Basta che apriate il volume e guardiate la prima pagina.
Il fascino (in)discreto di Paulette, fumetto erotico di due grandi George del fumetto francese, Wolinski (scrittore), Pichard (disegnatore) vi assalirà fin dall’incipit.
La storia si apre con un “vignettone” a incorniciare, in primo piano, il volto ammaliante del personaggio femminile che, per dirla in gergo cinematografico, “guarda in camera”.
Fossimo stati, nel gennaio 1970, lettori di Charlie Mensuel, il mensile francese gemello del nostro linus su cui apparve per la prima volta questa pagina, l’effetto di coinvolgimento sarebbe stato ancora più forte. Il bel viso femminile disegnato da Pichard rimanda figurativamente all’attrice Brigitte Bardot, icona sensuale del cinema e, tout court, dell’immaginario pop di quegli anni. Ma, anche se oggi quel rinvio così glamour e istantaneo non c’è più, resta l’incanto assoluto dello sguardo disegnato. Quello sguardo ci chiama in causa e ci convoca dentro il racconto. E la battuta pronunciata nel balloon, (“Adoro la notte perché è nera”) è un’ulteriore esca emozionale, gettata dalla penna di Wolinski in pasto alla curiosità del lettore.
Pichard ingloba, con precisione d’architetto, la forma del balloon nella composizione grafica della vignetta. Da lettori incontriamo la nuvoletta appena “entrati” nell’inquadratura, mentre le linee ondulate ci portano a perlustrare il declino morbido dei capelli. Il balloon è anche posto in perpendicolare equilibrio con la sensuale bocca della ragazza, una sapiente rima visiva che avviluppa il pubblico nella complicità totale tra scrittura e messa in scena.
La trappola per gli occhi è perfettamente allestita per catturare l’interlocutore che non può fare a meno di correre al quadro successivo per capire a cosa stia davvero assistendo. La seconda vignetta, in questo senso, risulta egualmente efficace a livello espressivo, tanto nel sublimare il godimento nello sguardo con la figura femminile, seduta sul letto, resa in tutta la sua discinta carnalità, quanto nel procrastinare l’attesa narrativa con una finestra aperta sullo sfondo e una battuta, quasi onirica, ancora sospesa:
“…La notte tutto può accadere…”
Il ritmo di Paulette
Quel “tutto può accadere” è tanto una promessa d’intreccio per i lettori quanto un manifesto programmatico degli autori, un’audace e meravigliosa dichiarazione di poetica fumettistica. In effetti, a partire da questa prima pagina, nella vita editoriale della ragazza raffigurata, Paulette Guildebert, giovane, annoiata e ricchissima ereditiera parigina, ne accadranno di tutti i colori, se ci passate il gioco di parole, visto che le storie sulla rivista Charlie allora, e anche oggi in questa curata riedizione di Oblomov edizioni, appaiono in bianco e nero.
Paulette viene rapita prima dai gangster, quindi finisce in un harem, poi in una misteriosa setta, che la spedisce in un quasi Paradiso, per poi ritrovarsi derelitta tra i clochard di una bidonville… Solo per stare alle avventure contenute in questo primo volume di ristampa, vediamo la ragazza concupita, palpata, coinvolta in amplessi vari, tra caverne da Mille e una notte e fabbriche da Tempi moderni, empirei artificiali e infime stamberghe, luride prigioni e lussuosi albergoni…
Se – come tanti critici hanno rilevato – il modello fumettistico di riferimento del personaggio è certamente il dissacrante Little Annie Fanny di Harvey Kurtzman e Will Elder pubblicato qualche anno prima su Playboy, è interessante ricordare che, a sua volta, Fanny parodiava Little Orphan Annie di Harold Gray, clone americano a fumetti delle tristi orfanelle della letteratura d’appendice del tardo Ottocento. Pur nel totale rovesciamento eversivo dei contenuti, Paulette eredita insomma – oltre alle ingenti fortune della gloriosa dinastia Guildebert – i ritmi forsennati di un autentico feuilleton. Laddove – ça va sans dire – le tristi vicende delle orfanelle d’appendice lasciano il posto sulle sue pagine alle disinibite avventure di una procace ragazza dei Seventies.
Il corpo di Paulette
Al centro della scena, come si conviene a un racconto erotico, c’è quasi in ogni vignetta il corpo di Paulette, nella cui conturbante definizione grafica George Pichard riversa quelle scelte espressive che ne contraddistinguono lo stile figurativo per nulla “conciliante”. Le donne del disegnatore francese non sono pin up fisicamente perfette, alla Milo Manara per intenderci. Come hanno scritto Boris Battaglia e Paolo Interdonato:
“La carne mostra pieghe, la pelle è coperta di efelidi, nei e imperfezioni, i peli non sono un crimine. E poi gli umori: il sudore e le lacrime. I corpi di Pichard emanano odori così intensi da far girar la testa al lettore.”
E il corpo di Paulette è fabbricato tanto per far girare la testa ai lettori, quanto agli attori che calcano assieme a lei il palcoscenico disegnato delle storie. Sceicchi e guerriglieri, miliardari e maggiordomi, senzatetto e soldati, lo desiderano, lo inseguono, lo manipolano. Spesso, nel corso di un episodio, sfugge a un libidinoso spasimante solo per finire, nell’episodio successivo, tra le braccia di qualcun altro, altrettanto o ancor più concupiscente. Per dirla con un lessico narratologico un poco desueto, ma in fondo in linea con un’opera a fumetti pubblicata nel 1970, il corpo di Paulette non agisce ma viene “agito” da coloro che lo desiderano.
A riguardo, esiste una duplice chiave interpretativa della rappresentazione femminile proposta dagli autori. Da un lato quella retriva, per cui l’eroina rappresenta una donna oggetto che subisce le prevaricazioni nella carne e nello spirito del potere maschilista. Gli stessi Wolinski e Pichard, rivendicando il loro approccio distintivo che oggi definiremmo politicamente scorretto, descrivevano così il mondo narrativo del loro personaggio:
“si trova immischiata in avventure che solo gli uomini possono immaginare. Si dibatte in un universo di fantasmi maschili, in un universo dove le donne sono di sogno, per metà materne, per metà troiette.”.
Eppure, a posteriori, si può anche rovesciare l’assunto in senso (quasi) “libertario”. In fin dei conti, Paulette esce ogni volta incolume e vincente dalle angherie che subisce, si tratti di mani libidinose o di falli nodosi. L’eroina, invulnerabile nel corpo e nell’anima, trionfa sulla violenza delle situazioni con la sua capacità di trarne godimento sessuale e, avventura dopo avventura, persino intellettuale.
Il piacere di Paulette
In definitiva, però, nessuna interpretazione che si appiattisca sui soli contenuti valoriali del racconto, coglie per intero le qualità espressive di un fumetto, in cui il gioco e l’ironia la fanno da padroni. L’assurdità degli intrecci stessi, come abbiamo detto divertita parodia dei meccanismi del romanzo d’appendice, conferma in ogni episodio la volontà di non prendersi troppo sul serio, ma nemmeno troppo poco. Lo spiegava bene, uno dei primi innamorati di Paulette, Ranieri Carano, traduttore e curatore dell’edizione italiana originale su linus:
“Cos’è poi Paulette? Prima di tutto un grosso romanzo ciclico, sociale, grottesco, neo-gotico, magico e perfino epico… È anche utopia, ma allo stesso tempo fine dell’utopia. È amaro, pessimista nel fondo, ma non sentenzioso. Castiga sogghignando, com’è giusto oggi giorno.”
Non è un caso che i i punti di snodo delle trame insistano su meccanismi fiabeschi che fanno il verso a Cappuccetto Rosso, Ali babà e Biancaneve, ibridati con una feroce satira di costume che tocca l’attualità (di quegli anni): la lotta di classe, la guerra in Vietnam, la fede religiosa. In questo inestricabile intreccio di realtà e finzione, il grottesco finisce per essere l’unica dimensione possibile di lettura e di godimento dell’opera.
Più di tutto, quel che resta leggendo (o rileggendo) Paulette è la piacevole sensazione di fruire d’un fumetto meravigliosamente libero, in cui davvero tutto può accadere, semplicemente voltando pagina. Oggi, come cinquant’anni fa, non un pregio da poco.
Bibliografia minima su Paulette
- Boris Battaglia, “Orfanelle Proudhoniane”, in “Quasi”, 21 maggio 2020, disponibile a questo link https://www.obloaps.it/quasi/2020/05/21/orfanelle-proudhoniane/
- Boris Battaglia, Paolo Interdonato, “Né Dio né Stato. Ode all’anarcoerotismo” postfazione a Ulysse, Jacques Lob e Georges Pichard, Mliano, Rizzoli-Lizard 2019
- Carlo Della Corte, Giuseppe Mazzariol, Lo specchio obliquo : il fumetto erotico fra liberty e pop-art , Venezia, Edizioni del Ruzante 1978.
- Bernard Joubert, “Paulette, un feuilleton agité” in “ 9ème Art”, Gennaio 2006, disponibile a questo link http://neuviemeart.citebd.org/spip.php?article406
- Rossella Laterza, Marisa Vinella Le donne di carta. Personaggi femminili nella storia del fumetto, Bari, Edizioni Dedalo 1980.
- George Pichard e George Wolinski, “Introduzione” a Paulette va al circo, Milano, Edizioni Isola Trovata, 1979.
- Carano Ranieri, “Introduzione” a Paulette,Milano, Milano Libri 1976.
- Tonio Troiani, “Paulette, l’erotismo anarchico e irriverente di Wolinski e Pichard” in “Fumettologica”, 3 giugno 2020, disponibile a questo link
- https://www.fumettologica.it/2020/06/paulette-wolinski-pichard-oblomov/
Abbiamo parlato di
Paulette
Wolinski, George Pichard
Traduzione di Ranieri Carano e Stefano Andrea Cresti
Oblomov Edizioni, 2020
144 pagine, cartonato, B/N – 23,00€
Le avventure del personaggio sono anche pubblicate al momento a cadenza mensile, sulla rivista linus, riprendendo l’originale divisione seriale.