È un continuo spostarsi, un peregrinare, uno scorrere inarrestabile, un movimento senza posa l’elemento che più di tutti sembra caratterizzare il primo volume di Celestia, il nuovo fumetto di Manuele Fior, tornato nelle vesti di autore completo dopo i cinque anni passati da L’Intervista.
E la differenza, gli anni che sono passati, pur non vedendosi a un primo sguardo si percepiscono tra le righe del racconto e nelle immagini, entrambe votate a una stilizzazione di intenti e di visioni che creano un flusso continuo di momenti capaci di rapire il lettore fin dalla prima pagina, trasportarlo a volo radente sopra la laguna nella quale sorge la città del titolo e farlo scendere (quasi) indenne alla fine del volume.
Viene da pensare a Celestia come a un giro di giostra, e visto il peregrinare appena citato la metafora non sembra troppo azzardata. Anche perché si ha subito la nettissima impressione che dietro al girovagare continuo dei personaggi si nasconda anche l’autore stesso, e che l’uno e gli altri si stiano spostando lungo le calli alla ricerca di una storia da raccontare. Una storia che si nasconde tra le pieghe di uno sfondo realistico pur nel suo essere fantastico: la Venezia tramutata in Celestia, che assume rapidamente la valenza di ulteriore personaggio, e che in realtà basterebbe già da sola a dare motivazione alle figure che la percorrono.
La trama, del resto (e forse proprio per questo), quando viene trovata rimane leggera e affatto ingombrante, con solo pochi non detti e alcuni segreti che servono a tenere desta l’attenzione di un lettore già però abbondantemente coccolato da un disegno e un parlato quanto mai efficaci. C’è in questo volume, parlando di nudo racconto, un’invasione futura lasciata volutamente sullo sfondo del non-detto; c’è un’umanità che si è arroccata dentro castelli, isole (tra cui appunto Celestia) e fortezze dal sapore Buzzatiano; ci sono adulti persi nei loro sogni, in un limbo personale consolante e statico che si è mangiato ogni altro pensiero; e al contrario una gioventù irrequieta, troppo confusa o fin troppo lucida, abbandonata a se stessa, che cerca risposte senza sapere esattamente le domande, o in alternativa crea entrambe, affondando senza rimpianti oppure ergendosi a unico baluardo di difesa di ciò che resta dell’umanità.
Così vale per Pierrot, protagonista senza sapere di esserlo e senza volerlo, ribelle intellettuale post-punk ma con tendenze al melodramma, disperato nella sua fintamente annoiata ricerca di un amore che non sa misurare e ricambiare, figlio indifferente (non si sa quanto fintamente) di un padre opposto, ricco, composto, misurato, nobile e benefattore, che ha riunito intorno a sé un gruppo di giovani con poteri telepatici ai quali vorrebbe affidare il futuro della sua utopia.
E così vale per Dora, già personaggio principale de L’Intervista e qui riproposta e reinventata in una versione alternativa, parallela, che conserva la sua anima e il suo naso spigoloso ma cala entrambi in un contesto completamente differente, e cioè nel ruolo di una giovane telepate troppo spesso in balia degli eventi, testimone senza essere parte attiva, e incapace di governare i propri poteri se spaventata o stressata.
E dunque, se il padre di Pierrot è statico, fermo al centro del suo palazzo fatto di lunghe finestre, intento a osservare l’estensione del suo regno immaginato, e se gli altri adulti che appaiono in scena sono inerti e vuoti, Pierrot è un sfera che rotola loro intorno, e nel suo percorso contorto non esita a gettarsi nei bassifondi di una Celestia da Arancia Meccanica nella quale molti opposti convivono, a commerciare con loschi figuri (anche se col solo intento di recuperare preziosi vecchi libri), a ricorrere a torture e violenza, e infine a fuggire senza accorgersi di farlo, trascinato dalla sua stessa spinta.
Se narrativamente Celestia si muove in maniera lineare, offrendo una tesi di facile comprensione sui rapporti tra l’uomo e il suo mondo, e tra le nuovissime, le nuove e le vecchie generazioni (ritratte in un percorso inverso che vede le prime prendere le redini e proteggere le ultime, ormai incapaci di ogni cosa), dal punto di vista della costruzione sono tantissimi gli spunti che si snodano tra le pagine. Architettura, illustrazione, animazione, pittura, ma prima di tutto un modo di fare fumetto popolare e seriale (sfido chiunque a non cogliere nel padre di Pierrot e nei telepati un riflesso “italianizzato” e privo di autocompiacimento virile dell’americano professor Xavier e dei suoi X-Men), declinato tuttavia in un insieme di citazioni “alte” e colte. Come – per citare solo la più immediata – i colori e le sfumature del Mattotti di Fuochi.
Notti, giorni, ombre e neri profondi, luci e giorni rigogliosi di verdi e azzurri, nuvole e pozze d’acqua popolano le pagine di Celestia, lungo le quali navigano personaggi compiuti nelle rispettive stilizzazioni, e che corrono rapidissimi tra le pagine senza che una sola linea cinetica li accompagni. Continuamente circondati da una città proposta con rigore quasi fotografico, esplorano un mondo che l’autore tiene continuamente fuori fuoco, e che reinventa astraendolo sempre di più, portandolo ai limiti del surreale senza che esso perda realismo.
A questo punto, e vista una tendenza retrò che da sempre pare caratterizzare il segno di Fior – tendenza fanta-retrò, se si vuol essere completi – man mano che la storia prosegue si finisce per sentirsi spostati verso mondi futuribili degni delle copertine di Urania disegnate da Karel Thole. Ma nelle tavole di Celestia sono troppi gli influssi per poter anche solo sperare di immaginarli tutti. E nonostante questo, se qualcuno dicesse che questo fumetto è un post-apocalittico, si farebbe fatica a credergli.
Ciò che resta comunque è una lettura assolutamente coerente e ricca, sia dal punto visivo che narrativo, che si sposta leggera verso la scena successiva, e verso quella successiva ancora, e che racconta con levità e voci diverse una storia imprevedibile e variegata. Personaggi immediatamente comprensibili, dialoghi asciutti e (anche per questo) reali, variazioni tutte italiane su temi universali, pagine che si aprono a piccole sperimentazioni su una griglia classica, segni efficacissimi e colori ricchi di emozioni, fanno di Celestia un prodotto capace di rendere in maniera lieve una ricerca fittissima e complessa, e dunque di offrirlo nel migliore dei modi al lettore capace di coglierne il valore.
Valido mix tra sacro e profano, il primo volume (di due) conferma la bravura di un autore sicuramente notevole, con una voce forte e personale, e che almeno per ora rifugge a ogni tentazione di ripetitività o autocitazionismo per offrire sempre opere uniche e lietamente contaminate.
Abbiamo parlato di:
Celestia (volume 1 di 2)
Manuele Fior
Oblomov, 2019
142 pagine, brossurato, colore – € 18,00
ISBN:9788885621893
Anteprima di “Celestia”, il ritorno al fumetto di Manuele Fior
“L’Intervista”: il futuro in toni di grigio visto da Manuele Fior