Il sostantivo “stampede” indica una fuga precipitosa di animali o persone in un’unica direzione, a causa della paura. Nell’intrattenimento di genere, per esempio, è associato a un momento tipico del western, in cui i cowboy si trovano a fare i conti con bestie imbizzarrite e di difficile gestione.
Il termine è stato scelto da Toei Animation per il titolo del lungometraggio animato dedicato a One Piece nel 2019 e ben riassume un film in cui, dopo un paio di sequenze ordinate e utili per gettare le basi della vicenda, la trama si sviluppa come una sfilata di personaggi che si azzuffano senza pause fino al finale.
Forse, in realtà, un vero e proprio svolgimento del plot neanche esiste nella pellicola: ci sono delle mazzate sempre più spettacolari tra individui bizzarri e perennemente sopra le righe, che appaiono e scompaiono per fare numero e scena. One Piece Stampede, da cui poi sono stati tratti un romanzo e un anime comic omonimi, non chiede agli spettatori di conoscere la continuity del manga di Eiichiro Oda né chissà quale sforzo di concentrazione: è accessibile praticamente a tutti – basta sapere chi siano Rufy e la sua banda e quale sia il loro obiettivo; dà ai fan di vecchia data la possibilità di ritrovare comprimari persi di vista o tolti di mezzo nella serie; soprattutto è uno spettacolo vivo e pulsante di colori, di azioni impossibili, di poteri fantasiosi e assurdi.
Senza prendersi sul serio, l’opera diretta da Takashi Otsuka riesce comunque a mescolare comicità e dramma, toccando temi importanti quali la rabbia e l’abbandono e, soprattutto, gli effetti nefasti che essi hanno sulle persone. In chiusura è d’uopo sottolineare l’impatto positivo delle musiche, soprattutto quella scelta per lo scontro decisivo tra Cappello di paglia e il villain e quella che accompagna il lieto fine dell’avventura.
Abbiamo parlato di:
One Piece Stampede
Toei Animation
Regia di Takashi Otsuka
Sceneggiatura di Takashi Otsuka,Atsuhiro Tomioka
Animazione, 2019, 101 minuti