Con la pubblicazione di One more day nel 2007 gli autori Marvel (e Joe Quesada in primis) decretarono che il matrimonio di Peter Parker era un macigno narrativo troppo ingombrante.
Semplicemente, decisero che dalle storie a seguire nessuno si sarebbe ricordato dell’unione tra Mary Jane e Peter, riportando di fatto quest’ultimo allo status quo di single di alcuni decenni prima.
Le menti della Casa delle Idee ritenevano in tal modo di ovviare ad alcuni vicoli ciechi narrativi conseguenti al matrimonio e all’eventuale paternità dell’eroe, che l’avrebbero reso troppo anziano ai fini dell’identificazione del lettore medio adolescente. Negli anni i lettori però hanno continuato a chiedersi cosa sarebbe accaduto se Peter e Mary Jane avessero infine messo su famiglia stabilmente.
Partendo da questo spunto Dan Slott e Adam Kubert, grazie allo scenario aperto da Secret Wars, hanno imbastito una storia che prova ad affrontare il tema delle responsabilità in maniera più matura, comprendendo dunque un contesto familiare. Peter e MJ hanno avuto una figlia, Annie May, e Peter si vede costretto ad abbandonare i panni di Spider-Man per proteggere i suoi cari. Il nemico che gli si frappone è il Reggente, Governatore di un Regno di Battleworld1, personaggio ideato ad hoc da Slott e Kubert che è in grado di rubare i poteri altrui. Per farvi fronte, le sole energie di Peter non sono sufficienti, per cui devono intervenire anche MJ e Annie May.
Le idee fin qui esposte, alla base dei cinque numeri di Rinnovare le premesse, franano alla resa dei conti, in quanto a tali presupposti non corrispondono altrettante riflessioni sulle conseguenze della paternità e dei rapporti familiari. Le scelte narrative appaiono alquanto forzate e improntate a giustificare la tesi di fondo, cioè che la famiglia di un supereroe viene coinvolta nelle sue beghe e che per un vero supereroe la “normalità” non esiste.
Come spesso accade nelle storie sceneggiate da Slott, non sono la passione per il personaggio e la conoscenza enciclopedica del suo passato editoriale a difettare, quanto piuttosto il modo di trasformare questo bagaglio di nozioni e passione in un prodotto che vada oltre l’omaggio o la scelta per accontentare le richieste dei lettori.
L’aspetto forse più interessante della storia risiede nel rapporto tra Peter Parker e l’affresco narrativo più ampio nel quale si muove. Nel finale della saga, Slott rimarca infatti la totale estraneità di Peter e della sua famiglia alle lotte contro Destino che intere schiere di supereroi stanno portando avanti all’ultimo sangue2, sottolineando in maniera indiretta quanto la sua volontà di prendersi cura della propria famiglia prima di tutto si manifesti con la mancata presa di posizione (anzi, addirittura la mancata conoscenza) degli eventi della maxisaga di Jonathan Hickman ed Esad Ribic. Da ciò deriva un concetto un po’ riduttivo di famiglia quale vincolo che impedisce all’eroe di essere pienamente se stesso, quasi a giustificare ulteriormente la scelta di reintrodurre il celibato di Peter alla fine di questa saga.
Anche l’apparato grafico non brilla particolarmente, nonostante l’indubbia capacità stilistica di Adam Kubert nell’integrare influenze propriamente americane con un’attenzione tipicamente europea verso l’espressività.
Soprattutto nel primo episodio, Kubert svolge un lavoro in maggior misura approssimativo, con un’ampia variabilità nella resa dei volti e minor cura dei dettagli anatomici rispetto ai suoi standard. Già dalla sequenza onirica che occupa le prime due tavole del numero successivo, il fumettista statunitense dimostra però di essere ancora in grado di trovare buone soluzioni, sia nell’architettura delle tavole, variegata e ispirata, sia nello storytelling.
Resta l’idea che l’artista non sia riuscito a esprimersi al meglio, poco aiutato in alcuni passaggi dall’avvicendarsi degli inchiostratori (da John Dell a Scott Hanna ad Andrew Hennessey e Mark Morales) e dalla colorazione a tratti piatta di Justin Ponsor.
La programmazione editoriale del quindicinale Panini Comics dedicato all’Uomo Ragno ha inoltre giocato involontariamente a sfavore di Rinnovare le promesse. La casualità ha voluto infatti che la pubblicazione della seconda parte sia stata contemporanea alla pubblicazione di un episodio di un’altra saga ambientata a Battleworld (Spider-Verse di Mike Costa e André Araujo) che terminava con lo stesso identico colpo di scena, l’arrivo dei Sinistri Sei, a dimostrare il numero esiguo di soluzioni narrative messe in campo.
Se ciò non bastasse, il quinto e ultimo episodio della run di Slott e Kubert è stato pubblicato subito prima di una storia che ha riportato in campo Mayday Parker, figlia di Peter Parker appartenente a un altro universo narrativo in cui anni fa Tom DeFalco e Ron Frenz avevano saputo affrontare situazioni del tutto simili ma con ben altro spessore.
Rimane in definitiva l’impressione che le pur interessanti premesse non siano state rese nella maniera migliore e che dovremo attendere ancora per affrontare pienamente il discorso della natura e dell’evoluzione di un personaggio come Spider-Man, così radicato nell’immaginario comune.
Abbiamo parlato di:
Amazing Spider-Man presenta: Rinnovare le promesse #1-5 (Spider-Man #642-643-647-648-649)
Dan Slott, Adam Kubert
Traduzione di Pier Paolo Ronchetti
Panini Comics – gennaio-aprile 2016
80 pagine, colori, spillato – 3,30 € cad.
ISSN: 977112422690450642 – 977112422690450643 – 977112422690450647 – 977112422690450648 – 977112422690450649