Pikappa chi sei? (seconda parte)

Pikappa chi sei? (seconda parte)

Proseguiamo la rilettura critica di Paperinik/Pikappa, analizzando i meriti della factory autoriale che ha alimentato le tre serie del personaggio.

Proseguiamo la rilettura critica di Paperinik/Pikappa iniziata nel precedente articolo,  in occasione della conclusione della ristampa di Disney Italia/Gruppo RCS. Parleremo stavolta dei meriti “filologici” dell’iniziativa editoriale e della factory autoriale che ha alimentato le tre serie del personaggio.  

La caduta del cavaliere oscuro

Il successo di PK e il suo apprezzamento pressoché unanime non poteva durare in eterno e, da un certo punto in poi, la serie ha incominciato ad avere il fiato corto, con un evidente calo di popolarità.
Le prime avvisaglie di questo declino si possono trovare già negli ultimi dieci numeri della prima serie, quando il PK Team intravedendo forse l’inizio di una parabola discendente, aveva iniziato a chiudere con tutta calma alcune sottotrame in vista di qualcosa di nuovo, che potesse rinnovare e riportare quindi interesse sulla testata.

Ma il problema, invece di risolversi, finì con l’acuirsi. PKNA aveva creato un legame particolare e profondo con il proprio pubblico, anzi si era creato il proprio pubblico. Solo che, con il tempo, questo feeling diventò quasi un guinzaglio creativo, PKNA finiva per essere un prodotto a misura di un certo pubblico, di una certa community. Gli autori, alla fine, rimasero imprigionati nelle stesse trappole narrative predisposte per i lettori, vincolati alla necessità di giocare sempre con le attese del pubblico, spiazzandole o blandendole conoscendone benissimo gli umori.

L’arrivo di PK², seconda serie ed evoluzione di PKNA, cambiò le carte in tavola in modo troppo brutale agli occhi di quei fan che vedevano in Uno, Evroniani e viaggi nel tempo delle costanti che non potevano venire disattese di punto in bianco. PK² volle osare come e più della prima serie, puntando così in alto quanto a tematiche e variazioni d’intreccio della trama, che il cambio di setting e tenore finì per spiazzare il pubblico e il progetto ebbe vita breve.

Per restare a galla, dunque, il PK Team decise di fare un passo indietro, anzi due: attraverso un reboot, pratica non così comune nel fumetto italiano, la terza serie riportava Pikappa nelle ambientazioni presenti nella prima serie ma abbassando il target di riferimento e di conseguenza semplificando molto il tono delle storie, che finivano spesso per ricordare situazioni già viste adattate in modo meno incisivo e più semplicistico. La maggior parte dei lettori di vecchia data si sentirono traditi, e in alcuni casi sembrava che gli stessi autori non sapessero bene in che porto condurre la nave, tanto che la raffazzonata storia finale appare quasi come un riconoscimento dei propri errori.

Ormai PK era un fumetto molto diverso da quello degli anni ’90. Più che di evoluzione molti parlano di involuzione generale, che coincise temporalmente con il  periodo in cui anche la qualità delle storie classiche di “Topolino” era diminuita. PK pareva aver dato tutto quello che poteva, ed ora era pronto a cedere il passo a qualcos’altro. Ma nessun altro progetto similare ottenne il successo e la qualità delle Paperinik New Adventures.

 

Le ristampe di PK

Il merito di aver deciso di ristampare PK si trova in almeno due considerazioni.

Innanzitutto, è bene ricordare che PK non aveva avuto prima d’ora una ristampa degna di questo nome: esclusa la serie di spillati originali, infatti, non c’era modo omogeneo e/o ordinato di recuperare le storie che compongono la testata.

Negli anni ci sono stati volumi “one-shot” che raccoglievano storie in maniera randomica, a questo proposito si può ricordare l’Oscar Mondadori I Viaggiatori del Tempo oppure il volume Disney Libri Strettamente Riservato. Progetti più curati sono invece PK One e PK Two (due volumoni che raccolgono rispettivamente i 3 Numeri Zero e la Trilogia di Xadhoom nel formato originale in cui vengono realizzate le tavole di un fumetto) e i PK Memories, una serie di volumi cartonati dedicati ciascuno ad un personaggio diverso della saga. Eleganti, da collezione e con un discreto apparato editoriale, ma sinceramente aggiungevano poco a quella che poteva essere la conoscenza del PK-Universe, senza contare che costituivano solo un best of.

Il primo vero tentativo di ristampa ragionata fu fatto con un’iniziativa editoriale allegata ai quotidiani e periodici del Gruppo L’Espresso, che nel 2007 realizzò la PK Ultimate Collection. Il problema stava nel fatto che tale collana, che fra l’altro perse per strada una storia di PKNA, non ristampava le storie nell’ordine originario di pubblicazione, bensì in una pretestuosa suddivisione tematica che oltre ad essere filologicamente errata creava non pochi problemi di comprensione in una serie caratterizzata da una certa continuità.

Inoltre, tutte queste proposte riguardavano solo la prima serie, PKNA, mentre fino ad oggi PK2 non aveva ancora ricevuto ristampe e la terza serie aveva visto una riproposta in formato compresso in coda agli ultimi numeri del mensile Paperinik Cult, dedicato alle avventure classiche di Paperinik.

Per questi motivi un’iniziativa come quella del Corriere della Sera, che riporta in edicola in modo ordinato la serie, è un traguardo importante.

PK Il Mito

Il merito per questa operazione non si ferma alla necessità di una riproposta della saga: come già in altri allegati a fumetti degli ultimi anni, anche PK – Il Mito gode di una edizione lussuosa e di tutto rispetto, che dimostra se ce ne fosse ancora bisogno che le analisi sulle storie e sui temi affrontati in esse, le indagini sulle intenzioni e gli studi degli autori, i dietro le quinte sulla riunioni di redazione e sui progetti e le ispirazioni della serie e in sostanza gli articoli critici che dissertano su PK sono interessanti e utili quanto quelli che accompagnavano le riedizioni del corpus narrativo dei giganti del fumetto Disney.

Anche nell’epoca di internet, dei forum, del chiacchiericcio del web che consente di sapere cose impossibili da conoscere ai lettori di fumetti di soli 10 anni fa, ci sono molti dettagli mai svelati sulla realizzazione delle tre serie di PK, sugli avvicendamenti degli autori, sulle spinte creative che portarono a determinati passaggi narrativi… Ottimo quindi che questa ristampa sia stata l’occasione per andare a curiosare nei cassetti della redazione per tirare fuori succosi dietro le quinte e interessante retroscena.

Scritti e realizzati da Davide Catenacci, i testi dei redazionali che fanno da corollario alle storie contengono sempre informazioni o considerazioni di grande interesse, dalle quali da una parte emerge l’affetto verso questa realtà editoriale ormai chiusa da un pezzo, e dall’altra la volontà di farla rivivere in differita sia a chi in quella fine degli anni ’90 c’era, sia a chi invece legge per la prima volta queste avventure, attraverso un contorno di notizie e dati capaci di stuzzicare l’interesse del lettore.

Innanzitutto troviamo lodevole il modo in cui vengono anticipati i contenuti di ogni volume e di quello successivo nelle alette delle copertina: scritti in tono ermetico ed affascinante, si avvicinano agli editoriali introduttivi di PK2 e rispecchiano ottimamente la componente seria di PK.

Ogni volume poi si apre con un’introduzione a quello che si troverà all’interno: queste due facciate consentono di ambientare il lettore, prepararlo a quello che si troverà a leggere e in alcune occasioni consente anche di infilare piccoli contenuti che non hanno trovato spazio negli articoli, come bozzetti di copertine scartati o pubblicazione di parti delle rubriche originali.

Per quanto riguarda invece gli articoli veri e propri, si spazia tra molti temi affrontati: dalla pubblicazione del soggetto originale di una avventura alle prove realizzate da alcuni disegnatori Disney per essere mostrate al PK Team che deciderà se affidar loro i disegni di una storia, dalla descrizione minuziosa della costruzione narrativa e grafica di una vignetta alla spiegazione di come sono stati inventati i numerosi gadget di Pikappa, dal confronto di una stessa tavola disegnata da artisti diversi alle inedite informazioni rispetto al progetto (poi abortito) di realizzare un gioco di carte di PK stile “Magic the Gatering”, dall’approfondimento dello stile sarcastico di certe rubriche e alle schede allegate ad ogni volume, che collezionate all’interno dell’apposito quaderno ad anelli consentiranno di ottenere una sorta di “bibbia” della serie.

La voce dei protagonisti

Basterebbero tutti questi argomenti, debitamente sviscerati, a rendere valida e di qualità questa ristampa, ma a nostro parere il fiore all’occhiello dell’operazione risiede nelle intervista: quasi ogni numero contiene infatti un’intervista di 5-6 pagine fatta a uno sceneggiatore, un disegnatore o un redattore che hanno collaborato al progetto PK dalla fine di quei gloriosi anni ’90 in poi.

Queste interviste, ancor più degli articoli, sono state in grado finora di far emergere tante informazioni interessanti, tanti dietro le quinte simpatici ed inaspettati: la marcia in più che offre questo strumento si può rintracciare nella componente umana delle risposte che vengono date alle domande, dal momento che un autore che ricorda quel periodo infarcirà inevitabilmente la risposta  con aneddoti personali che arricchiscono il testo e lo rendono di spessore, perché numerosi sono i soggetti interpellati che ricordano con nostalgia e orgoglio il proprio lavoro su PK, evidenziandone anche le ingenuità dovute all’inesperienza, ma in sostanza valorizzando quello che è stato un esperimento importante sia a livello generale, che personale e professionale per la quasi totalità degli artisti che ci hanno lavorato. Le domande vertono su un canovaccio simile per tutti gli intervistati, al netto di alcuni temi specifici che riguardano l’autore di turno, ma lo spettro di variazione di sentimenti e notizie che si può percepire in queste interviste è decisamente ampio ed è uno dei pregi maggiori di questa iniziativa editoriale.

PK e il Rinascimento Disneyano

PK ha avuto una potenza inaspettata ed imprevedibile, 16 anni fa. Eppure, la forza della novità unita alla qualità ed alla voglia di fare ha permesso che la testata si affermasse fino a diventare un punto di riferimento impossibile da ignorare nel realizzare storie Disney. E non solo, se si pensa che grazie al successo di PK è nato qualche anno dopo Witch, successo mondiale che ha poi dato il via ad un certo modo di intendere e realizzare il fumetto in Europa, sia come formato, che come stile narrativo che come linea grafica, con l’affermarsi dello stile “euromanga” di cui Alessandro Barbucci è uno dei capostipiti, quel Barbucci che ha avuto modo di farsi le ossa proprio su PK negli anni precedenti.

Bisogna anche ricordare che Pikappa si inserisce, nella seconda metà degli anni Novanta, in un momento felice del fumetto Disney che, dopo una fase di stanca, ritrova in quegli anni una grande vivacità espressiva, grazie anche all’affermazione di nuovi autori.  Da un lato scrittori come Tito Faraci, Francesco Artibani, Alessandro Sisti, Gianfranco Cordara, Bruno Enna, dall’altro disegnatori come il già citato Barbucci, Claudio Sciarrone, Corrado Mastantuono, Paolo Mottura, Fabio Celoni e Silvia Ziche (capace di ricoprire con qualità entrambi i ruoli) dimostrano – con la qualità delle loro storie – che, finalmente, c’è una nuova generazione di autori pronta a raccogliere l’eredità dei grandi nomi storici della Scuola Disney. E se si è soliti parlare oltreoceano di “Rinascimento americano” per cartoonist quali Frank Miller, Alan Moore e Neil Gaiman, che hanno contribuito a far risorgere gli universi narrativi della Marvel e della DC, ci sembra arrivato il tempo di riconoscere che in Italia abbiamo avuto un “Rinascimento Disneyano”, altrettanto felice a livello creativo.

Il termine “rinascita” non deve ovviamente far perdere di vista che, come abbiamo visto, le ragioni del successo di PK vanno individuate nella capacità degli autori di rielaborare in maniera consapevole l’intero patrimonio storico del personaggio. Proprio un progetto così innovativo  ma anche profondamente radicato nell’alveo del fumetto Disney italiano, ci offre una riprova di quali enormi meriti culturali possa vantare quella scuola autoriale che ha fatto e fa ancora oggi la fortuna fumettistica internazionale di Paperi e Topi.

Di tutti gli autori sopra citati che hanno lavorato su PK, val forse la pena ricordare con particolare attenzione almeno due sceneggiatori e due disegnatori, che hanno lasciato il segno in maniera particolare sulla testata.

Per quanto riguarda la prima categoria, Tito Faraci e Francesco Artibani rappresentano sicuramente quel tipo di sceneggiatura che sapeva osare, consapevole delle nuove possibilità che l’universo narrativo di PK offriva e pronta a sfruttarle appieno, senza rinunciare però alle radici disneyane. In sostanza il loro è il Pikappa più maturo: un supereroe irresistibilmente ironico ma comunque dotato di uno spessore e di una credibilità narrativa tridimensionali. Trauma offre un ottimo compendio del lavoro di Faraci, mentre Carpe Diem ben rappresenta le caratteristiche di scrittura di Artibani.

Sul fronte grafico, due dei disegnatori più incisivi sulle tavole di PK sono sicuramente Claudio Sciarrone e Lorenzo Pastrovicchio. Il primo sfoggia uno stile moderno, accattivante, dalle linee veloci ed eleganti che, nel caso di PKNA, rendevano ogni personaggio, papero o cane antropomorfo che fosse, un capolavoro di espressività. Il secondo è dotato di uno stile più “gotico”, elegante e versatile, abile da un lato nell’affascinarci con un cupo Paperinik e con una burtoniana Paperopoli-Gotham, dall’altro di restituire degli ottimi scenari spaziali.

Sono solo quattro esempi della qualità dei cartoonist impegnati su PK, un manipolo di autori brillanti che, ognuno con la propria sensibilità e caratteristiche, ha saputo trarre il meglio da una situazione così stimolante.

La riedizione della saga completa, oggi, è la testimonianza definitiva del valore storico e artistico di quest’opera, ma è anche la dimostrazione di come queste avventure non siano invecchiate di un giorno e abbiano conservato intatto il loro fascino ed il loro significato: se il rischio più grande delle opere di fantascienza o che fanno particolare sfoggio di elementi tecnologici è quello di risultare terribilmente datate pochi anni dopo, PK aggira facilmente l’ostacolo puntando prima di tutto sulla forza di storie universali e profonde, che utilizzavano la tecnologia come mezzo per parlare di altro, da personaggi umani e sfaccettati a tematiche di grande rilievo. E così facendo quegli autori hanno consegnato questa saga alla storia del fumetto.

Abbiamo parlato di:
PK – Il Mito
AA.VV.
Disney Italia-RCS, 2012
Serie di 36 volumi allegati settimanalmente a “Corriere della Sera” e “Gazzetta dello Sport”
255 pagine per volume, brossurato, colore – 9,90€ cadauno

 

Bibliografia critica (minima) sul personaggio di Paperinik/PK

Luca Boschi, “Chi è Paperinik?” introduzione a Paperinik – I Classici Del Fumetto Di Repubblica n°31, 2003,  Panini Comics
Luca Boschi, “Parodie diabolike” in AAVV, La Diabolika Astorina 50 Anni Con Il Re Del Terrore, 2012, Comicon
Carlo Chendi e Sergio Badino (A cura di), Da Paperinik a PK. Viaggio fra i supereroi Disney, 1999, Tunué

3 Commenti

1 Commento

  1. Umberto Biscotti

    18 Ottobre 2012 a 12:17

    Ottima anche la seconda parte… Evviva PK!

  2. Giorgio

    19 Ottobre 2012 a 18:26

    A dover scegliere due sceneggiatori da ricordare, probabilmente è giusto citare Faraci e Artibani. Tuttavia penso che non si possa rinunciare a una menzione speciale per Alessandro Sisti, che è lo sceneggiatore di PK per eccellenza, e Bruno Enna, che ha scritto alcune fra le storie migliori (se non le migliori).

    • Marco D'Angelo

      22 Ottobre 2012 a 17:26

      Si Giorgio, hai ragione, in questo caso qualsiasi selezione di merito può apparire parziale e lo è. Anche perché Pikappa è stato davvero uno dei pochi prodotti di “factory” realizzato in Italia. Forse nemmeno le serie della Bonelli, comunque curatissime da questo punto di vista, hanno avuto la stessa compattezza e qualità diffusa di scrittura per un numero di albi così alto. E in questo senso, allora, visto che ci siamo, citiamo anche Ezio Sisto, oltre agli altri da te menzionati.

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