Non serve più fare coming out nel 2014. O nel 2017. O nel 2020. Questo hanno pensato o pensano tuttora certe persone. Lo stesso pensiero è passato anche a Nicoz Balboa, tattoo artist e fumettista queer, come ci mostra nel suo ultimo lavoro Play With Fire, edito nel 2020 da Oblomov Edizioni per la collana Crumb. Tuttavia, raramente la realtà è così scontata.
Il nuovo fumetto di Balboa si pone perfettamente sulla scia di altre sue opere, come MOMeskine (disegni della sua vita da genitore presi su una Moleskine), le mostre personali Drawing my Life Ruined my Life per l’edizione 2019 del festival Bilbolbul e Nicoz Balboa Goes Porn alla Eight Of Swords gallery di New York, e il precedente fumetto Born to Lose, edito da Coconino Press nel 2017.
Il suo percorso è piuttosto eclettico: passa dal tatuaggio all’illustrazione fino al fumetto e le mostre, eppure mantiene sempre uno stile inconfondibile, che mescola il racconto autobiografico con riflessioni di più ampio respiro, il divertimento con il pensiero critico, la sbrigatività del tratto con un forte interesse del dettaglio.
Come Born to Lose, Play With fire è un graphic journal che ripercorre alcune sue esperienze personali tra il 2014 e il 2017, pur non mancando diversi flashback. Il focus di questo fumetto è il suo percorso di coming out interiore: un percorso non semplice né tanto meno lineare, che da madre etero single la porta prima a scoprire l’attrazione per le donne e poi ad approcciarsi a una visione della propria identità più queer, che vada cioè oltre i modelli di una società dominata dalla binarietà di genere e dall’eteronormatività e le permetta di sperimentare con se stess* e il suo corpo.
A prima vista, può sembrare l’ennesima storia di coming out, a cui da tempo il pubblico si è abituato grazie ai tanti libri, fumetti, film, serie TV e testi di canzoni in circolazione sul tema. Tuttavia, se l’argomento è diventato diffuso, ciò non vuol dire che si possa dire esaurito del tutto. Balboa ce lo dimostra perfettamente con la sua storia personale. Il processo di scoperta di sé non è un semplice passare da una fase 1 a una fase 2 – che sia scoprire il proprio orientamento sessuale (gay, lesbica, bi, pan ecc.), la propria identità genere (maschile, femminile, non binaria, fluida ecc.) o altro. È più un aggiungere un tassello di volta in volta nel puzzle della propria persona, un puzzle che però è potenzialmente infinito.
La narrazione e lo stile di disegno utilizzati da Balboa sono più che congeniali a veicolare questo senso di infinita ricerca. Di primo acchito, la lettura può risultare problematica: le tavole non sono divise in classiche vignette quadrate o rettangolari, ma le varie sezioni narrative si accavallano le une sull’altre, in alcuni casi destabilizzando di molto il normale flusso di lettura. Il disegno è veloce, quasi schizzato via in fretta e furia, poche semplici linee per rendere immediate le figure, gli oggetti, gli eventi e i pensieri che vuole veicolare. I personaggi sono nella maggior parte dei casi ritratti in modo abbozzato, eppure si distinguono gli uni dagli altri grazie a un buon connubio di caratterizzazione e sintesi.
Tuttavia, quando Balboa vuole enfatizzare un determinato momento o climax narrativo-emotivo, alcune tavole vengono riempite da ampie illustrazioni piene di dettagli minuziosi, soprattutto quando si tratta di rappresentare il corpo della protagonista, al centro dell’intero fumetto. Uno stile, quindi, che oscilla tra lo sketch quasi infantile e un’attenzione insistita al minimo particolare, con effetti spesso grotteschi. I colori acquarellati non seguono palette predefinite ma cambiano continuamente, a seconda della situazione e delle emozioni del momento. In altri punti, invece, a dominare è più lo scritto, con fitti muri di testo pieno di cancellature, correzioni e commenti.
Più si va avanti con la lettura, più si entra nel meccanismo di quello che è a tutti gli effetti un diario a fumetti: l’artista sembra aver appuntato alla svelta quello che le accadeva di volta in volta, cercando di stare dietro ai continui cambiamenti della sua vita, alle riflessioni e turbamenti che ne conseguivano. Il titolo rimanda al fuoco, metafora dell’ardore cocente nel far fronte a così diversi stimoli, possibilità e trasformazioni, ma non è l’unico elemento a dominare Play With Fire. C’è anche l’acqua, il suo contraltare, che invece simboleggia la fluidità stessa delle cose (panta rei, “tutto scorre”, diceva del resto Eraclito) e il cambiamento imprevedibile che una persona vive dentro di sé. Quello tra fuoco e acqua è sia un conflitto costante sia un connubio necessario, come fossero l’uno la conseguenza dell’altro. Scoprire nuovi lati di sé, come ci mostra Balboa, può essere difficile, se non addirittura doloroso, ma allo stesso tempo ciò che viene fuori da quella sofferenza può essere l’inizio di qualcosa di nuovo, più appagante e vitale.
Play With Fire è un fumetto che si pone nel solco del percorso artistico intrapreso da Balboa fin dagli esordi, con un approccio divertente, ironico, a tratti leggero, ma allo stesso tempo crudo, incisivo e amaro. Un fumetto difficile, complesso, eppure in grado di suonare le nostre corde più intime e nascoste e lanciare un inaspettato messaggio di speranza. Un fumetto necessario, per chi ha bisogno di capirsi e per chi magari non sa che una persona non è sempre quello che è, ma è in continuo divenire.
Abbiamo parlato di:
Play With Fire
Nicoz Balboa
Oblomov Edizioni, 2020
224 pagine, brossura, colori – 20,00 €
ISBN: 9788885621992