“La proprietà” di Rutu Modan: un fumetto recitato come un film

“La proprietà” di Rutu Modan: un fumetto recitato come un film

L’autrice israeliana Rutu Modan racconta la storia di due donne e del loro viaggio alla ricerca di una vecchia casa. Troveranno sé stesse.

Il 27 gennaio del 1945 le truppe dell’Armata Rossa entrarono nel campo di concentramento di Auschwitz, trovandosi di fronte a quello che sarebbe diventato il simbolo del nazismo e dell’Olocausto. Nel 2000 il Parlamento Italiano scelse il 27 gennaio per celebrare il Giorno della Memoria nel ricordo delle vittime di quella tragedia. Cinema, letteratura, e non ultimo il fumetto, hanno affrontato in molte forme la tragedia della Seconda Guerra Mondiale e i terribili effetti della follia umana. Questo articolo fa parte di una serie di articoli che LoSpazioBianco in oltre dieci anni di attività ha dedicato al tema.

proprietàcover-717x1024Immagino che Rutu Modan sia ormai arcistufa di sentirsi citare Hergé quando si parla di lei, o durante le sue interviste o leggendo le recensioni dei sui libri. Come seguendo un riflesso pavloviano, quando vediamo un disegno che usa un tratto semplice e pulito, senza ombre e con colori piatti, nel cervello dell’appassionato di fumetto iniziano ad affiorare parole come: Hergé, Ligne Claire, Scuola Franco-Belga, Tin Tin.

In una delle interviste che ha rilasciato quando è stata in visita in Italia per il “Festival della Letteratura e Cultura Ebraica”, Modan ha così risposto alla domanda sulla linea chiara:

Si dice spesso che io sia influenzata dallo stile grafico di Hergé. In realtà, sono molto più influenzata dal suo modo di raccontare le storie, più che dalla linea chiara.

Perché, spiega poco dopo questa talentuosa autrice israeliana, lei come Hergé tende a ripulire la storia da ogni orpello e il suo è un raccontare secco e asciutto, che in poche pagine riesce a descrivere un mondo.

Prendiamo a esempio l’incipit de La proprietà, suo graphic novel, uscito in Italia a Giugno per la Rizzoli Lizard. La storia inizia con una scena di cinque pagine che racconta un piccolo evento di un viaggio lungo e complesso che una donna e la sua nonna stanno per intraprendere. Modan impiega quelle cinque pagine per illustrare come l’anziana donna venga fermata ai controlli di un aeroporto perché in possesso di una bottiglia d’acqua troppo grande. È un evento banale, ma raccontato con i dettagli giusti per farci vedere chi sono queste due donne, l’anziana Regina Segal, di origine polacca, emigrata in Israele poco prima dell’inizio della guerra, e la sua giovane nipote Mica.
Poche semplici battute tra le due donne, un battibecco con un poliziotto e una battuta finale: tanto basta a Rutu Modan per presentarci le interpreti del suo libro. Ed è qui che sta tutta la maestria di questa autrice, nel raccontare con poco, nel mostrare, piuttosto che descrivere, un mondo e i suoi personaggi.

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La storia, dopo l’incipit in aeroporto, prosegue sull’aereo e lì veniamo a sapere il motivo del viaggio. Le due donne tornano in Polonia per reclamare una proprietà che la famiglia di Regina possedeva a Varsavia e che aveva perso durante la guerra. In realtà, dopo poco, il racconto ci farà capire che l’anziana donna nasconde un segreto e che sia lei che la giovane nipote hanno hanno di recente sofferto un lutto. Si viene subito coinvolti da questa caccia al segreto di Regina Segal, un amore antico, forse mai dimenticato, nascosto nei ricordi di una vecchia signora ebrea scappata poco prima che la Polonia diventasse il palcoscenico degli orrori del regime nazista. E mentre seguiamo la nonna alla ricerca del suo passato, in parallelo vediamo la nipote Mica che si muove per Varsavia alla scoperta della città, del passato della sua famiglia e della pace interiore perduta.

Durante la loro personale ricerca, i personaggi sono seguiti dallo sguardo attento dell’autrice, che si sofferma sui loro movimenti, dedicando vignette su vignette ai loro gesti ed espressioni. Ed è un raro piacere osservarli durante queste scene, grazie anche alla particolare attenzione che Rutu Modan ha messo nel disegnare i suoi personaggi.
L’autrice ha infatti assunto alcuni attori a cui ha chiesto di recitare gli storyboard del libro; ha poi usato il materiale fotografico prodotto durante queste sessioni come riferimento per i suoi disegni. Una cura ed una tecnica di lavoro del tutto eccezionale, ma che traspare dalle belle ed eleganti pagine de La proprietà.

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Ultimo, ma forse più importante, interprete di questa storia è il colore. Fin dalla copertina il libro ci prepara a un’esperienza visiva originale, in cui i colori vivi e accessi, piatti, senza sfumature, si confronteranno ai grigi, ai blu scuri, ai marroni e ai beige. Ed è davvero un peccato che l’edizione della Rizzoli non riesca completamente a trasmettere questo pezzo del racconto. Confrontando le anteprime digitali con la versione cartacea si nota subito una perdita dello spettro dei colori, un tono molto più spento sulla carta che sul video. Per la prima volta nella mia lunga carriera di lettore di fumetto, ho trovato un fumetto che rende molto meglio nella versione digitale che in quella cartacea. 

Abbiamo parlato di:
La proprietà
Rutu Modan
Rizzoli Lizard, 2013
232 pagine, brossura con alette, colori  € 17.50 
ISBN: 978-8817060721

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2 Commenti

1 Commento

  1. Andy

    23 Ottobre 2013 a 23:54

    Interessante articolo…mi hai fatto venir voglia di saperne di piu’ su quest’opera.
    Per quanto riguarda la modalità di narrazione credo anch’io che mostrare piuttosto che descrivere sia la sfida che dovranno raccogliere gli autori italiani e internazionali. Troppi fumetti mantengono una struttura lunga e romanzesca senza dire in realtà molto.
    Hergè rimarrà sempre un artista da prendere a modello, non solo per la linea chiara o la narrazione ma anche per la sua bravura nel “decoupage” della tavola.
    Saluti

  2. Antonio Furno (@antolo)

    24 Ottobre 2013 a 18:42

    Grazie, mi fa piacere che il pezzo ti sia piaciuto. Il libro è uno dei fumetti che mi è piaciuto di più quest’anno, te lo straconsiglio.

    Il tuo commento sul “decoupage” mi ha fatto venire in mente che forse l’unico punto vero di contatto tra Hergé e Rutu Modan sia proprio nel modo in cui entrambi gestiscono la tavola. Tavole pulite, vignette ritmate secondo il giusto fluire del tempo…

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