Omega: uno sconosciuto nell’universo Marvel, da Gerber a Lethem e Dalrymple

Omega: uno sconosciuto nell’universo Marvel, da Gerber a Lethem e Dalrymple

Lethem, Rusnack, Dalrymple e Hornscheimer rivisitano il fumetto di culto scritto da Gerber nel 1976: non un semplice omaggio, ma anche l'esplorazione delle possibilità mancate del fumetto supereroico, proposta con un'equilibrato romanzo fantascientifico che amalgama paranoia, allegoria e malinconia.

 

Omega Lo sconosciuto di Jonathan Lethem, Karl Rusnack e Farel Dalrymple è innanzitutto un omaggio all’omonima miniserie di Gerber, Skrenes e Mooney, pubblicata dalla Marvel nel 19761.
Non si tratta di una semplice rivisitazione, ma piuttosto della resa di quello che la serie originale avrebbe potuto essere, se le scelte editoriali del tempo non ne avessero incanalato, diluito e drenato gli spunti più affascinanti e inquietanti. In questo senso, è interessante offrirne una lettura comparata, che renda l’idea non solo della distanza fra i due lavori ma anche di quello che può dire sul fumetto supereroico.

Omega #1: la copertina (™ & © 2011 Marvel & Subs.)

La miniserie narra di un essere misteriosamente arrivato sulla Terra da chissà dove, detto Omega dal simbolo che lo identifica, di un ragazzo cresciuto dai genitori nel più completo isolamento (James Alexander nell’originale, Titus Alexander Island nella nuova versione), del suo tentativo di inserimento nel mondo normale (un quartiere difficile, una scuola dove i bulli, nella serie originale capeggiati da un italo americano, sono senza controllo) e della sua relazione con l’alieno. Il contesto della vicenda è una New York dove agisce una sorta di supereroe/azienda, The Mink , che accanto alle sue azioni dispiega un potente apparato auto promozionale. Questi  nella versione italiana è tradotto come Il Visone, creando una leggera dissonanza con il suo simbolo, una “M”, che Dalrymple fa apparire in maniera pervasiva e ossessiva attraverso tutta la vicenda e rendendo non significativa l’insegna di quella sorta di deposito che vediamo al termine dell’opera : “The Mink of the People“.
Nei dieci episodi seguiamo le traversie dell’inserimento di Titus, la vita quotidiana nella scuola, il suo desiderio di andarsene e la lotta fra l’alieno e dei misteriosi robot, ai quali si interessa anche The Mink. Gli autori intrecciano tutti questi elementi e infine li sciolgono in un finale sostanzialmente positivo ma velato di malinconia.

Omega #2: la copertina (™ & © 2011 Marvel & Subs.)

A marcare immediatamente la differenza di approccio anche editoriale fra i due lavori è certamente il disegno. Se nell’originale Mooney era sostanzialmente ben all’interno dello stile proprio del fumetto supereroico, Dalrymple mantiene il proprio tratto di derivazione underground e resta quindi lontanissimo da quella tradizione. Questa scelta dichiara immediatamente la peculiarità della proposta e segnala ai potenziali lettori di non attendersi che la vicenda segua i canoni dell’universo Marvel, al quale il nuovo Omega resta del tutto estraneo.
Evitare questo equivoco è fondamentale, nell’economia dell’operazione, perché proprio la costrizione della storia entro l’universo Marvel fu una delle cause del degrado dello sviluppo originale. E deve essere chiaro che in questa sede nell’espressione “universo Marvel” si comprendono sia gli scenari e i personaggi sia i lettori.
Il risultato è quindi un volume che prova a riscrivere un piccolo pezzo di storia Marvel mantenendosene al di fuori. Detto altrimenti, è un esperimento di storia parallela di quel mondo editoriale: il tentativo di esplorazione di un territorio, da cui il fumetto supereroico, ai tempi della miniserie originale, decise di tenersi lontano, temendo probabilmente che molti lettori avrebbero rifiutato di seguirlo in quei nuovi percorsi.

Le potenzialità della serie di Gerber furono immediatamente evidenti. Nel terzo numero, nella posta dei lettori, troviamo una veemente protesta contro il primo episodio: troppi rimuginamenti, troppi monologhi, troppa volontà di dare ai personaggi profondità psicologica e di stimolare empatia con il lettore. Un fumetto pretenzioso, che addirittura ruba spunti da Spider Man e Capitan America, e degli autori che rivestono le loro velleità di psicologismi fumosi, iniettati in un mezzo (il fumetto) che dovrebbe contenerne giusto un minimo, affiancato ad un massimo di spettacolarità grafica. Insomma, conclude il lettore:

Lasciate che legga Rose Garden per gli studi psicologici, Marvel per evasione [escapism]”.

Omega capitolo III: copertina (™ & © 2011 Marvel & Subs.)
Omega capitolo III: copertina (™ & © 2011 Marvel & Subs.)

Quel lettore ha individuato con precisione le caratteristiche fondamentali delle idee dietro la serie. E, al di là della proporzione dei commenti favorevoli sui delusi (20 a 1, scrive l’editore nella risposta), in realtà quel lettore ben rappresenta il gusto dell’appassionato Marvel (o di supereroi in genere), visto che la testata dedicata a Omega resisterà dieci numeri e, soprattutto, rimarrà un esperimento senza seguito, almeno per molti anni a venire. Che quei timori fossero ben presenti agli editor Marvel è tuttavia chiaro fin dal secondo numero, dove a movimentare la vicenda compare Hulk. A lui si accoderanno Electro, El Gato e via via altri villains, trasformando la serie in una più ordinaria sequenza di scontri fra personaggi dai costumi ancora più bizzarri dei poteri. Solo negli ultimi due numeri della testata, verosimilmente a chiusura già decisa, Gerber riprenderà le redini della vicenda, troncherà la (certo decorosa) trama di guardie e ladri in cui si era trasformata e gli darà una fine dignitosa.

L’Omega degli anni 2000 è una storia di fantascienza declinata in fumetto supereroico, nel senso che potremmo sostituire Omega con un alieno senza tuta colorata e The Mink con uno (pseudo?) giustiziere affarista e scaltro nella gestione della propria immagine e la storia sarebbe la stessa e manterrebbe appieno la sua intensità e atmosfera. L’utilizzo di supereroi, oltre che rispettosa dell’originale, dà tuttavia alla storia un contenuto metanarrativo (che, ricordando il Dalrymple di Pop Gun War, saremmo tentati di ascrivergli), di riflessione sul fumetto supereroico stesso, che nell’originale era del tutto assente. Seguendo questa prospettiva, è forte la tentazione di una lettura allegorica, dove il personaggio di The Mink, con le sue ambiguità, incarna l’editoria supereroica che cura il mainstream e tenta di mantenere un monopolio del genere, mentre Omega incarna le potenzialità del genere.

L’opera di Lethem, Rusniak e Dalrymple segnala inoltre che la serialità nel fumetto supereroico è e resta un’opzione, non una necessità. E al tempo stesso sottolinea che la rinuncia alla serialità richiede una specifica politica editoriale, una diversa modalità di promozione e, probabilmente, un diverso approccio al rapporto autore vs. personaggi. Non è un business totalmente altro, ma è certo destinato a fallire se promosso con la stessa visione del fumetto seriale. Vale la pena notare che simili difficoltà o dissonanze di politica editoriale permangono, come dimostrato dalla gestione di serie basate su prime stagioni sostanzialmente autoconclusive e poi prolungate, spesso con svilimento della loro forza narrativa e del loro impatto (si pensi al destino di The Authority).

Omega capitolo IV: copertina (™ & © 2011 Marvel & Subs.)

Omega è un fumetto pienamente supereroico, libero dai condizionamenti della serialità: i suoi personaggi sono supereroi in senso pieno, ma il loro comportamento e il loro destino hanno gli stessi orizzonti di quelli di qualsiasi personaggio di opere autoconclusive. Il lettore li scopre leggendo e non può basarsi su considerazioni meta narrative, come quella secondo cui, in un contesto seriale, l’eroe e probabilmente l’antagonista sopravvivono per essere disponibili in nuove avventure. Oggi la proposta di simili prodotti può apparirci scontata. La vicenda dell’Omega originale ci ricorda che è stata il punto di arrivo di un percorso, che ha avuto i suoi caduti.

Il punto di partenza del lavoro di Lethem e Rusniak è il distacco con l’universo Marvel. Poiché il punto di aggancio con quell’universo erano i villains, gli autori li eliminano e al loro posto introducono il personaggio di The Mink. The Mink non è un banale giustiziere mascherato: è innanzitutto un’azienda (ma in fondo anche i Fantastici 4 lo sono), che cura con la stessa attenzione lo sviluppo di armi e la promozione della propria immagine. The Mink ha sì un laboratorio di ricerca ma pubblica anche fumetti (dove lui stesso è il protagonista) e produce i servizi giornalistici su se stesso. Non sembra agire in nome di un ideale di giustizia, ma con l’obiettivo di fama, ricchezza e potere; non si limita a combattere, bensì mette in scena i propri scontri e li conduce mirando al massimo effetto mediatico.

Ma l’aspetto più intrigante del nuovo Omega è sicuramente l’architettura della narrazione, che richiama quella della migliori opere di Philip Dick. Il più significativo tratto in comune è una costruzione dell’intreccio tale da produrre un profondo disorientamento nel lettore: questo effetto è raggiunto frustrando fin quasi al finale l’aspettativa di un punto di vista, esplicito (ad esempio un personaggio) o implicito (ad esempio una voce narrante), dal quale la vicenda sia chiara nella sua interezza.

A questa tattica partecipa felicemente Dalrymple, che costruisce molte tavole su un doppio livello, nelle quali cioè accadono eventi importanti in primo piano e, in maniera apparentemente slegata, anche sullo sfondo. Questa costruzione è evidente, immediatamente percepita e instilla inquietudine col progredire della lettura, perché segnala al lettore che c’è qualcos’altro di importante e ignoto che partecipa alla vicenda. Gli autori riescono poi a definire con estrema efficacia una generale atmosfera paranoica tramite l’accumulo di fatti strani e sul momento inspiegabili (si pensi al professore che ingloba, in un richiamo visuale a Videodrome, il libro di robotica, all’apparire e diffondersi di una strana lingua).
Dettaglio fondamentale è poi che tutto verrà spiegato, tutti gli intrecci saranno sciolti e per ogni protagonista si offrirà un accenno di futuro, in un finale ben poco consolatorio e con sfumature malinconiche, che Dalrymple propone con un elegante piano sequenza. Certo, il destino dell’alieno sembra decisamente un’allegoria di quello della serie originale, ma alla fine gli unici punti dell’opera che sembrano forzati e restano sospesi sono nel capitolo VIII, dove si narra di un altro Omega della Terra e dove si aprono ovvi interrogativi sulla natura del laboratorio segreto di The Mink e, conseguentemente, sull’ampiezza e profondità delle sue conoscenze e della sua identità.

La lettura metaforica suggerita sopra, trova rispondenza nella visione di Steve Gerber. Ripromettendomi di tornare sull’argomento in occasione dell’annunciata pubblicazione da parte di Panini dell’Omega originale, vale intanto la pena citare Gerber stesso. In un’intervista resa a The Comics Journal nel 1978, l’autore si espresse con ruvida chiarezza sul canone supereroico:

Penso che stia arrivando il momento in cui i ragazzi non avranno più voglia di seguire sei pagine di problemi di Peter Parker con zia May, inconcludenti, immutabili, infilati fra due scene di combattimento con L’Avvoltoio. Quell’epoca sta rapidamente avvicinandosi a una fine. È uno stile che è diventato casualmente una formula” .2

 

Gerber fu quindi non solo un outsider, ma anche un autore ben consapevole delle strutture del media in cui operava, dei meccanismi economici in atto e della difficoltà di allineare i propri progetti alle strategie editoriali delle grandi case. Non sorprende, quindi, la sua rottura con Marvel, della quale la gestione di Omega fu elemento non secondario. Gerber considerò discutibile anche l’idea della riproposta del suo personaggio, con argomenti che investivano la definizione del diritto d’autore:

Penso ancora che scrittori e artisti che dichiarano di rispettare il lavoro dei creatori del passato, dovrebbero dimostrare quel rispetto lasciando perdere il lavoro, soprattutto se il creatore originale è ancora vivo, ancora attivo nell’industria, e, come è il caso tipico del fumetto, escluso da qualsiasi forma di partecipazione per l’utilizzo della sua opera“.

E ancora:

Quando uno scrittore del livello di Jonathan [Lethem] accetta di partecipare in un progetto come questo, intenzionalmente o no, avalla le iniquità del vecchio sistema” .3

Omega capitolo V: copertina (™ & © 2011 Marvel & Subs.)

Per fortuna, in occasione della riscrittura di Omega, Gerber e Marvel addivennero ad un accordo soddisfacente, una sorta di tardivo e finale riconoscimento delle ragioni dell’autore, che avrà allietato i suoi ultimi giorni (Steve Gerber morì infatti il 10 febbraio 2008, mentre il nuovo Omega era in corso di pubblicazione).

Omega è quindi un omaggio alle potenzialità delle idee di Gerber e Skrenes: gli autori le fanno fruttare al massimo e, poiché non iniettano (per riprendere l’efficace espressione di quel lettore inviperito) alcunché che già non potesse essere stato presente nell’originale, ci indicano chiaramente una dissonanza critica del fumetto supereroico degli anni 1970: la presenza, cioè, di autori al passo con l’immaginario fantascientifico di quegli anni e la difficoltà delle case editrici a sfruttare quella ricchezza di idee. E infatti fu l’horror più che la fantascienza, il canale di trasmissione di nuove idee: Swamp Thing arrivò prima di The Watchmen e si sarebbe dovuti arrivare alla fine del secolo (ed oltre) per avere The Authority e Planetary, che però incarnano lo spirito del proprio tempo.

Omega dimostra che era già tutto pronto a metà degli anni 1970 e lascia la quasi certezza di un’infinità di storie inquietanti e appassionanti non nate e quindi perdute per sempre.

Infine, vale la pena di segnalare, in coda ai due volumi Panini sul nuovo Omega, le riflessioni degli autori, i loro ricordi della serie originale e le brevi note di realizzazione, che illustrano il loro approccio alla riscrittura. Sintetiche e precise le due introduzioni di Marco Ricompensa, che completano un’edizione rispettosa e all’altezza del difficile compito di promuovere un’opera importante di cui sarebbe interessante conoscere i dati di vendita nel breve e medio termine.

Abbiamo parlato di:
Omega Lo Sconosciuto #1: Lo sconosciuto
Omega Lo Sconosciuto #2: Come topi in un labirinto
Jonathan Lethem, Karl Rusnak, Farel Dalrymple, Gary Panter (colori di Paul Hornscheimer)
Traduzione di Andrea Toscani
Panini Comics, 2011
128 pagine, brossura, colore – 12,00 €
ISBN: 8865892358 – 8865893265

Tutte le immagini sono ™ & © 2011 Marvel & Subs.


  1. La miniserie originale si compone di 10 episodi, più un epilogo in due episodi apparsi sulla testata “Avengers”, a firma Steve Grant (testi), Herb Trimple (matite), S. Mitchell (chine). Il finale in essi proposto è spiazzante, e meriterebbe di essere analizzato nel contesto del tipico sfruttamento di un personaggio all’interno dell’universo supereroico. 

  2. Gary Groth: The Steve Gerber Interview, The Comics Journal #41 (August 1978) disponibile presso: archives.tcj.com/index.php?option=com_content&task=view&id=754&Itemid=48

  3. Estratti di dichiarazioni e interviste disponibili presso: goodcomics.comicbookresources.com/2007/10/08/more-on-steve-gerber-howard-the-duck-and-omega-the-unknown. È verosimile che queste parole si applichino anche ai due episodi apocrifi di Omega apparsi a suo tempo sulla testata degli “Avengers”, scritti da Steve Grant. 

9 Commenti

9 Comments

  1. Davide Schirru

    21 Aprile 2012 a 17:38

    Ottima analisi per un buon fumetto, anche se non amo le atmosfere alla “Flash Gordon” di alcune sequenze è un Comic appasionante

    • Simone Rastelli

      21 Aprile 2012 a 18:26

      Salve Davide,
      grazie anzitutto per l’apprezzamento.
      Sì, l’Omega di Lethem,Rusnak e Darlymple è un’operazione molto interessante e un fumetto con molti pregi. Recentemente Panini ha pubblicato anche la miniserie originale di Gerber (di cui fra breve pubblicheremo la nostra recensione).
      Mi incuriosisce il tuo accenno allo stile “Flash Gordon”: che cosa intendi e in quali sequenze lo ritrovi?

  2. Davide Schirru

    25 Aprile 2012 a 16:17

    Un esempio è anche la sequenza di Milk che hai inserito nella recensione, io sono un appasionato dei comics ed ho avuto modo di leggere alcuni esemplari di Flash Gordon degli anni 40, anche se lo stile dell’Omega di Lethem,Rusnak e Darlymple può esser definito (a mio umile parere, sono solo un appassionato) “Underground” presenta molte caratteristiche della SF degli anni 30/40 come ad esempio le linee dei robot, dei veicoli e delle armature, nella sua innovazione presenta tracce di uno stile che ha fatto epoca. Comunque ribadisco che è solo l’impressione che mi da quest’opera. Attendo la recensione dell’opera originale di Gerber con impazienza, assieme a Nova ed agli Eterni rappresenta una vera pietra miliare per la Marvel di quegli anni.

  3. Simone Rastelli

    28 Aprile 2012 a 22:32

    Notazione interessante: in effetti, il design dei robot ha un sentore di art-noveau (penso a Metropolis) degradata, E a proposito di riproposizioni. Citi Gli Eterni: hai letto la riedizione proposta qualche anno fa (Gaiman et. altri)? Che ne pensi di simili operazioni?

    • Davide Schirru

      24 Giugno 2012 a 19:44

      Scusa il ritardo con cui rispondo ma nel frattempo sono diventato padre di un bel settimino.
      Nonostante Gaiman mi piaccia per la complessità delle sue opere (ho adorato 1602) il problema della Marvel rimane la totale libertà che viene concessa agli autori che spesso snaturano il personaggio creato anche venti anni prima, quindi come si evince sono abbastanza contrario al ricreare le origini. Il lavoro fatto nello specifico da Gaiman è bello, Makkarri che nel Phanteon Greco/Romano è Ermes/Mercurio protettore dei ladri, commercianti e medici incarna un medico, Thena è una Tycoon della politica se ben mi ricordo, ecc ecc il tutto creato da Sprite. Mi è piaciuta molto la ricerca psicologica dei personaggi ma non mi dilungo per non creare spoiler ma avrei preferito che invece di ricreare le origini degli Eterrni si fosse creata una nuova serie, mi piacerebbe dilungarmi di più ma la famiglia reclama. See You Later

      • La redazione

        25 Giugno 2012 a 08:48

        Auguri per il nuovo arrivato! :)

  4. Simone Rastelli

    25 Giugno 2012 a 22:16

    Ciao Davide,
    Concordo sul fatto che la ripresa di personaggi del passato a volte sembri uno spreco di energia, che sarebbe meglio investire in nuovi progetti. E i tuoi esempi cono calzanti: sia Gli Eterni sia Marvel 1602 (al di là del lavoro di Gaiman e in modo diverso fra loro, etc etc.) sanno di operazione smaccatamente commerciale, per il lancio/rilancio di testate ben innesate nella tradizione. Niente di male, per carità, però, seppur abbiamo letture più che piacevoli, non abbiamo particolari novità (“C’è del buono e del bello, ma quel che è buono non è bello e quel che è bello non è nuovo”… No, via non esageriamo).
    Auguri per il pupo e le prossime letture

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