Ti sei accorta anche tu, che siamo tutti più soli?
Tutti col numero dieci sulla schiena, e poi sbagliamo i rigori
Ti sei accorta anche tu, che in questo mondo di eroi
Nessuno vuole essere Robin
Nel febbraio del 2018 esce il singolo Nessuno vuole essere Robin di Cesare Cremonini, estratto dall’album Possibili scenari: una canzone che parla di solitudine e fragilità individuale, che emerge soprattutto quando ci si relaziona con gli altri.
Al di là del ritornello e del costume che il cantautore sfoggia nel video musicale, altri rimandi al sidekick più famoso della storia del fumetto americano non ci sono, ma sentire quella parola, quel nome di battaglia, bastava – ogni volta che la radio passava il brano – per farmi tornare con la mente a vent’anni prima, quando volevo proprio essere Robin.
A quei tempi, sull’onda lunga della visione del film di Joel Schumacher, quel Batman & Robin (1997) dai più classificato come scadente, cercavo di convincere parenti e amici a ripetere le scene della pellicola, a giocare con me ai supereroi. La cosa più bella era che con me il presupposto per il quale il Ragazzo Meraviglia era stato creato, più di mezzo secolo prima, funzionava perfettamente!
Infatti, nel 1940 Dick Grayson esordì tra le pagine di Detective Comics #38, con il duplice scopo di alleggerire le atmosfere nelle quali Batman solitamente si muoveva e di offrire al pubblico più giovane un personaggio con il quale identificarsi.
Attraverso il film e poi la serie animata, in Italia nota con il titolo Batman: Cavaliere della notte, nella quale Dick indossava già i panni di Nightwing, la spalla del protagonista ha fatto breccia nel mio cuore, per restarci ancora oggi, visto che si contende il posto di mio eroe DC preferito con Freccia Verde.
C’è qualcosa di speciale nel giovane Grayson che lo differenzia da tutti i suoi successori, dai vari Jason Todd, Tim Drake, Stephanie Brown e Damian Wayne, giustamente omaggiati con il volume Robin: speciale 80° anniversario, pubblicato negli Stati Uniti da DC Comics e nella nostra Penisola da Panini Comics. En passant, si noti la mancanza di una storia dedicata a Carrie Kelley, ricordata però con una bella illustrazione, un’assenza probabilmente dovuta allo stretto legame tra la supereroina e il suo creatore, Frank Miller, che forse non è stato possibile coinvolgere nel progetto.
C’è qualcosa di speciale nel figlio dei circensi, dicevo, qualcosa che va oltre il fatto di essere stato il primo ad aver indossato il mantello giallo-nero, ad aver lottato al fianco dell’Uomo Pipistrello, riuscendo a strappargli qualche risata tra un cazzotto e l’altro. Richard è l’altra faccia della medaglia, è la risposta diversa alla tragedia. Se Bruce reagisce alla morte dei genitori abbracciando la notte, le tenebre, diventando tutt’uno con la sua ossessione e la sua missione, Dick supera l’assassinio con il sorriso, la positività, l’istinto da contrapporre alla metodica preparazione del mentore. Se Batman è la mente, Robin è il cuore. Ed è ciò di cui ho bisogno io, lettore alla ricerca di svago, perché l’oscurità non prenda il sopravvento nelle fatiche di tutti i giorni.
Proprio di questo grande cuore parla il racconto d’apertura del cartonato, Un piccolo aiuto, di Marv Wolfman e Tom Grummett, in cui Wayne vede il collega e amico intraprendere la propria strada e, pur con una punta di tristezza, non può fare a meno di riconoscere l’allievo come l’uomo migliore che abbia mai incontrato. La narrazione è un bignami delle differenze tra i due eroi, nonché un’avventura coinvolgente, disegnata con uno stile classico volto a esaltare le mosse dei combattenti e i loro diversi approcci ai problemi.
Il secondo capitolo, invece, non riesce a lasciare il segno, forse pagando il fatto di venire subito dopo un avvio così convincente: sebbene Chuck Dixon e Scott McDaniel siano autori imprescindibili nella storia di Dick, poiché ne hanno narrato le gesta come Nightwing, definendone poi le origini in Nightwing: anno uno, danno vita a un episodio ambientato all’epoca del Cataclisma (il terremoto che colpì e mise in ginocchio Gotham City), cercando di toccare i sentimenti del pubblico. Uscendo dalla lettura del breve fumetto di Wolfman e Grummett, si finisce per restare quasi insensibili a una vicenda che si può definire “marginale”. Discorso diverso per il tratto di McDaniel, che sicuramente non lascia indifferenti. Solitamente amato o odiato, il disegnatore imposta tavole ipercinetiche in cui i personaggi, a volte abbozzati e altre definiti, si muovono nervosamente nel contesto urbano ben definito dalla colorazione di Photobunker.
Terza nel sommario è la storia di Devin Grayson, autrice veterana che si è dedicata sia a Dick che ai Titani. In Spirito di squadra unisce il singolo e il gruppo, contando sui layout di Dan Jurgens e le rifiniture di Norm Rapmund, ma non riesce a centrare il bersaglio, pur ripescando elementi familiari come l’H.I.V.E. e Damien Darkh. I toni sono leggeri, ma la scrittura è prolissa e la classicità dei disegni non basta a sopperire alla mancanza (comunque giustificabile, visto l’esiguo numero di pagine a disposizione) dell’approfondimento psicologico che era il vertice della testata riservata alle spalle dei supereroi più famosi.
Il livello della pubblicazione si rialza grazie all’apporto di Tim Seeley e Tom King, che tornano al lavoro su una recente incarnazione del primo Robin, ossia l’Agente 37, identità assunta da Dick dopo i fatti di Forever Evil. I due sceneggiatori scrivono per le matite di Mikel Janín un fumetto con un buon ritmo, nel quale attraverso tavole con tante vignette dal taglio dinamico emergono nuovamente le differenze tra l’allievo e Batman, questa volta in chiave diversa rispetto al capitolo di Wolfman. Infatti, in Lezione sul campo Grayson dimostra di essere riuscito a rielaborare in modo personale gli insegnamenti del maestro, facendone quindi tesoro senza privarsi della propria eccezionalità.
Parlando di eccezionalità, nel senso etimologico di uscita dalla regola comune, e associando il termine alla figura di Robin, è inevitabile pensare a Jason Todd, il secondo ragazzo a indossare i calzoncini verdi nonché il primo e, per ora, ultimo a essere stato tolto di mezzo con il voto dei lettori. Come ben sappiamo, per gli eroi delle major la morte non è la fine ma un nuovo inizio e così è stato anche per colui che si era presentato rubando le ruote della Batmobile: ucciso dal Joker, Todd è tornato nei panni di Red Hood, inizialmente per tormentare l’Uomo Pipistrello e in seguito come antieroe che alterna bastone e carota.
Judd Winick, autore indissolubilmente legato a Red Hood per aver scritto la storia più interessante del personaggio, è capace di fondere le due anime di Jason, quella tenera e quella ribelle, in un episodio toccante, veramente commovente, perfettamente riuscito contando anche su un montaggio alternato che mostra il protagonista sia ragazzino che adulto. Dustin Nguyen, che rinuncia agli acquerelli e viene colorato da John Kalisz, torna a sfoggiare il tratto usato in passato per visualizzare il secondo Pettirosso ne Il volo del corvo (sempre su testi di Winick), catturando negli occhioni del piccolo eroe l’energia positiva che ha caratterizzato le sue gesta prima di incontrare fatalmente la nemesi del Cavaliere Oscuro.
Morto un Robin se ne fa un altro, verrebbe da dire: è la volta di Tim Drake, colui che voleva a tutti i costi vestire il mantello, per far capire a Batman che aveva bisogno di una spalla. Personaggio che personalmente ho sempre detestato, proprio a partire da quel cartone Cavaliere della notte che mi aveva fatto amare ‘Wing, Drake appare spesso come un giovane alter ego del multimiliardario di Gotham, meno ossessionato ma più saputello.
Non fortunatissimo all’interno del volume, Tim è al centro di due narrazioni: nella prima Adam Beecham si avvale dei bei disegni di Freddie E. Williams II e dei colori di Jeremy Colwell per ricordare ai lettori le caratteristiche dell’eroe, senza lasciare il segno; nella seconda James Tynion IV torna a occuparsi del character, sceneggiando per le matite nervose di Javier Fernandez una sorta di introduzione al proprio ciclo di Detective Comics (già concluso da tempo quando è uscito questo Speciale celebrativo). È un’operazione di continuity tardiva ma efficace, perché dimostra che Robin III, o meglio e altresì noto come Red Robin, ha tutte le carte in regola per essere un leader e legare a sé sulla base della fiducia i propri colleghi nella lotta al crimine.
Se è vero, come anticipato, che nell’elenco delle storie dedicate ai sidekick di Bruce Wayne ne manca una con Carrie Kelley, non si può dire che sia assente la rappresentanza femminile, perché dopo i due comic riservati a Timothy ce n’è uno che ha per protagonista Stephanie Brown. Prima di indossare il cappuccio viola di Spoiler, la ragazza ha varcato la soglia della Batcaverna e ha combattuto agli ordini del “grande capo”. A ricordarcelo sono Amy Wolfram e Damion Scott con Nei panni di Robin, in cui Steph, ancora alle prime armi, cerca di destreggiarsi nella lotta al crimine, dovendo però fare i conti con un equipaggiamento non esattamente a prova di donna. L’incedere è ironico e il risultato divertente, corroborato dai disegni esagerati, cartooneschi, parodistici che a volte sembrano perfino “troppo tutto”, ma sono comunque adatti alla messa in scena. Inoltre, sono così personali che hanno il merito di differenziare la visione di Scott da quella dei colleghi.
Più canoniche sono invece le ultime due narrazioni: Il mio migliore amico di Peter J. Tomasi e Jorge Jimenez e Il pipistrello e il topo del duo Robbie Thompson – Ramon Villalobolos. Nella prima Damian Wayne, il figlio di Bruce e Talia al Ghul, divide la scena con Jon Kent, il rampollo di Superman e Lois Lane, andando a ricomporre la scatenata coppia dei Super Sons (già sceneggiati da Tomasi) per un simpatico divertissement che punta a svelare tutti i lati dell’ultimo dei Robin. La seconda è in continuity con gli eventi della gestione batmaniana di King e ruota intorno ai concetti sempre attuali di etica e incomunicabilità. Il piatto forte, però, ha per ingredienti prelibati il tratto di Villalobolos, che fa sue e rielabora le lezioni di Frank Quitely e Chris Burnham, e la colorazione efficace e (proprio perché?) senza mezze misure di Tamra Bonvillain.
In chiusura del volume, che ha complessivamente il pregio di far sfilare artisti significativi – chi per un motivo e chi per l’altro – nella vita editoriale di ognuno dei cinque Pettirossi, sono presenti illustrazioni, infografiche e copertine variant. Una galleria che riesce sinteticamente a mettere in risalto le peculiarità caratteriali ed estetiche dei cinque protagonisti.
Abbiamo parlato di:
Robin: speciale 80° anniversario
Marv Wolfman, Tom Grummett, Chuck Dixon, Scott McDaniel et al.
Traduzione di Fiorenzo Delle Rupi
Panini Comics, 2021
112 pagine, cartonato, colori – 18,00 €
ISBN: 9788828734512