Il percorso intrapreso da alcuni anni dal curatore di Tex Mauro Boselli, che consiste nell’arricchire la mitologia del Ranger bonelliano con una profonda opera di ret-con e di collegamenti tra le varie testate del personaggio, si arricchisce di un nuovo tassello narrativo.
Ridotto ai minimi termini, il secondo speciale Tex Willer, Un uomo tranquillo – soggetto e sceneggiatura di Roberto Recchioni e disegni di Stefano Andreucci – è il racconto di come il mite fratello di Tex, Sam, sia costretto a scendere a compromessi con la propria indole, trasformandosi controvoglia in un giustiziere e iniziando a uccidere. Ma, pagina dopo pagina, questo soggetto archetipico si arricchisce di spunti intriganti e anche di occasioni mancate.
A favore della storia, va innanzitutto rilevato come un racconto in cui l’eroe eponimo della serie compare solamente in una manciata di pagine sia comunque efficace e di piacevole lettura, oltre a essere pieno di tòpoi tipicamente texiani.
Assenza, più acuta presenza
Che Recchioni, quando scrive Tex, ami un approccio originale e inedito è acclarato. In Randy il fortunato – storia breve comparsa sul Color del 2014 e prima prova dello sceneggiatore romano su Tex – il Ranger, continuamente evocato da un pavido bandito, compariva in scena solamente nell’ultima tavola: di fatto, si leggeva un episodio di Tex senza Tex.
In questo speciale Recchioni porta all’estremo le intuizioni di quella storia breve: anche qui abbiamo un protagonista, Sam Willer (“l’uomo tranquillo” del titolo), ossessionato dal nome del fratello e anche qui – fatta eccezione per un flashback conciso – Tex non è mai presente. Eppure è proprio la sua mancanza a far sì che tutto e tutti parlino di lui rimarcandone, casomai ce ne fosse bisogno, lo statuto eroico.
Quale invece sia lo statuto di Sam non è chiaro e in questo sta, forse, il primo limite dell’albo. Perché il fratello di Tex non è un vincente (si fa battere nel lancio del lazo, non sa mandare al tappeto l’avversario e spara solo per ferire); né, d’altra parte, è un antieroe duro e puro alla Mister No. Infatti ama ed è amato, riesce a difendere il suo ranch e, essendo un Willer, anela al rispetto della legge e non può perdere (due elementi fondanti del mito texiano fin dalle origini).
Alla fine dell’albo vince con una risolutezza e una rapidità inaspettate, spiazzando il lettore. Perché, se è vero che l’uomo normale che diventa “un vendicatore” è un topos tipico anche del western, in questo caso viene gestito un po’ troppo frettolosamente e con un po’ di superficialità. Forse sintonizzare maggiormente il racconto sulla caratterizzazione avrebbe valorizzato un personaggio che meritava uno sviluppo psicologico più minuzioso e una complessità maggiori.
Il potere di un personaggio (su chi lo scrive)
Se il soggetto della storia rifugge quella complicazione progressiva della trama che è elemento distintivo delle storie texiane, la sceneggiatura, pur essendo nel complesso ben bilanciata e costruita, si apre ad alcune criticità.
Innanzitutto, occorre annotare che in Un uomo tranquillo Recchioni propone una scrittura equilibrata e pulita, evitando di scivolare in quel citazionismo esagerato – a tratti ridondante – che talvolta la contraddistingue. Uno stile ordinato, dunque, che favorisce la fluidità narrativa e giova all’intero racconto, grazie anche a un montaggio e una costruzione della singola vignetta davvero efficaci.
Questo aspetto ordinato di cui talvolta difetta lo sceneggiatore può essere dovuto a due fattori, entrambi da tenere in considerazione in sede di analisi. Da una parte, il grande rispetto che Recchioni ha spesso manifestato per il personaggio di Tex quale icona bonelliana e del fumetto italiano. Un rispetto peraltro preteso dallo stesso Mauro Boselli da parte di tutti gli autori che vogliono scrivere storie del Ranger e che prima devono studiarne stilemi e dinamiche a menadito. Dall’altra c’è invece proprio il lavoro di editor del curatore milanese, notoriamente ferreo nella supervisione delle sceneggiature (e delle tavole) di Tex, che spesso comporta il rifacimento di intere parti.
Coniugati o separati, questi due elementi hanno innegabilmente giovato a Recchioni che conferma, dopo il Color La strada per Serenity, di avere tutte le carte in regola per scrivere avventure texiane di lunghezza consistente.
Lo sceneggiatore centra il bersaglio optando per un tono e un’atmosfera da western contemporaneo: orizzonti alti, natura che annichilisce, cast ristretto, sparatorie veloci e violentissime, dialoghi asciutti e brevi che talvolta però difettano in originalità. Quando queste atmosfere crepuscolari incontrano gli stilemi bonelliani che pretendono, soprattutto su Tex, eroi granitici e battute colorite, tuttavia si innescano alcuni corto circuiti narrativi, come la commistione molto straniante di dialoghi sanguigni alla Gianluigi Bonelli con scene cupe e dolenti ispirate a Gli spietati, pellicola che Recchioni e Andreucci omaggiano in più di una vignetta. Tuttavia, anche se l’esito non è perfetto, l’albo risulta permeato da un senso di malinconia e di irrisolto che diventa senza dubbio cifra distintiva del character Sam.
Nella gestione di comprimari e antagonisti Recchioni è ancora lontano dallo standard padroneggiato da un Boselli o da un Pasquale Ruju (non potrebbe essere altrimenti, non fosse altro per l’esperienza). I personaggi a contorno della storia, a cominciare dall’amico di Sam, Clancy, fino a John McQuarrie (nel cui nome si potrebbe rintracciare un omaggio a Christopher McQuarrie, sceneggiatore premio Oscar per I soliti sospetti o all’illustratore Ralph McQuarrie), assomigliano troppo a funzioni narrative e la distanza dalla capacità di approfondimento psicologico e di caratterizzazione – anche in un solo paio di vignette – proprie delle storie boselliane è significativa. Interessante però la presenza attiva di un personaggio femminile (presente anche in copertina) che non colpisce certo per introspezione o originalità, ma testimonia la ricezione di una delle prerogative che Boselli sta portando avanti nella narrazione del ranger, inquadrata nelle più ampie riflessioni di genere maturate nei vari settori artistici.
La criticità maggiore che, senza inficiare la riuscita della storia, appare però abbastanza evidente, risiede tanto nel collegamento troppo artificioso tra i tre atti del racconto quanto nella conclusione repentina dell’albo. La parte finale della storia è contrassegnata da una serie di scelte narrative che mancano di congruità rispetto a quanto mostrato fino a quel momento. Il motivo per il quale McQuarrie voglia vendicarsi dell’uomo che in fondo gli ha dato una possibilità di riscatto, la scelta di Sam di lasciare il ranch che ha appena scoperto di sentire casa sua e che ha difeso strenuamente, fino all’improvvisa abilità del fratello di Tex con pistole e fucili (la cui giustificazione è debole e poco razionale) sono tutti elementi portati al lettore privi di una contestualizzazione logica. È qui che la sceneggiatura scricchiola in maniera evidente e che, complessivamente, finisce per salvarsi grazie al credito fino ad allora accumulato.
Il potere di un disegnatore
Il lavoro grafico svolto da Stefano Andreucci su questo albo merita di essere definito sontuoso. L’artista è senza dubbio una delle punte di diamante del gruppo di disegnatori texiani, ma qui la sua prova raggiunge gradi di spettacolarità esaltanti. Ogni singola vignetta richiede infatti al lettore un tempo prolungato per godere della precisione del disegno. Regia e fotografia sono attente ed esaltano la sceneggiatura, che, come detto, ha il grande merito di essere efficace in queste caratteristiche. Sceneggiatore e disegnatore adattano benissimo la gabbia ai loro scopi: optano per i vignettoni, che occupano due strisce e potenziano il campo lungo, per sottolineare la bellezza della natura selvaggia (tavole 5 e 62), fissare i momenti di Spannung (tavola 46, 72 e 107) o rimarcare quelli maggiormente epici (tavola 57 e 94). Abbracciano invece tutta la forza cinematografica del campo orizzontale e del piano americano nelle sezioni che raccontano azioni sequenziali: si vedano, a mo’ di esempio, le due belle tavole mute 53 e 78. Infine, frammenta la pagina con tagli stretti e verticali per accelerare il ritmo: così, a tavola 22, lo scarto del maiale, la perdita dell’equilibrio di Sam e il suo rovinare nel fango avvengono, nell’occhio di osserva, nel medesimo istante.
Andreucci da par suo coglie appieno le direttive dello script, rendendo con efficacia straordinaria gli oggetti (la caffettiera e le tazze di tavola 85 oppure la Colt 44 che esplode un colpo in iv di tavola 66), i gesti (tavola 44: Sam e John si stiracchiano all’alba e si addormentano per la fatica al tavolo della cena) e, soprattutto, gli spazi: il ranch dei Willer diventa una Sutter’s Rest in minore, descritta con angolature virtuosistiche (quella a volo d’uccello della ii di tavola 111 è perfetta per generare tensione). Interessante notare come il tratto pulito e dinamico del disegnatore premi proprio le scene basate sul concetto stesso di visione: ad esempio, McQuarrie che spia invidioso i due innamorati attraverso il vetro della finestra oppure lo sguardo del killer che scandaglia la penombra e intravede Susan prima di essere freddato da lei.
Andreucci lavora anche attentamente sulle fisionomie di protagonista e comprimari. Sam, lontano dall’essere derivativo, è riconoscibile come un Willer per la somiglianza con il fratello e il padre, ma non scade mai nella ricopiatura pedissequa del volto con l’aggiunta di un paio di piccoli baffi. Gli altri personaggi (McQuarrie, Clancy, Lonny, i fedeli in chiesa e i criminali che attaccano il ranch nel finale) sono tutti perfettamente caratterizzati dal punto di vista grafico, immediatamente riconoscibili e ricordabili. Lo stesso citazionismo presente nella scrittura è declinato nelle tavole in modo originale e non banale. Gli appassionati di cinema non faticheranno a riconoscere sequenze ispirate al già nominato Gli spietati o anche a Witness – Il testimone, ma questa ispirazione è più una sensazione che Andreucci trasforma in immagini originali e perfettamente integrate nel tessuto narrativo, senza che mai esse risultino estranee al flusso dello storytelling messo in campo.
Nonostante la copertina che racchiude l’albo non sia né accattivante né tra le più riuscite di Maurizio Dotti, Un uomo tranquillo va dunque annoverato negli annali delle avventure texiane tanto per la quasi del tutto riuscita prova di Recchioni alle prese col ranger, quanto come un altro tassello inedito e fondamentale della mitologia del personaggio, che stavolta vive attraverso il confronto con un membro della propria famiglia, quel fratello così diverso da lui di cui forse varrebbe la pena raccontare altre avventure. E chissà che Boselli non ci accontenti presto.
Abbiamo parlato di:
Tex Willer Speciale #2 – Un uomo tranquillo
Roberto Recchioni, Stefano Andreucci
Sergio Bonelli Editore, dicembre 2020
128 pagine, brossurato, bianco e nero – 5,90 €
ISSN: 977270475804400002