Tito Faraci e Giorgio Cavazzano sono i due autori del Segreto del Vetro, progetto realizzato da Panini Comics di un albo di Spider-Man completamente made in Italy.
È lo scrittore a parlarci di questo progetto, in questa breve intervista tratta dal quotidiano La Provincia.
Come è nato il progetto dello Spider-Man italiano?
Durante la Fiera del Fumetto di Lucca, nel 2002. Quasi per scherzo. Uno scherzo che poi è diventato una questione terribilmente seria e importante. C’é da fare una premessa, pero’. Negli ultimi anni ho avuto la fortuna di cimentarmi come sceneggiatore con personaggi leggendari del fumetto. Da Topolino, a Diabolik, a Lupo Alberto, a Dylan Dog… a volte perdo il conto! Così ogni tanto c’é qualcuno che mi chiede: e adesso, chi ti manca? Bé, durante quella fiera la domanda è arrivata mentre mi trovavo di fronte allo stand della Marvel Italia. E mi è venuto naturale guardare verso l’Uomo Ragno, verso uno dei miei miti personali. Un personaggio senza il quale oggi non farei il mestiere di sceneggiatore. Ho cominciato a leggere i fumetti, ad amarli, proprio dall’Uomo Ragno. Nel 1972, quando avevo sette anni. Da lui e dagli altri supereroi Marvel che, all’epoca, pubblicava l’editore Corno. E l’Uomo Ragno è rimasto con me fino a oggi. C’é sempre un suo albo, da qualche parte, nei miei ricordi. E, in un certo senso, è come se lo avessi sempre scritto. Perché dalle sue avventure ho imparato quel modo di raccontare i personaggi da dentro, di miscelare ironia e dramma, di cercare elementi di interesse negli interstizi di vita quotidiana fra una mirabolante impresa e l’altra.
Con che spirito e quale metodo hai realizzato il lavoro?
Con rispetto. Prima di tutto, rispetto. Era un atto di amore, di omaggio alla tradizione dell’Uomo Ragno come l’ho amato io. Volevo realizzare una storia leggera, semplice da leggere. Ma la semplicità e la leggerezza non sono sinonimo di vacuità, anzi. Sono traguardi difficili da raggiungere, anche se il lettore non sempre se ne accorge. E poi c’era una componente “pionieristica”, per così dire. Dovevo dimostrare alla casa madre americana che anche in Italia si poteva realizzare una vera storia dell’Uomo Ragno nel rispetto dei parametri tradizionali. No, non potevo proprio essere trasgressivo! Ma nemmeno lo volevo, e quindi restare nei binari non mi è pesato.
Sei soddisfatto del risultato finale?
Se proprio devo cercare una zona d’ombra… avrei voluto avere qualche tavola in più. Ma questo era assolutamente impossibile. Questa storia doveva insindacabilmente avere la lunghezza standard di un albo Marvel, cioé 22 tavole. Comunque, una volta stabilita e accettata quella misura, ho calibrato tutto di conseguenza prima di iniziare. Senza poi dovere tornare indietro per tagliare tavole o vignette.
A livello personale, cosa ti ha lasciato lavorare su un’icona come il Ragno?
La voglia di riprovarci. Stavolta, magari, con meno limiti. Tutte le volte che ho preso in mano un personaggio, ho cercato di mostrarlo sotto una luce diversa, pur rispettandolo. A questo avevo abituato i miei lettori. Con questa prima storia italiana dell’Uomo Ragno, pero’, non è stato così, perché non ce n’erano i presupposti (né il desiderio, intendiamoci. Nessun rimpianto).
Pubblicato originariamente sul quotidiano La Provincia, rubrica Nuvole parlanti.