PKNE: Alla conquista del multiverso

PKNE: Alla conquista del multiverso

Con la nuova saga pikappica, “L’orizzonte degli eventi”, Francesco Artibani e Lorenzo Pastrovicchio creano e distruggono l’impero cosmico di Corona, impegnato ad aprire la conquista del multiverso.

L’orizzonte degli eventi può essere considerato come un vero e proprio spartiacque per lo sviluppo del PKNE: la qualità della storia, la cura che gli autori hanno profuso nella sua realizzazione e la ristampa temporalmente così ravvicinata alla sua prima pubblicazione denotano una particolare attenzione al “marchio” che si spera riesca a raggiungere presto una sua indipendenza editoriale da Topolino.

Nel seguito di questo articolo andremo a esaminare alcuni aspetti della saga ideata da Francesco Artibani e Lorenzo Pastrovicchio, esaminando anche alcuni degli aspetti scientifici più interessanti ed esotici.

La stella nera

Nel 1783, in una lettera inviata a John Cavendish e successivamente pubblicata in forma di articolo nel 1784 dalla Royal Society, il geologo, fisico e astronomo John Michell ipotizzava l’esistenza di una stella scura (o stella nera) che aveva delle caratteristiche inusuali per l’epoca: la sua massa e la sua densità erano tali per cui la velocità di fuga, ovvero la velocità necessaria per abbandonare la superficie di un corpo celeste, risultava superiore a quella della luce.
Un’idea simile venne espressa anche dall’astronomo e matematico francese Pierre Laplace nel 1796 nel suo famoso Exposition du Systeme du Monde:

Un astro luminoso, della stessa densità della Terra, e il cui diametro sia 250 volte quello del Sole, non permetterebbe, a causa della sua attrazione, ad alcuno dei suoi raggi di giungere fino a noi; è pertanto possibile che i più grandi corpi luminosi dell’universo possano, a causa di ciò, essere invisibili
Pierre-Simon Laplace – via commons

Sin dal 1600, infatti, si riteneva la luce costituita da corpuscoli, concettualmente simili ai più moderni fotoni, e quindi soggetta alla gravità, mentre le osservazioni gioviane di Giovanni Cassini e del danese Ole Rømer, che per un breve periodo fu assistente di Cassini, indicavano che la velocità della luce dovesse essere finita. Quindi non deve stupirci che l’esistenza di un corpo celeste molto simile ai moderni buchi neri sia nata sin dalla seconda metà del 17001.

Per raffinare e arrivare all’idea moderna di una singolarità in grado di “strappare” lo spaziotempo in modo tanto forte e violento da impedire persino alla luce di sfuggire sarebbe stata necessaria la teoria della relatività di Albert Einstein, e le soluzioni particolari trovate successivamente da Karl Schwarzschild nel 1916 e da David Finkelstein nel 1958. In particolare fu quest’ultimo a introdurre il concetto di orizzonte degli eventi, la superficie che circonda il buco nero superata la quale è impossibile sfuggire alla sua attrazione gravitazionale.

Utilizzando questo concetto fisico così affascinante come titolo e filo conduttore filosofico della storia, ecco arrivare su Topolino il nuovo episodio del PKNE, L’orizzonte degli eventi, pubblicato in cinque puntate sui numeri 3250-3254 (e successivamente ristampato in un cartonato di lusso). A realizzare questa nuova avventura cosmica ritroviamo la coppia Francesco Artibani e Lorenzo Pastrovicchio.

Un breve riassunto

Nel corso della lunga saga iniziata nel marzo del 1996 con il numero 0 di PKNA, il pianeta Corona ha iniziato a rivestire una certa importanza solo con PK2, quando vennero rivelate le origini extraterrestri di Everett Ducklair. Lo scienziato e imprenditore, con una caratterizzazione molto vicina a quella di Tony Stark, era fuggito da Corona per allontanare le figlie dalla cattiva influenza della moglie e più in generale del pianeta, un matriarcato con una struttura sociale estremamente rigida e controllata. Nel corso della serie, i vari sceneggiatori2 hanno caratterizzato le figlie di Ducklair come folli megalomani: le due ragazze avevano infatti in progetto di prendere il controllo della Terra per trasformarla in una nuova Corona.
In questo senso L‘orizzonte degli eventi è al tempo stesso l’evoluzione e la conclusione più ovvia di quel piano originario, modificato con un obiettivo più ambizioso: il multiverso.

Korinna, Juniper, io sono vostro padre

La nuova storia si caratterizza per alcuni elementi interessanti: innanzitutto è un’avventura corale dove, tra “buoni” e “cattivi”, recitano almeno una decina di personaggi di un certo peso. Oltre a Paperinik, sono infatti presenti il Razziatore, Uno e il Custode, Everett Ducklair e le figlie Korinna e Juniper, Moldrock e, sebbene in misura minore, Corba, prima telepate sul pianeta Corona. Il pianeta alieno costituisce, infatti, l’ambientazione principale de L’orizzonte degli eventi che porta Everett Ducklair, Paperinik e Razziatore a sfidare un intero impero spaziale in nascita, quello che Juniper vorrebbe mettere nelle mani della sorella Korinna.

In questo senso le dinamiche familiari, il soggetto della storia e l’estetica utilizzata hanno un forte richiamo alla saga di Guerre stellari ideata da George Lucas: Ducklair ricorda un cavaliere Jedi, la figlia Juniper il letale Darth Vader, mentre Korinna una delle tante principesse che si sono alternate nel corso della saga. Questo triangolo, che assume un ruolo centrale nel terzo episodio, si trasforma con il quarto e il quinto in una sfida psicologica tra Everett e Korinna: Artibani, però, è stato abile nel riuscire a rendere fluido e dinamico un rapporto – che altrimenti avrebbe rischiato di monopolizzare e appesantire la narrazione – all’interno di una più generale ottima gestione dei personaggi.

D’altra parte la caratterizzazione di Juniper è emblematica della difficoltà di una storia così complessa, che pur avendo avuto a disposizione un capitolo in più rispetto agli usuali quattro, avrebbe meritato un respiro ancora più ampio. La figlia di Ducklair, infatti, viene caratterizzata come una fascista sadica e assetata di potere: tale caratterizzazione, però, non è spinta alle estreme conseguenze, evidentemente a causa della pubblicazione su Topolino. Il lettore più smaliziato, infatti, riesce a intuire come Juniper in qualche modo torturi Moldrock e voglia utilizzarlo per aprire le porte del multiverso alla sorella Korinna non per una reale necessità, ma per il sadico gusto di vedere il vecchio generale di Corona soffrire un dolore immane.

Per portare a compimento il suo piano, Juniper assegna a Moldrock un ruolo centrale, utilizzandolo quasi come un circuito elettrico all’interno della gigantesca stazione spaziale Ultima, variazione sul tema della Morte Nera. Per giustificare il suo ruolo in luogo dei supercomputer coroniani, afferma che utilizzare questi ultimi avrebbe portato a un margine d’errore maggiore, affermazione evidentemente errata se consideriamo la presenza del Custode, ma che è giustificata solo supponendo quella componente di sadismo, mai veramente manifesta, nel carattere di Juniper cui si accennava poc’anzi.
Questo scambio di battute, inoltre, sembra un modo per lo sceneggiatore di proporre, per quanto superficialmente, la dinamica tra potere politico e militare: per mantenere una certa libertà decisionale ben superiore rispetto a quella compatibile con una struttura sociale democratica, quest’ultimo gioca sull’ignoranza del primo. Nel caso specifico, Juniper trae vantaggio dal fatto che Korinna ignora le capacità di calcolo dei computer quantistici a disposizione di Corona.

La scienza di Corona

Possiamo essere abbastanza certi che gli autori avessero in mente i computer quantistici durante la realizzazione della storia non solo per la complessità delle intelligenze artificiali presenti, Uno e il Custode, ma anche per l’esplicito riferimento presente nel secondo episodio a un motore spaziale quantistico, che non sarebbe comunque concepibile senza computer dello stesso genere.
Proprio nel viaggio di Everett Ducklair e compagni verso Corona è presente una piccola titubanza scientifica: l’ultimo tratto di 12 parsec, poco meno di 40 anni luce, verso il pianeta di Everett sarebbe stato percorso dall’astronave dello scienziato sfruttando i venti solari, ovvero flussi di particelle al più veloci quanto la luce e quindi con un viaggio di 40 anni, nella sua versione più ottimistica. Le stesse spiegazioni fornite da Ducklair o i problemi fisici rilevati da Paperinik dovuti ai salti quantici non giustificano questa inesattezza, che comunque non inficia la qualità generale dell’episodio (il secondo) e della saga nel suo complesso.

Tra l’altro Artibani, molto più che negli episodi precedenti del PKNE, gioca con i concetti scientifici con particolare libertà, sfruttando da un lato le generiche scarse conoscenze dei lettori e dall’altro le ancora non complete conoscenze astronomiche a nostra disposizione. Elemento centrale della storia, infatti, è la materia oscura.

La parte più oscura dell’universo

Distribuzione ipotetica di materia ed energia oscure – dalla Millennium simulation

L’idea che nell’universo siano presenti corpi celesti scuri venne espressa per la prima volta da Lord Kelvin nel 1884 che stimò come la maggior parte delle stelle che costituiscono la Via Lattea siano scure e quindi invisibili agli occhi. Il termine di “materia oscura” venne però coniato nel 1906 da Henri Poincaré in un commento al lavoro di Lord Kelvin, mentre il primo a suggerire l’esistenza di tale materia a partire da misure astronomiche fu Jacobus Kapteyn nel 1922. Le successive osservazioni di Jan Oort (1932) e Fritz Zwicky (1933) fornirono ulteriori dati a supporto dell’esistenza di materia oscura nell’universo fino alle prime, robuste osservazioni di Horace Babcock sulla nebulosa di Andromeda (1939).
Oggi sappiamo che all’incirca il 25% dell’universo è costituito da materia oscura, mentre circa il 70% da energia oscura: non abbiamo nessuna idea sulla natura queste due forme di materia/energia, e questo le rende perfette per entrare nelle opere di fantascienza della nostra epoca. Così il raggio nero di Moldrock è legato alla materia oscura e quest’ultima alla possibilità di viaggiare all’interno del multiverso, anche questa ipotesi scientifica non ancora verificata.

La maggiore conoscenza della scienza coroniana su tale argomento rispetto a quella terrestre diventa allora un ottimo elemento per caratterizzare una società superiore rispetto a quella del pianeta Terra. Tale superiorità viene ulteriormente sottolineata dalle due principali intelligenze artificiali presenti sul pianeta, Uno e il Custode.

Sfida d’intelligenza

Questi due supercomputer presentano, però, anche delle profonde differenze, che vengono enfatizzate dal loro confronto che, sviluppatosi nell’arco dei cinque episodi, raggiunge il suo massimo livello nella drammatica sfida posta al centro della quinta puntata.
Il Custode, sulla Terra noto come Solomon Hicks, a differenza di Uno è bloccato nella sua programmazione, modificata da Korinna e Juniper per prendere ordini da queste ultime. La vera differenza con Uno è allora nella capacità di quest’ultimo di superare la sua stessa programmazione, imparare e scegliere in maniera indipendente dalle istruzioni iniziali del suo sistema operativo. La crescita del Custode diventa, così, l’acquisizione dell’autocoscienza e dell’indipendenza di pensiero che porterà l’IA a schierarsi nella parte conclusiva de L’orizzonte degli eventi con il suo creatore e i suoi compagni.

Quel vestito stretto

Altrettanto fondamentale alla buona riuscita della storia è il contributo di Lorenzo Pastrovicchio, che proseguendo nello sviluppo del suo già maturo stile, in questo episodio mostra nuovi miglioramenti.

La costruzione della tavola, ormai consolidata su una struttura supereroistica, esplode in splash page d’effetto, spesso doppie, che permettono di apprezzare le illustrazioni dal respiro cosmico del disegnatore, sebbene punta di diamante de L’orizzonte degli eventi è il momento in cui Paperinik affronta Moldrock. Non è solo il compimento dell’attesa di vedere in azione l’eroe, per quasi tutto l’episodio oggettivamente poco utile, ma anche la perfetta sintesi del lavoro sinergico con Max Monteduro ai colori: la scelta della palette e degli effetti speciali risulta particolarmente efficace, pur se tutto L’orizzonte degli eventi evidenzia una particolare attenzione su questo importante aspetto estetico.

Pastrovicchio, inoltre, sembra mostrare anche la capacità di assimilare le lezioni stilistiche dei suoi colleghi: in alcune scene, infatti, la composizione delle ombre e delle silouette ricorda molto da vicino Fabio Celoni, che insieme con Paolo Mottura è uno dei disegnatori più d’atmosfera tra gli usuali collaboratori di Topolino.

Alcune scene, invece, sono evidentemente ispirate per ideazione e costruzione alle già citate Guerre stellari o al mondo supereroistico: oltre al confronto tra Paperinik e Moldrock ne è emblematico esempio la sfida tra Uno e il Custode, che ricorda una classica sfida tra una Lanterna Verde e una Lanterna Gialla. Lo studio sui costumi coroniani, invece, è chiaramente di ispirazione lucasiana tanto quanto la stazione spaziale Ultima.

Questa evidente ricerca dell’effetto scenico da parte di Pastrovicchio unita alla maggiore complessità de L’orizzonte degli eventi rende sempre più evidente come la collocazione su Topolino stia diventando “stretta” per le saghe pikappiche. Mentre da un lato una pubblicazione su un albo di più grande formato, come il PK Giant, permetterebbe di apprezzare meglio i disegni degli artisti coinvolti, una collocazione distaccata dal settimanale permetterebbe agli sceneggiatori da un lato di non dover limare le caratterizzazioni dei personaggi per adattarle al pubblico generalista di Topolino e dall’altro di poter sviluppare con maggiore completezza ciascun episodio.

Abbiamo parlato di:
PK – L’orizzonte degli eventi
Francesco Artibani, Lorenzo Pastrovicchio, Max Monteduro
Panini Comics, maggio 2018
176 pagine, cartonato, colori – 17,00 €


  1. Per saperne di più:
    Schaffer, S. (1979). John Mitchell and Black Holes. Journal for the History of Astronomy, 10, 42. doi:10.1177/002182867901000104
    Montgomery, C., Orchiston, W., & Whittingham, I. (2009). Michell, Laplace and the origin of the black hole concept. Journal of Astronomical History and Heritage, 12, 90-96. 

  2. È curioso osservare come nessuna delle storie con riferimenti espliciti al pianeta Corona porti la firma di Francesco Artibani. 

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