Nob, classe 1973 e Bruno Chevrier all’anagrafe, è un prolifico autore di Tours, pilastro per anni della rivista di fumetti Tchô! edita da Glénat e ora tra le fila – fra le altre cose – del magazine Spirou. Tunué ha portato in Italia un paio dei suoi volumi di punta, Dad e I ricordi di Mamette, due generi apparentemente diversi ma con la stessa radice di attenzione alla vita familiare che li rende un prodotto non solo divertente, ma anche universale. Per conoscerlo meglio, gli abbiamo fatto qualche domanda.
Innanzitutto ti chiederei di descriverti brevemente: come hai iniziato a dedicarti al fumetto e quali sono i tuoi autori di riferimento?
Sono sempre stato un grande lettore di fumetti, sin da quando ero piccolo. E ho sempre amato raccontare storie, per cui sono approdato in modo molto naturale a questo mezzo espressivo. Gli autori di riferimento della mia infanzia sono Peyo, Uderzo e Goscinny. Anche Franquin, sicuramente, ma l’ho scoperto più tardi, nell’adolescenza. E da allora, sono stati molto numerosi gli autori che mi hanno influenzato: Hislaire, Conrad, Franck Le Gall, Geerts, Watterson, Lewis Trondheim, Zep… Ho anche sempre molto apprezzato Sempé, Kiraz, Charles Addams, Voutch… Senza dimenticare Matt Groening.
Sei un autore completo. Qual è il tuo metodo di lavoro?
Ho metodi differenti a seconda della serie, ma in generale preparo la sceneggiatura disegnando direttamente su una pagina di bozza. Poi a volte stampo la bozza su una pagina su cui disegno a matita e ad acquerello (come per Mamette), a volte uso la tavoletta grafica (per esempio in Dad o Grompf).
Colori antichi per una storia antica (Mamette), colori moderni per una sitcom moderna (Dad). Quanto incide l’uso del colore nei tuoi lavori? Quanto tempi gli dedichi, e quali sono i tuoi strumenti di lavoro per la colorazione delle tavole? È senza dubbio la parte che mi richiede più tempo, perché ho molta cura per il colore, e per gli ambienti in particolare. Mia moglie si occupa di realizzare delle strisce di colore uniforme e piatte, ovvero riempie ogni zona del disegno con dei colori di riferimento, e si tratta di un lavoro piuttosto fastidioso perché io inserisco molti piccoli dettagli, soprattutto negli arredamenti. Poi io mi occupo di dare luce a questi colori, dando valore ai diversi piani, conferendo profondità e creando la luce d’ambiente. Le ombre sono realizzate a monte, quando disegno, con un acquerello grigio quando lavoro in modo tradizionale (per Mamette) o in digitale (per Dad).
In entrambe le storie protagonista è la famiglia, il che fa pensare a una tua sensibilità a riguardo. Com’è caduta la scelta in tutti e due i casi?
La famiglia è il mio tema prediletto, ma nel caso di queste due serie, l’approccio tematico è stato differente.
Mamette è nata più di dieci anni fa, nel 2005, sulle pagine della rivista Tchô, ma alla base c’è un progetto che risale al 2000, quando sono entrato nella rivista stessa. All’epoca, la scelta di una nonna era giusto un modo di farsi notare in mezzo a tutte le numerose serie che mettevano in scena dei bambini (in origine, Mamette è una serie su una vecchia nonna, ben prima che decidessi di raccontarne i ricordi ne I ricordi di Mamette che sono pubblicati in Italia).
Il progetto all’epoca non venne accettato. Ma quando sono diventato padre per la prima volta, nel 2003, ho iniziato a desiderare di parlare del tempo che passava, e del rapporto tra le generazioni. Contemporaneamente alla nascita di mia figlia nella mia famiglia è sopraggiunto un lutto, quello per la madre di mia moglie. Tutte queste cose in simultanea hanno donato profondità al mio progetto iniziale su Mamette: gioia e tristezza si sono mescolate… Sono quindi ritornato sul personaggio e sono queste pagine a essere finalmente uscite nel 2006. Poco a poco il progetto iniziale si è arricchito, così come i personaggi intorno a Mamette, e la tematica familiare si è sviluppata a sua volta, andando a corrispondere a sensazioni legate alla mia infanzia, con le sue paure e i suoi dolori.
Al contrario, in Dad racconto più il mio quotidiano attuale di padre di due figli di 10 e 13 anni, e questo anche se non sono un padre single. Ma l’ottica è proprio quella della mia famiglia attuale.
Mamette nei momenti più duri della vita in campagna trova conforto nella lettura. Delle figlie di Dad vediamo leggere, e per studio, solo Pandora. È solo un caso o la lettura è davvero passata di moda?
Non è una cosa voluta. Di fatto a casa di Dad ci sono molti libri, nelle camere di ognuna delle figlie. È più un modo di caratterizzare ognuna di loro, ma io non credo che le altre figlie di Dad non leggano, anche se non per forza si vedono. A dir la verità, io non sono del tutto convinto che i bambini leggano meno. Vedo molti bambini leggere. Mi sembra piuttosto più preoccupante il fatto che gli adulti leggano molto meno, come se fosse diventata un’attività propria dell’infanzia.
Quali limiti pone – se ne pone – narrare di un’epoca passata, rispetto alla libertà che offre una storia contemporanea, dove il futuro è ancora tutto da scrivere?
I limiti che mi impongo sono quelli del realismo: tengo molto a raccontare la vita vera, non una versione edulcorata. Ma rispetto ai lettori più giovani bisogna sempre pensare a porre le cose nel giusto contesto: i bambini non sempre hanno le chiavi di lettura storiche necessarie a comprendere tutto, per cui è necessario ricordare di tanto in tanto che non siamo nell’epoca attuale e che quindi soprattutto certi codici comportamentali sono differenti. Quello che può sembrare evidente a degli adulti non lo è per forza per dei bambini, bisogna tenerlo a mente, senza per questo rendere meno piacevole il racconto con l’inserimento di dati troppo didattici. È tutta questione di equilibrio!
E in che misura determinati argomenti possono/non possono entrare nel resoconto di vita quotidiana di una famiglia moderna? Parlo di politica, attualità, sessualità…
Anche qui, io parto dal presupposto che si possa parlare di tutto, ma bisogna scegliere l’angolazione giusta, tenendo presente che sia accessibile ai più giovani. Io gioco molto sui diversi livelli di lettura, su silenzi e non-detti che sono comprensibili agli adulti ma non ai bambini, riservando però ai più giovani un primo livello di lettura che permetta loro di comprendere qualcosa malgrado tutto, senza sentirsi esclusi. Questo è molto evidente in Mamette, in cui lettori bambini e adulti al termine del libro hanno percezioni molto diverse a seconda del proprio vissuto.
Qual è la differenza nel parlare come uomo in Dad, e come donna in Mamette?
Nessuna. Sono sempre io in entrambi i casi, non mi pongo il problema del sesso, né d’altronde quello dell’età. Rifletto più in termini di logica di un personaggio, mettendomi nella sua pelle, inventando per lui una storia e una psicologia credibile. La cosa più importante per me è proprio che siano credibili. Non li considero come delle marionette ad uso delle gag, sono personaggi reali di cui racconto la vita, e che vivono dentro di me.
In Italia, al contrario che in Francia, la “commedia familiare” alla Dad non è particolarmente sfruttata (purtroppo, ndr). Secondo te perché in Francia invece il genere ha così tanto successo?
Non saprei. È senza dubbio dovuto alla popolarità degli organi di stampa degli anni d’oro del fumetto. Tintin e Spirou in particolare, che negli anni ’50 e ’60 hanno contribuito a rendere questo mezzo popolare grazie al successo di Boule et Bill o Gaston. La popolarità di un genere è spesso dovuta alle specifiche economiche dei mezzi che li supportano, che variano secondo i Paesi (penso alle comic-strip americane, legate alla loro diffusione sui giornali).
Nel secondo volume di Mamette fai intravedere il percorso della donna dalla bambina di cui viviamo la storia e la nonna che ricorda: la storia finisce o continua?
Di fatto in Francia esistono sei volumi di Mamette come vecchia signora. Ho iniziato a parlare della sua infanzia solo dopo i primi tre volumi di Mamette anziana.
Ora, se la domanda è sapere se si vedrà quello che succede fra le avventure di Marinette quando ha 8 anni e quando ne ha 80, a età differenti (15, 20, 30, 50 anni…), perché no? Ma rischio di non avere il tempo.
Queste per noi sono traduzioni: ora a cosa stai lavorando per il mercato francese?
A diverse cose. Il terzo volume di Dad esce in Francia a settembre. Sto lavorando al quarto volume de I ricordi di Mamette per l’anno prossimo. E ho appena pubblicato La cantoche, una piccola raccolta di gag sul tema della mensa scolastica, di cui pubblico ogni mese due pagine su una rivista per bambini.
Soprattutto, lavoro da più di tre anni alla realizzazione di una serie animata di 52 episodi basata su I ricordi di Mamette che verrà trasmessa nel 2017 alla televisione francese, e spero prossimamente in Italia! È un grosso lavoro, in cui mi sono impegnato molto: sono regista e direttore artistico, ho partecipato alla scrittura di tutta la sceneggiatura, dei disegni, dei tanti riferimenti grafici per i personaggi e gli ambienti). Più che un adattamento, un vero prolungamento delle avventure di Marinette!
Intervista realizzata via e-mail nel mese di luglio 2016.