Il viaggio dell’erRoRe
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Il viaggio dell’erRoRe

Ultimamente mi è capitato di leggere invettive contro il celebre saggio di Chris VoglerIl viaggio dell’eroe“.

Per chi non lo sapesse, si tratta di un’analisi delle strutture narrative – dal mito alla fiaba, dalla narrativa al cinema – elaborata da un importante story editor hollywoodiano (specialmente di film Disney) partendo dal lavoro di altri studiosi precedenti come Joseph Campbell, Vladimir Propp e perfino Carl Gustav Jung.

Il libro semplifica e schematizza in maniera molto efficace la struttura narrativa più ricorrente in moltissime di queste narrazioni, tramite “stazioni” cui l’eroe di un’avventura approda progressivamente, fino al climax conclusivo.

C’è chi lo considera praticamente la Bibbia, chi invece – soprattutto ultimamente – lo sta demonizzando.

“Le scuole di scrittura insegnano sempre e solo questa struttura narrativa, che non si può applicare a tutto, e gli scrittori finiscono per scrivere tutti nella stessa maniera.”

Questo è senz’altro vero: c’è chi per pigrizia usa alla lettera libri come questo, evitando un’analisi più approfondita della narrazione (altri usano “Screenplay” di Syd Field o “Story” di Robert McKee, ma ce ne sono a bizzeffe). Parlo sia di chi insegna, che di chi recepisce questi insegnamenti e pensa che mettendo a posto tutte le caselline del “Viaggio” allora la storia debba per forza funzionare.

Questo ovviamente è sbagliato. Un vero e proprio Viaggio dell’Errore, mi si perdoni il calembour.

Personalmente, alla Scuola Internazionale di Comics di Milano, all’interno del corso di narrazione e sceneggiatura, parlo molto del Viaggio dell’Eroe. Ma mi avvalgo anche di Syd Field, il cui concetto di midpoint credo sia da tenere ben presente. Ma cito anche Robert McKee a proposito dell’equilibrio dei pesi all’interno di una scena. Ma analizzo con gli studenti anche la struttura delle fiabe come espressa da Propp. E parlo loro di Campbell, di Jung, di Aristotele… e naturalmente degli autori che ritengo più validi, specialmente nei fumetti: da Barks a Spiegelman ad Alan Moore.

E poi analizzo con loro film Disney o graphic novels, e così via. E sono solo uno su sei docenti in un corso biennale, ognuno con la sua diversa concezione analitica e sensibilità creativa!

Il viaggio dell’eroe non è un manuale per scrivere la storia perfetta: è solo un’analisi delle narrazioni popolari di maggior successo, specialmente al botteghino del cinema. Se stai scrivendo un graphic novel in stile Gipi o il sequel dell’Ulysses di Joyce, te ne fai poco della struttura di Vogler (anche se buttarci un occhio ogni tanto qualche spunto potrebbe dartelo ugualmente).

Cito le parole testuali dell’autore:

Il modello del viaggio dell’eroe è un orientamento, non è una ricetta da libro di cucina o una formula matematica da applicarsi in modo rigido a ogni storia. […] Obbligare una storia a conformarsi a un modello strutturale è come mettere il carro davanti ai buoi.

È possibile scrivere buone storie che non presentino tutte le caratteristiche del viaggio dell’eroe: in effetti è meglio se non lo fanno. Le persone amano vedere che si sfidino in modo creativo convenzioni e aspettative. Una storia può rompere tutte le “regole” e tuttavia toccare ancora emozioni umane universali.

[…]

Il modello del viaggio dell’eroe non è altro che una metafora di ciò che succede in una storia o in una vita umana.

[…] è meglio familiarizzare con le teorie del viaggio dell’eroe e poi dimenticarsele quando vi sedete a scrivere. Se vi perdete, fate riferimento alla metafora come se consultaste una mappa durante un viaggio, ma non confondete la mappa con il viaggio.

 

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