Così come in qualsiasi altra parte del mondo, anche in Cina la nascita e la diffusione del “fumetto” sono fenomeni difficili da circoscrivere e definire con esattezza, poiché frutto di ibridazioni e necessità comunicative in adattamento a specifiche circostanze storiche e socio-culturali. Anche se non possiamo imbarcarci nella titanica impresa di definire cosa sia il fumetto in assoluto, possiamo, in via preliminare, tirare una linea di confine, per quanto porosa e osmotica, tra linguaggi diversi, tenendo in considerazione specificità culturali e qualche qui pro quo. In poche parole, cercheremo di capire di cosa parliamo quando parliamo di fumetto cinese.
La prima cosa che va chiarita è che il fumetto cinese non ha nulla a che vedere con il fumetto giapponese, il famoso manga. Il fumetto cinese classico, tradizionale, si chiama lianhuanhua 连环画 (immagini 画 concatenate 连环) (fig. 1), e non assomiglia per nulla al manga. Ha origini molto antiche e una storia moderna particolarmente interessante, legata alle Guerre dell’oppio e allo status di semi-colonia di molte importanti città cinesi, alla caduta dell’impero e alla creazione di una cultura commerciale urbana, alla propaganda di Mao Zedong e alla passione per la copia dimostrata all’apertura commerciale degli anni Ottanta.
Fig. 1 Il distaccamento femminile rosso, tra i più famosi lianhuanhua di epoca maoista.
Quindi no, fumetto giapponese e fumetto cinese non sono la stessa cosa dal punto di vista genealogico. Tuttavia, bisogna essere sinceri e ammettere che, specialmente in epoca recente, i legami tra i due sono molto stretti. Un occhio attento alla produzione contemporanea infatti avrà di certo notato una netta somiglianza tra il manga e la produzione fumettistica mainstream cinese (fig.2), somiglianza che giustifica confusione e curiosità.
fig. 2 Zhang Xiaobai, maestra del nuovo fumetto cinese (xin manhua).
Questo “nuovo fumetto cinese” che fa capolino alla fine del XX secolo è evidentemente influenzato dalla produzione nipponica e, per questo ed altri motivi che indagheremo, non può essere ricollegato con l’antenato tradizionale, il lianhuanhua. Ci troviamo qui al cospetto di un altro genere, il xin manhua 新漫画 (nuovo manhua). Ma che significa manhua? Quando è nato, quest’altro genere, dato che negli anni Duemila si parla di “nuovo” manhua? E inoltre, si tratta di una mera copia del manga giapponese o ha delle sue caratteristiche peculiari? E che fine fa il lianhuanhua dopo il boom maoista? Ci sono altri generi, altri linguaggi sul mercato cinese, attualmente? Proveremo a rispondere a queste e ad altre domande nella serie di interventi che seguirà.
Ad oggi in Italia, purtroppo, l’interesse verso il fumetto cinese è molto scarso. Nonostante i tentativi di case editrici quali Coconino e Canicola, qualche anno fa, e Oblomov, Add Editore e Bao Publishing, più di recente, si conosce molto poco delle articolazioni e vicissitudini storiche di questo linguaggio in Cina (e gran parte delle pubblicazioni più recenti sono di opere mai pubblicate in Cina).
La serie si propone dunque di divulgare con leggerezza alcune informazioni che si reputano interessanti per lettori di fumetto italiani e per amanti della cultura cinese che spero si avvicinino così anche a questo aspetto della millenaria cultura del gigante asiatico.
Le “pillole” del titolo non rimandano solamente alla brevità degli interventi. La scelta rimanda anche, ironicamente, alle famose pillole dell’ immortalità, parte integrante della pratica religiosa taoista e umile omaggio al maestro Magnus, che con il suo fumetto Le 110 pillole ha introdotto agli amanti italiani del fumetto il più famoso romanzo erotico della storia della letteratura cinese.
È arrivato dunque il momento di cominciare, partendo proprio da quando tutto è iniziato, ossia dall’invenzione della stampa, una delle “quattro grandi invenzioni cinesi”.
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