“Cammina, cammina, siamo arrivati anche al ‘fumetto d’autoré”, diceva Carlo Della Corte ne Il Gazzettino del 16 novembre del 1969. E ancora Alberico Sala nel Corriere d’Informazione del 26-27 novembre 1969:
Per la prima volta un grosso scrittore ha scelto per esprimersi il fumetto, riscattandone le qualità, forzandone le possibilità espressive, impegnando e compromettendo alcuni dei miti e dei temi più vivaci della vita moderna, quello della solitudine delle grandi città, dell’incombenza del mistero, dell’ossessione erotica, con gli strumenti inconfondibili e personalissimi del suo lavoro.
I due critici letterari parlano di Dino Buzzati e del suo Poema a fumetti, un’opera particolare non solo per l’autore stesso, ma anche per la piccola Italia, ancora immersa in un clima di tensione sociale e politica: era il Sessantotto, anno che, nell’immaginario collettivo, identificò tutti i movimenti di protesta solo perché trovarono un punto in comune, la guerra nel Vietnam, contro cui protestare, al di là delle specifiche esigenze locali (basti pensare, su tutti, alla Primavera di Praga o alle contestazioni francesi e italiane incentrate su una critica al sistema sociale).
Ciò che è veramente interessante in queste critiche (letterarie, fumettistiche?), che si aggiungono a quelle di Indro Montanelli1 sul Corriere della Sera del 15 novembre e di Cesare Garboli su Il Mondo del 4 dicembre (ristampate in apertura dell’edizione Narrativa Mondadori), è l’interesse verso il fumetto non tanto come semplice intrattenimento, ma come possibilità di narrare qualcosa di diverso, di più profondo, utilizzando un mezzo espressivo in Italia spesso relegato ai ragazzini che escono da scuola o ai lavoratori che devono staccare dallo stress quotidiano.
Si potrebbe dire, e gli estratti dalle recensioni lo testimoniano, che Buzzati aprì la strada al graphic novel, al romanzo grafico in Italia2, almeno un decennio prima del suo esordio ufficiale negli Stati Uniti con Will Eisner e il suo Contratto con Dio.
E mi piace pensare che Poema a fumetti possa aver dato il coraggio a bravi autori – come Guido Buzzelli, Pratt, Crepax e altri – e la libertà di proporre le loro opere autoriali e personali: credo che se tale strada fosse stata intrapresa dallo scrittore lombardo con almeno un decennio d’anticipo, probabilmente le fortune del fumetto italiano sarebbero state molto diverse.
Consideriamo, infatti, che i vantaggi di quest’opera, di per sé sperimentale e proveniente da un autore per certi versi sperimentale (basti pensare a La famosa invasione degli orsi in Sicilia), erano due: da una parte il valore artistico e letterario di Buzzati, il carisma acquisito negli anni, e dall’altra la pubblicazione dell’opera da parte della Mondadori in una collana di narrativa (cosa che, in ogni caso, aveva fatto già con Barks nel volume Vita e dollari di Paperon de Paperoni, autore tra l’altro molto apprezzato da Buzzati).
Concentriamoci, però, su Buzzati: già nel citato La famosa invasione degli orsi in Sicilia lo scrittore bellunese delizia i suoi lettori con splendide illustrazioni che, insieme alla storia, portano in luce quel gusto gotico, misto con una vena di ironia, che poi ad esempio potrà essere ritrovato nel Dottor Paperus di Bottaro e Chendi.
E proprio una storia misteriosa scrive Buzzati nel Poema a fumetti, sin dalle prime battute: una misteriosa villa in una misteriosa via nel centro di Milano, diventato anch’esso, per l’occasione, misterioso (e perdonatemi tutto questo mistero che rimanda molto a Carlo Lucarelli e al suo alter ego Cornelio Bizzarro).
Nella narrazione, lo scrittore lombardo preferisce utilizzare didascalie e pochi balloon, mentre le pagine sono raramente suddivise in vignette, preferendo Buzzati l’illustrazione a tutta pagina. Lo stile poi cambia, un po’ in base all’ispirazione del momento, un po’ in base agli omaggi che ha inserito nelle pagine, omaggi che ci ricorda egli stesso: autori come Dalì, Wilhelm Bush, Fellini e altri ancora sono omaggiati in una storia che, come ha ben scritto Sala, alterna il gusto macabro con passaggi che ricordano le storie di fantasmi e del brivido ad un forte senso dell’erotismo, con donne nude che ammiccano e tentano il protagonista.
Orfi, un cantautore del XX secolo che a Milano fa invaghire le belle ragazze della notte, varca una porta misteriosa attraverso la quale è passata Eura, il suo amore, morta – come scoprirà – proprio nell’ora della notte in cui il giovane l’ha vista da lontano, per l’ultima volta.
Così Buzzati reinventa il mito di Orfeo ed Euridice, mito che per certi versi sta alla base di tutte le successive storie d’amore letterarie (un amore contrastato, in questo caso dalla morte, ma in altri casi da famiglie rivali come in Romeo e Giulietta di William Shakespeare, o da convenzioni sociali come l’amore tra Paolo e Francesca nell’Inferno) e riscrive al contempo, in un certo senso, proprio il cammino dantesco tra i gironi infernali.
La discesa di Orfi nel mondo dei morti e il suo dialogo con il demone invisibile che indossa solo un cappotto, infatti, oltre a rimandare alla discussione tra Ade e Orfeo nel mito originale, ammiccano all’opera del poeta fiorentino: a un certo punto il demone apostrofa Orfi con queste parole: “O te lo immaginavi come diceva Dante?“, riferendosi alla struttura dell’inferno attraversato dal giovane cantautore.
L’incontro tra Orfi ed Eura, poi, è una moderna interpretazione dello stesso incontro mitologico, dove emerge tutta l’illusione e la passione del protagonista, di fronte alla rassegnazione e al pragmatismo dell’amata: la ragazza, infatti, si rende conto di essere eternamente legata a quell’al di là statico e cerca dunque di utilizzare il tempo concesso loro per vivere intensamente quei pochi, ultimi attimi. Ovviamente Orfi resterà sordo alle parole della ragazza, perdendola una seconda volta e definitivamente.
Spiccano qui i toni a tratti ironici e irriverenti di Buzzati, il particolare schema narrativo che riduce al minimo i fumetti, l’uso intelligente delle didascalie che si integrano perfettamente nelle illustrazioni senza distogliere da esse l’attenzione, la stessa disposizione delle immagini nella pagina col suo ispirandosi, spesso in maniera evidente, a Andy Warhol. Su tutti, spicca l’uomo in verde che, sigaretta in bocca, accoglie Orfi al suo ingresso negli Inferi e lo congeda quando ne esce: fisicamente, ma anche per il ruolo che riveste e le modalità con cui ricopre questo ruolo, ricorda immediatamente John Constantine, il personaggio magico ideato da Alan Moore sulle pagine di Swamp Thing.
E qui veniamo alla domanda che spontanea mi sono posto una volta chiuso il libro: con questa sola opera quanti autori di fumetti il nostro scrittore è probabilmente riuscito a influenzare?
Già ho detto Alan Moore, ma tutta l’opera è intrisa di una poetica che, opportunamente rielaborata e fusa con tradizioni differenti, si ritrova nel Sandman di Neil Gaiman (che proprio sulle pagine della serie Vertigo, ha scritto la sua personalissimo interpretazione del mito di Orfeo ed Euridice) mentre molte vignette e molte situazioni, il finale in particolare, sembrano l’anello di congiunzione tra George Herriman e Moebius.
Buzzati è un autore molto apprezzato anche all’estero, tanto che ne La serie di Oxford un autore argentino, il matematico Guillermo Martinez, mette in bocca a uno dei protagonisti del giallo un episodio accaduto a Buzzati nel suo giro di conferenze britannico, ricordando anche quanto fosse stimato in quel paese.
Mi risulta piuttosto difficile pensare che questi ed altri autori non abbiano letto i suoi libri, in particolare quest’ultimo, e in un certo senso diventa per me fonte di conforto immaginare che proprio il Poema a fumetti sia stato di ispirazione per più di un autore straniero. O magari, più semplicemente, riprendendo l’idea-spazio di Moore, Buzzati ha attinto a quel patrimonio culturale comune che rende affini opere e leggende di posti lontani tra loro, che fa ritrovare nel Poema atmosfere alla Nightmare Before Christmas, ambientazioni urbane come quelle di Hellblazer, fuse con ammiccanti immagini erotiche alla Guido Crepax o alla Milo Manara3.
Un libro, insomma, che a molti anni dalla sua prima pubblicazione, continua ad affascinare e non può mancare nella libreria di nessun avido lettore.
Abbiamo parlato di:
Poema a fumetti
Dino Buzzati
Mondadori Ink, 2017
250 pagine, cartonato, a colori – 20,00 €
ISBN: 9788804679226
Riferimenti:
Dino Buzzati su Wikipedia.it
Montanelli, giornalista di razza e un po’ fuori dagli schemi per certi versi, ha sempre avuto una certa attenzione per il fumetto. Ricordo, ad esempio, che sul suo ultimo quotidiano, La Voce, pubblicava periodicamente le strisce disneyane. ↩
Senza dimenticare La rivolta dei racchi di Guido Buzzelli, pubblicato nel 1967 su “Lucca Comics Almanacco” in occasione del “Salone di Lucca” ↩
L’importanza del Poema a fumetti su un autore come Manara viene confermata dallo stesso cartoonist nel libro Dino Buzzati – Il surrealismo del quotidiano. In particolare, esaminando i rapporti tra Buzzati e Roy Lichtenstein, Manara scrive:
“Poema a fumetti è una delle opere fondamentali per me. Prima di tutto perché si tratta di un fumetto vero e proprio, come è inequivocabilmente dichiarato già nel titolo. Sappiamo che in pittura non è tanto importante il soggetto quanto il modo in cui viene rappresentato. Nel fumetto avviene esattamente l’opposto: la cosa importante è il soggetto, la cosa rappresentata. […] Ci sono artisti come Roy Lichtenstein che hanno utilizzato il fumetto come tecnica pittorica per fare un’operazione sul linguaggio […] ma senza minimamente interessarsi al vero valore del fumetto che, come si è detto, è narrazione. Dino Buzzati, invece, ha creato un fumetto autentico, adottandone la tecnica povera, scarna, efficace, i colori piatti, la scansione narrativa schematica, la complementarietà tra disegno e testo scritto.” estratto tratto dalla pagina RaiLibro – Buzzati: fumetto di morte e mistero attualmente irraggiungibile ↩
Ufficio Stampa Teatro Libero
11 Febbraio 2013 a 13:22
Dal 18 al 28 febbraio 2013, Teatro Libero ha il piacere di presentare il debutto milanese di “Poema a fumetti”, diretto ed interpretato da Paolo Valerio con videoproiezione delle immagini originali del testo di Buzzati.
Nuova produzione 2012 del Teatro Stabile di Verona.
Per info 028323126 – biglietteria@teatrolibero.it
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