Personaggi: bisogna volergli bene

Personaggi: bisogna volergli bene

Il seguente è il primo di una serie di post riveduti, corretti e integrati – estrapolati dal mio blog personale o dalla mia pagina Facebook – che proporrò periodicamente.

In questo caso si tratta di un post del 2008.


 

Sono anni che rifletto su un aspetto del mio mestiere che vorrei ora condividere con voi senza – per carità – pretendere di insegnare niente a nessuno.

Quando si lavora a un soggetto o una sceneggiatura, spesso ci si trova davanti al problema della caratterizzazione dei personaggi. Gli “standard character” Disney, si sa, sono in un certo senso capaci di portare avanti una storia da soli. A volte quando si ha uno spunto bisogna lasciarsi prendere per mano da essi e vedere come reagiscono agli ostacoli che poniamo loro davanti.

Per questo prenderò come esempio alcuni personaggi Disney (non tutti altrimenti diventa un papiro più che un post), che per forza di cose sono quelli che conosco meglio.

Nonostante quello che possa pensare chi non è appassionato di Topolino & co., questi caratteri sono sfaccettati e pieni di sfumature.

Ora, non pretendo di offrire La Giusta e Vera Interpretazione dei personaggi Disney, non tocca a me, ma vi rendo semplicemente partecipi del mio personale modo di gestire questi complessi e delicati caratteri. Stiamo parlando di icone ormai istituzionali nell’immaginario collettivo, e vanno trattati con i guanti. D’altra parte, pur andando a toccare personaggi che non abbiamo inventato noi, se vogliamo scrivere delle buone storie dobbiamo trovare in quei personaggi delle corde che vibrino in sintonia con le nostre stesse corde. Qualcosa di personale che abbiamo in comune con i nostri protagonisti e che possa fungere da “bussola” emotiva nel portare avanti una linea narrativa.

Vi svelerò il mio piccolo segreto, la mia scoperta dell’acqua calda, la regola che cerco di applicare quando scrivo:

ai personaggi bisogna volergli bene

sinceramente e al di là di qualsiasi connotazione melensa.

(Lo so, lo so, alcuni personaggi bisogna invece odiarli, ma in questo specifico post preferisco concentrarmi sui “buoni” di casa Disney.)

Cominciamo con una femminuccia.

paperina daisy duck disney topolino panini personaggi

© Disney

Quando scrivo di Paperina, in fondo le voglio bene: la “dipingo” con tratti caratteriali di qualche amica o fidanzata, e Paperino si comporta con la papera come io mi comporterei con la mia lei. In questo modo percepisco che Paperino vuol bene davvero a Paperina (invece di essere perennemente ossessionato dalle sue paturnie), e anche quando si tratta di bisticciare non viene mai fatto niente di veramente cattivo o meschino, visto che io non lo farei con colei cui voglio bene.

Inoltre – sembra un’ovvietà ma non sempre ci si pensa – nei personaggi bisogna

mettere un po’ di se stessi e un po’ delle persone cui si vuol bene:

amici, parenti, fidanzate/i… Conferire a un personaggio propri pregi e difetti o quelli di qualcuno che si conosce è utile per dargli tridimensionalità. Ad esempio, mettiamo che in una storia Paperina sia fissata con la linea. Se la cosa si esaurisce qui, diventa una specie di automa assolutista e ci risulterebbe anche poco simpatica. Se penso ad alcune ragazze che conosco, però, pur tenendo alla linea alle volte non riescono a resistere a un bel cucchiaio di Nutella. Se Paperina sarà quindi preoccupata della linea ma con la debolezza del cioccolato ci risulterà più simpatica, il personaggio sarà “tridimensionale”.

paolino paperino donald duck disney panini topolino

© Disney

Parlando di altri personaggi, in Paperino metto la mia impulsività, il mio entusiasmo, la mia pigrizia, la mia testardaggine, la mia suscettibilità. Occhio: non “la suscettibilità”, ma “la mia suscettibilità”. Intendo dire che Paperino diventa sensibile alle stesse cose cui sono sensibile io, e reagisce come reagirei io. Sempre che questo rispetti al 100% le caratteristiche del personaggio, naturalmente. Si tratta quindi di prendere una componente del personaggio e farla risuonare dentro di sé per averne un’interpretazione personale e allo stesso tempo “interna” al protagonista. Come prendere la canzone di un altro e suonarla con il proprio strumento. È pur sempre quella canzone, ma suonata in maniera personale. E quella musica ci deve piacere, altrimenti per quanto ci si impegni verrà fuori se non una schifezza quanto meno un’interpretazione impersonale e poco emozionante.

topolini mickey mouse disney panini

© Disney

Anche in Topolino metto un po’ di me stesso (il mio senso di onestà, ad esempio, o di amicizia), e un po’ di un paio di miei amici che a mio personalissimo giudizio hanno alcune caratteristiche in comune con Mickey. In questo modo ho due effetti: il comportamento del personaggio appare più realistico/motivato, e poi al personaggio voglio bene, visto che c’è dentro qualcosa dei miei amici. E se Topolino vuol bene a un suo amico anche noi gli vorremo bene, perché gli amici dei nostri amici sono amici anche nostri, giusto? Quindi se un amico di Topolino si troverà in pericolo saremo noi stessi autori e lettori a volerlo salvare, e quindi risulterà credibile che Topolino si butti nell’avventura per volerlo aiutare.

Topolino e Paperino poi hanno delle differenze quanto a carattere, ma c’è una cosa che contraddistingue entrambi, facendo fede a Barks e Gottfredson: un’integrità morale, che anche attraverso prove ed errori li fa uscire puliti da ogni vicenda. Alla fine della storia, se ci siamo immedesimati in loro, non possiamo che uscirne appagati, anche nella peggiore situazione.

pippo goofy disney panini topolino

© Disney

Pippo è il più “pulito”, il “fanciullo dentro”. Involontariamente, con le sue osservazioni evidenzia l’ironia insita nella vita, che normalmente noi, troppo impegnati in questioni “serie”, non noteremmo. La poesia dell’ingenuità.

Qui, Quo & Qua, poi, sono dei ragazzini dinamici e intelligenti, ma con anche le debolezze di tutti i ragazzini: a loro fondamentalmente piace giocare, è una prerogativa da cui non si prescinde!

archimede pitagorico gyro gearloose disney panini topolino

© Disney

Curiosamente, uno dei personaggi con cui mi identifico di più da quando ho iniziato questo mestiere è Archimede. Lui in fondo è come noi fumettisti: ha bisogno in egual misura di fantasia e conoscenze tecniche per realizzare le sue invenzioni. Allo stesso modo noialtri abbiamo bisogno di tanta fantasia ma anche di saper strutturare una sceneggiatura o una tavola disegnata, utilizzando gli strumenti tecnici che abbiamo acquisito nel tempo.

Naturalmente non bisogna strafare, quindi non si deve conferire a un personaggio meccanicamente tutto di se stessi o di una persona che si conosce, perché si snaturerebbero i personaggi che non sarebbero più Paperino, Paperoga, Gastone, ma sarebbero semplicemente parodie dei nostri amici con le fattezze dei paperi. Li riconosceremmo solo noi e non i lettori. Solitamente è risaputo dagli addetti ai lavori ma non dai profani che le persone reali spesso compiono azioni out of carachter. Uno nella vita cambia spesso idea sulle cose, o compie azioni diverse da ciò che gli piacerebbe fare. Ci si contraddice più spesso di quanto lo facciano i personaggi fittizi. Capita che ognuno di noi indossi diverse “maschere” a seconda del contesto, mentre i personaggi di fantasia devono restare coerenti con se stessi in qualsiasi contesto, a meno che il tema della storia non riguardi proprio il comportarsi diversamente dalla propria natura.

personaggi disney gambadilegno lupo topolino mondadori

© Disney

Un accenno ai cattivi: Gambadilegno, Macchia Nera, Amelia, i Bassotti, Rockerduck… Parlando di ciò che di tuo puoi conferire ai personaggi, i cattivi possono essere molto divertenti e dare una certa soddisfazione, perché tramite loro puoi permetterti quella punta di cinismo che in bocca a un criminale è giustificata.

Un discorso particolare vorrei fare per Zio Paperone. Per quanto sia un anziano ricco papero, per me la sua saggezza è solo relativa. La sua ricchezza deriva da una certa istintualità negli affari maturata picconando filoni d’oro tra i ghiacci, e in realtà spesso le sue azioni sono impulsive. Non ci sarebbero tante sue avventure interessanti se lui non seguisse l’istinto!

Occhio: per me lo Zio Paperone “originario” non è quello della prima storia (“Il Natale di Paperino su Monte Orso“), ma di quelle successive sempre di Carl Barks. Idem per la maggior parte dei personaggi: spesso la primissima storia non approfondisce abbastanza il personaggio quanto quelle immediatamente successive, dove la bidimensionalità si trasforma in tridimensionalità senza però subire snaturamenti come può succedere a decenni di distanza.

Tornando a Paperone, la sua profonda natura secondo me è esemplificata nella sequenza finale di “Zio Paperone e la disfida dei dollari“, ovviamente di Barks:

zio paperone disfida dollari
Da qui deriva buona parte della mia concezione di Zio Paperone, che secondo me è fondamentalmente un bambinone. Questo farà storcere il naso a molti fan del ricco papero, ma se ci riflettete bene forse troverete che non ho tutti i torti.

Analizzando lo scambio di battute riportato sopra, inizialmente ci troviamo d’accordo con la dichiarazione morale di Paperino: è meglio avere pochi soldi, rimanere persone semplici e godersi la vita piuttosto che essere ricchi e pieni di problemi. Questa è la filosofia di vita di Paperino. La cosa fa riflettere per un attimo Paperone, avvilito dalla critica del nipote (questo dimostra anche che nonostante tutto gli vuol bene se una sua critica è in grado di colpirlo). Ma successivamente si ridesta e torna sulla propria posizione: nessuno è un povero vecchio se può fare ciò che gli piace. E a Paperone piace il denaro, gli piace giocarci, tuffarvisi dentro, eccetera. E nonostante sul piano morale noi siamo d’accordo con Paperino, non possiamo che provare simpatia per quel bambino cresciuto che si diverte a giocare con le monete (per quale motivo secondo voi Paperone si tiene tutto in contanti invece di depositarlo in banca?). In fondo anche a noi piacerebbe essere capaci di divertirci così, al di là del significato venale del denaro.

In secondo luogo, Zio Paperone è un sentimentale. Ogni moneta, banconota o pietra preziosa racconta una sua avventura, e lui è sentimentalmente legato alle proprie avventure. Lui il suo denaro l’ha accumulato non speculando e frodando, ma andando di persona a raccogliere tesori e picconare miniere. Ad arricchirsi è stato soprattutto il suo bagaglio di esperienza, e i soldi ne sono soltanto l’espressione materiale.

Ogni moneta è un’avventura:

Zio Paperone è ricco di storie.

E poi Uncle Scrooge resta fondamentalmente un mistero che non va spiegato mai del tutto.

È questo per me il vero Paperone: non semplicemente un tirchio rancoroso nei confronti del mondo o una specie di superuomo al di sopra di chiunque altro. Alla luce di quanto detto, è impossibile non volergli bene.

E qui si torna alla mia considerazione iniziale: se si vuole scrivere bene di un personaggio, bisogna volergli bene.

paperone giorgio salati disney panini sceneggiatura

Io e Paperone nella fantasia di Mattia Surroz

[Tutte le immagini in questo post sono © Disney]