando elementi reali ad altri immaginari e creando così una tensione drammatica che colpisce a livello inconscio. Anche l’uso del colore, benché non incisivo nella prima parte del racconto, se non per distinguere passato (verde) e presente (giallo), sul finire della storia sembra far pensare a una possibile riconciliazione, non solo famigliare, ma anche e soprattutto interiore, con il giallo e il verde che finalmente si incontrano.
Alla fine del racconto, non sappiamo bene cosa succeda a Vasilica. Ma grazie all’opera di Vaccaro e Mistrello sappiamo un po’ più di lei. E sappiamo un po’ più di tutte quelle donne invisibili e incomprese che si muovono nelle nostre città, accudendo i nostri anziani, pulendo le nostre case, mandando avanti le nostre famiglie per poter dare un futuro a una famiglia lontana. E che spesso, tornando nel proprio paese, si ritrovano scisse, perse, afflitte da una malattia che porta il nome di un paese che le ha usate, ma non sempre accolte: questi sono gli effetti della Sindrome Italia.
Abbiamo parlato di:
Sindrome Italia: la storia delle nostre badanti
Tiziana Francesca Vaccaro, Elena Mistrello
Beccogiallo, 2021
160 pagine, brossurato, colore – 19,00 €
ISBN: 9788833141688