Omega Classic: analisi di un mancato capolavoro

Omega Classic: analisi di un mancato capolavoro

Omega lo sconosciuto di Steve Gerber, Mary Skrenes e Jim Monney è un fumetto di culto che a decenni di distanza mantiene ancora intatto il suo fascino e propone una ricchezza di spunti che lo rendono un'importante tappa dello sviluppo del fumetto supereroico.

La testata Omega The Unknown di Steve Gerber, Mary Skrenes e Jim Mooney debutta nel Marzo 1976 e chiude la sua tribolata avventura nell’ottobre del 1977 dopo solo dieci numeri. Due episodi a firma Steven Grant, apparsi su Defenders nell’ottobre e novembre del 1979, sanciranno la scomparsa dei protagonisti della serie.
Steve Gerber: Omega ClassicDell’importanza di quest’opera nell’ambito del fumetto supereroico e della sua storia editoriale ho già scritto nell’articolo che trattava la rivisitazione di Omega realizzata da Jonathan Lethem, Karl Rusnak e Farel Dalrymple e a questo rimando per una lettura comparata dei due lavori1.
Partito come un’opera che ibrida fantascienza e supereroico, già dal secondo episodio Gerber è ricondotto nelle strutture ordinarie delle produzioni Marvel e nel seguito due episodi saranno addirittura affidati ad altri: Omega #7: Blockbuster! a Scott Edelman e Omega #8: Un Attacco dal Passato a Roger Stern. Il compromesso risultante non riesce tuttavia a trovare una nicchia di lettori abbastanza ampia e conduce la testata ad una chiusura frettolosa. Eppure, rileggendolo a distanza di decenni, la forza delle idee narrative e dei temi che Gerber propose sono ancora evidenti e rendono Omega un caso di studio importante. In questo articolo mostrerò alcuni spunti e motivi per cui vale la pena avvicinarsi a quest’opera.

Omega The Unknown racconta le vicende di una misteriosa creatura aliena, battezzata Omega sulla prima pagina del Daily Bugle, di un ragazzo, James Michael Sterling; fra loro esiste un legame, che emerge fin dal primo incontro, il cui sintomo più evidente è la condivisione da parte del ragazzo delle sofferenze fisiche dell’alieno. Steve Gerber: Omega classicLe loro storie si intrecciano in Hell’s Kitchen (New York), dove James è catapultato dopo la scomparsa di quelli che credeva i suoi genitori. Vissuto fino a quel momento in un isolamento dorato, si trova ad affrontare un ambiente dove non vige alcuna delle regole a lui note. Ad accompagnarlo (e proteggerlo) nelle aule e nelle strade del quartiere, tre ragazze: Dian, compagna di classe, Ruth, infermiera che ne ha la custodia e Amber, coinquilina di Ruth e fotografa. Da parte sua, Omega si accasa presso un pensionato e da lì si sposterà attraverso i vicoli, scontrandosi con un variegato campionario di villains, cercando di capire il senso della propria presenza in quel luogo che lo inonda di stimoli intensi e ai quali si scopre impreparato.
La lettura che propongo è la seguente: Gerber intende scrivere una serie incentrata sulla scoperta del mondo da parte di un adolescente, ma non riesce ad avere il controllo dei contenuti. Quando è chiaro che Omega non ha futuro, decide di trasformarlo in una critica della formula supereroica, mettendo in scena situazioni e personaggi tipici in forma stereotipata e situazioni inconsistenti con l’idea di fondo. Contemporaneamente, propone quello che può della propria storia, in modo da esaltare il contrasto fra la propria visione e quella impostagli dalla casa editrice.
L’alternativa a questa tesi è che Gerber non fosse capace di gestire gli elementi canonici del genere e che proponesse una ricetta con ingredienti dosati per soddisfare da una parte le richieste dell’editore (intreccio basato su scontri fra supereroi) e i propri obiettivi. In questo secondo caso, laddove scrivo di “parodia” o “polemica”, si legga “proposizione dei luoghi comuni superoistici in forma stereotipata”.

Steve Gerber: Omega Classic

Seconde file e critiche dall’interno

Dal secondo fascicolo, le copertine di Omega annunciano lo scontro con il villain/avversario di turno. Tralasciando Hulk, è un campionario di seconde file: Electro, El Gato, Kurt Klemmer (Il Tuttofare), Blockbuster, Nitro, Foolkiller (creato però da Gerber stesso in Man-Thing e a cui l’autore è molto legato) e la coppia DubbikRuby Tuesday. Steve Gerber: Omega Classic - NitroLe messe in scena degli scontri, soprattutto da Klemmer in poi, sono goffe e ricordano più incontri di wrestling che drammatiche lotte per la sopravvivenza. Di fatto, nessuno scontro è funzionale all’evoluzione dell’intreccio principale e Gerber li mette sulla pagina come semplici riempitivi, ovvero sequenze di servizio per soddisfare il gusto atteso del lettore medio di supereroico.
D’altra parte, questa irrilevanza narrativa è, fondamentalmente, la caratteristica degli scontri eroe/antagonista nel fumetto supereroico in generale, dove nessuno muore mai davvero e tutti hanno un’occasione di ritornare. E la consapevolezza di Gerber dei meccanismi narrativi del genere induce a pensare che il suo obiettivo, almeno da un certo punto in poi, fosse proprio far emergere la strumentalità di molti luoghi comuni del genere.

Comunque sia, i suoi sostituti non propongono realizzazioni migliori e i risultati di Roger Stern in Un Attacco dal Passato sono addirittura al limite della parodia. In questo episodio, il villain Nitro attacca Omega scambiandolo per Capitan Marvel, salvo poi, accortosi dell’equivoco, mollarlo sul posto commentando, con effetto comico (involontario?) “Sei solo un tizio con un costume rosso e blu. Dovevo aspettarmelo! New York è piena di supereroi! Se non è zuppa è pan bagnato“. Lo stesso finale di episodio (Nitro sparato da un tubo metallico delle Stark Enterprises attraverso il soffitto) ricorda più Tom e Jerry che Capitan Marvel.
Steve Gerber: Omea ClassicQuando riprende in mano la serie per portarla a conclusione, Gerber mette in scena una vera e propria parodia dell’usanza di recuperare personaggi dichiarati morti (Gerber aveva scritto parole durissime sul tema, che è in maniera ovvia legato alla proprietà intellettuale dei personaggi, che il creatore di Howard the Duck ha sempre rivendicato agli autori e non alle case editrici). Ci viene detto, infatti, che Foolkiller è morto e scopriamo che sotto la sua maschera si nasconde Greg Salinger, ex compagno di cella di Richard Rory, fidanzato di Ruth (e qui è forse messo alla berlina l’intreccio di relazioni tipico del genere?), che dimostra la potenza delle sue armi facendo un buco nel pavimento della stanza. Ad Amber, che ci ricorda che Foolkiller era un “fanatico religioso, che portava avanti una crociata individuale contro gli infedeli… uccidendo tutti quelli che giudicava pazzi o peccatori“, Salinger risponde: “È così. ma il mio criterio è diverso. Vedi, sono un poeta“. Detto questo, apre un foro nella parete esterna (“Non preoccupatevi, trovo l’uscita da solo“) e se ne va, lasciando tutti a fissare stupiti la parete distrutta. E questa è una sequenza (attenzione: la sequenza, con la costruzione e la scrittura della scena; non banalmente la battuta) che non stonerebbe in Rat-Man.
Sembra decisamente che Gerber sia ormai animato da una furia distruttrice nei confronti della sua testata (o meglio di quello in cui la Marvel l’ha trasformata) e le fa scendere tutti i gradini dell’abbrutimento narrativo. Nel nono episodio (Sciocchi in Lotta!), Omega si mette in cerca di denaro: da quintessenza dell’integrità morale si muta in cacciatore di taglie: “Mille dollari a chi lo fermerà“, grida un negoziante derubato da Blockbuster, e improvvisamente per Omega “ci sono mille buoni motivi per farsi coinvolgere“. Con quei soldi, nel decimo episodio (“La slot più bollente della città”, dove però il titolo originale “The hottest slot in town” propone un gioco di parole decisamente greve fra “slot” – slot machine – e “slut” espressione pesantemente volgare per donna di facili costumi…) va a Las Vegas e, con l’aiuto del suo anziano ospite, vince una piccola fortuna nei casinò. La giustificazione narrativa è accumulare il denaro per consentire a James Michael di fuggire da Hell’s Kitchen.
Steve Gerber: Omega Classic #10La chiara allegoria è verso un sistema editoriale incapace di nuove visioni, che rifiuta di investire nelle nuove idee (Omega) e semmai tende a snaturarle, per ricondurle al conformismo di genere e tentare la fortuna (il casinò). Quella che era nata come una esperimento di narrazione con forti tematiche esistenziali, finisce come ricerca di uno sponsor per una borsa di studio.

Alla fine, Omega muore: lo uccide una banale pallottola di un anonimo poliziotto, in seguito a un equivoco. Una morte senza alcun pathos, velata di stupidità, casualità e incomprensioni: esattamente i principi che Gerber teme guidino la Marvel.

Tuttavia, Gerber ha tentato a lungo di resistere e troviamo traccia di questa resistenza in tutti gli episodi, specialmente con la vicenda di James Michael. Anche nello sconfortante numero finale, l’autore si concede un’apertura narrativa spiazzante, laddove Dian e James trovano due copie degli pseudo genitori del ragazzo in un armadio della sua vecchia casa. È l’ultimo sberleffo di un autore sconfitto (non per niente nella riscrittura di Lethem e Rusnack questa rivelazione avverrà nella fase iniziale dell’intreccio).
La Marvel commissionerà a Steven Grant due episodi terminali per cancellare definitivamente Omega e James Michael Sterling dall’universo Marvel: saranno spediti ad incenerirsi nel sole, dopo essere stati trasformati in una minaccia che “ha rischiato di devastare il mondo intero

Stories for boys

Se nel racconto supereroico molto spesso il protagonista incarna l’adolescente con i suoi desideri e le sue crisi nel confrontarsi con il mondo degli adulti, Omega The Unknown porta questo tema alla superficie della narrazione: scinde supereroe e adolescente in due personaggi distinti e tuttavia collegati esplicitamente e misteriosamente. Steve Gerber: Omega ClassicL’alieno sembra avere la missione di proteggere il ragazzo, che a sua volta condivide le sue sofferenze fisiche. Dal punto di vista narrativo, la tattica appare quella di cedere (alle direttive editoriali) su Omega, ma di mantenere ferma la propria poetica su James Michael. Tramite la scissione dei caratteri, Gerber pensa cioè di poter gestire i temi e i problemi (narrativi ed editoriali) del genere supereroico tramite le (dis)avventure dell’alieno, mentre la narrazione delle vicende di James Michael in Hell’s Kitchen gli consente di affrontare il tema centrale: l’adolescenza in un ambiente ostile. Che proprio questo sia il tema centrale è supportato da una semplice prova. Proviamo dal terzo episodio in poi a leggere solo le parti che riguardano James Michael: si noterà che compongono un intreccio significativamente consistente. Considerando, inoltre, che il motore di questa linea narrativa è il disadattamento di James Michael a Hell’s Kitchen, di per sé nodo critico per la sua educazione e visione del mondo (quindi capacità e obiettivi), si può affermare che l’esperimento di Gerber si risolve in una decorazione supereroica alla storia di James Michael.
James Michael in Hell’s Kitchen è il diverso: all’inizio fra lui e i suoi coetanei ci sono una distanza e un’incomprensione assolute, segnalata dal fatto che non condividono nemmeno né una lingua né, sembra, alcun codice espressivo. Né, d’altra parte, condividono alcun codice di comportamento, per cui il ragazzo ha bisogno di farsi tradurre il significato delle azioni degli altri. Prima ancora di condannarlo, non capisce il senso del bullismo della banda di Delbello (non casualmente italo americano), come non capisce il rifiuto dei suoi compagni di classe di seguire le lezioni. La sua difficoltà nei rapporti con gli altri non lo aiuta, ma per fortuna ha delle guide tenaci che lo hanno preso sotto la propria ala protettrice: Dian, compagna di scuola e Amber, coinquilina di Ruth.Steve Gerber: Omega Classic
Mentre Dian lo introduce ai codici dei suoi coetanei, Amber lo attrae irresistibilmente e in un modo che il ragazzo, con tutta la sua capacità analitica, non riesce a capire. Per la sua sicurezza, che gli offre un saldo punto di riferimento, per i suoi punti di vista sgradevoli ma che, sente il ragazzo, contengono intuizioni e verità, per la sua prorompenza fisica e appetibilità sessuale, al punto che James Michael se ne scopre geloso (ma lui non possiede questa parola, perché sta proprio ora scoprendo il mondo dell’attrazione sessuale) quando la ragazza esce con un uomo (Omega #6: La Stretta della Morsa, pag. 10).
Gerber costruisce così intorno a James Michael una speciale famiglia tutta al femminile: Ruth è una pseudo madre, che costituisce il suo legame con il mondo fuori da Hell’s Kitchen; Dian l’amica, che lo accompagna nell’esplorazione del presente e Amber la sua porta verso il mondo adulto (verso tutte le sue caratteristiche non banalmente razionalizzabili). Molto opportunamente, Jim Mooney offre delle tre donne una rappresentazione che, attraverso gli stereotipi, definisce anche graficamente i loro ruoli (e tuttavia smorzerà la carica provocatoria di Amber negli episodi scritti da Edelman e Stern).

Ma oltre ai personaggi, Gerber cura molto la resa di Hell’s Kitchen, riuscendo a costruire un’atmosfera di decadenza e di luogo senza speranza (la definizione classica di Inferno), che diventano opprimenti. Dalla sporcizia dei vicoli, allo scarafaggio in primo piano; dal rifiuto di studiare dei compagni di classe (inconsapevole preparazione della loro futuro da emarginati) alla ferocia del bullismo che degenera in tragedia (la morte di John Nedley) e spirale di violenza (Thomas Tyson che invoca “Vendetta” e la realizzerà), Hell’s Kitchen è luogo di disperazione, la morte in vita. Omega e James Michael vi sono capitati per disgrazia e la loro è una vera e propria caduta all’inferno.
Gerber avrebbe voluto raccontare la loro risalita, ma non gli è stato possibile.
Omega the Unknown rimane quindi un gioiello potenziale, ricchissimo di spunti e esemplare opera di culto, che a decenni di distanza vale sicuramente la pena leggere.

Abbiamo parlato di:
Omega lo Sconosciuto – Classic
Steve Gerber, Mary Skrenes, Jim Mooney, Scott Edelman, Roger Stern, Lee Elias, Steven Grant, Mark Gruenwald, Ed Hannigan, Pablo Marcus, Herb Trimpe, Steve Mitchell, Al Milgrom, Chic Stone
Traduzione di Fabio Gamberini
Panini Comics, 2012
216 pagine, brossurato, colore – 18,00€
ISBN: 9788865896297


  1. Simone Rastelli: “Omega: uno sconosciuto nell’universo Marvel, da Gerber a Lethem e Dalrymple”, www.lospaziobianco.it/42053-omega-sconosciuto-universo-marvel-gerber-lethem-dalrymple

12 Commenti

1 Commento

  1. The Passenger

    4 Maggio 2012 a 17:48

  2. Giuliano Porcari

    7 Maggio 2012 a 18:24

    Ibrida fantascienza e supereroi? Perché, i supereroi a quale genere appartengono? Sentimentale? Western?

  3. Simone Rastelli

    7 Maggio 2012 a 22:21

    Ciao Giuliano,
    be’, direi che i supereroi appartengono al genere supereroico e per una analisi meditata del tema ti rimando al volume di Marco Arnaudo “Il fumetto supereroico” (Tunué). Il fumetto supereroico fa genere a sé e sarebbe improprio considerarlo un sotto\genere della fantascienza: li distinguono temi e luoghi narrativi e questa differenza è più facilmente apprezzabile nelle opere delle origini. Seguendo il principio che un genere può essere difficile da definire tramite un elenco di caratteristiche e che è semmai più facile, data un’opera, dirne il genere, diciamo che nessuno classificherebbe “Superman” o “Spiderman” come fantascienza (in fondo si tratta di tizi con superpoteri, che agiscono nel mondo così com’è), così come nessuno direbbe supereroico “Akira” o “Ghost in the Shell”. In una vicenda supereroica, la presenza di un personaggio dotato di doti eccezionale è fondamentale, mentre in un’opera di fantascienza è critica la presenza di elementi (di derivazione tecnologica, sociologica, biologica, ecc.) che definiscono un mondo significativamente diverso da quello del lettore. Paradossalmente, si potrebbe sostenere che Sherlock Holmes è una storia quasi supereroica, mentre fa decisamentev meno scalpore inserire “I Viaggi di Gulliver” fra i precursori della fantascienza.
    Mentre il fumetto supereroico ha forti legami con il racconto mitico, la fantascienza è sostanzialmente un prodotto della rivoluzione industriale e nasce dalla constatazione che le strutture fondamentali della società cambiano e possono cambiare in maniera tale da rendere il mondo totalmente diverso da quello che conosciamo.
    Naturalmente, esistono opere che inglobano elementi dei due generi, allo stesso modo come può inglobare sottotrame romantiche, un fumetto supereroico può utilizzare spunti fantascientifici.
    A proposito: come classificare “Planetary” di Warren Ellis?
    Il concetto fondamentale è che la catalogazione intende essere semplicemente un punto di partenza per l’analisi di un’opera e non deve essere intesa come etichetta. Certo, ha anche il ruolo di definizione sintetica, che magari usiamo quando, valutando se consigliare un’opera a qualcuno, ci interroghiamo su che “genere” di fumetti legga.
    D’altra parte, dal punto di vista del lettore, la questione fondamentale è: vale la pena leggerlo?

  4. Giuliano Porcari

    7 Maggio 2012 a 23:00

    Lasciamo perdere il libro di Arnaudo, che è uno sconcio.
    Come tu ben sai, il fumetto di supereroi nasce sulle pagine dei pulp fantascientifici.
    Tutte le tematiche poi riprese nei comic book erano già presenti nelle riviste di fantascienza. Il “genere supereroico” è una forzatura dei catalogatori di fumetti, vista la mole di materiale pubblicato nel secolo scorso (e in questo).
    Come tu ben sai, il genere ha contenuti piuttosto eterogenei, e spesso i fan li dividono in sottogeneri. Prendiamo l’esempio più semplice: il genere fantasy: Heroic fantasy, sword and sorcery e via dicendo. Ma come tu ben sai, il fantasy è a sua volta un sottogenere della fantascienza. e lo è per vocazione ma soprattutto per origine. Qualcuno potrebbe storcere il naso, ma chissenefrega, dico io.
    Certo, anche se nasce sulle riviste di fantascienza, il supereroe trova poi nei comic book l’ambiente adatto per proliferare, ma tant’è. Fantascienza è sia ciò che sta sulle riviste, come sui libri, come nei film, come nei fumetti. E lo stesso vale negli altri generi.
    Dire poi che i supereroi discendono dalla mitologia antica è, come tu ben sai, una puttanata mostruosa (e Arnaudo, nel suo libro, ne ha scritte parecchie, di puttanate). Quali sono i generi letterari non riconducibili alla mitologia antica? Quali, al contrario, quelli riconducibili? Il western, secondo te, non è riconducibile? Pensaci bene.
    Il fatto poi che, nel corso dello scorso secolo, a corto d’idee, molti autori abbiano smesso di ispirarsi ai prodigi della tecnica e della scienza per passare tout court ai vari pantheon mitologici, questo non cambia di una virgola il nostro discorso, e la cosa non è retroattiva: se Thor è stato preso di peso dalla mitologia dei popoli nordici, non possiamo dedurre che Superman sia stato preso da quella dei popoli mediterranei. E su questo punto Arnaudo scrive tutto e il contrario di tutto, arrivando a dire che Superman è sì ispirato alla mitologia greca, ma anche alle sacre scritture ebraiche, perché Siegel e Shuster erano ebrei. Ma si possono scrivere delle cagate del genere?
    Insomma, dormi sonni tranquilli, i supereroi sono fantascienza. Magari un sottogenere, se vuoi, ma sempre a quel genere appartengono.

    • Davide Occhicone

      8 Maggio 2012 a 00:35

      Caro Giuliano,
      grazie per i commenti.
      Non è nostra abitudine moderarli e non vorremmo dover iniziare.
      E’ gradito pertanto oltre ad un lessico “adeguato” anche il non insultare gratuitamente qualcuno dalle nostre pagine sulle quali, mi tocca ricordarti, ti stiamo ospitando.
      E, perdonami, classificare cagate quelle che scrive Arnaudo (non ho tempo e modo di sottoscrivere come Superman prenda effettivamente origine sia dalla mitologia greca che dalle scritture ebraiche) fa calare e di molto l’attenzione e la stima verso i tuoi commenti precedenti.

  5. Giuliano Porcari

    8 Maggio 2012 a 11:41

    Egregio Occhicone, non c’è bisogno che tu rispieghi ciò che Arnaudo ha già illustrato. Una tesi sbagliata è sbagliata scritta una, due, tre volte. Non si scappa. Le tesi non devono avere “stima” da chichessia, devono essere verosimili, giustificabili e dimostrabili. Dato che, comunque, su questo sito date largo spazio a questo genere di argomenti, non vedo perché non prendere la palla al balzo e scrivere (o far scrivere da Aranudo) un bell’articolo sulle origini di Superman, o argomenti attinenti. Se saranno motivate e documentate, saranno degne di “stima”.
    E non mi rispondete, ve ne prego, come fate di solito, per evitare le critiche :”Perché non lo scrivi tu”?

    • Davide Occhicone

      8 Maggio 2012 a 12:17

      Non ho il libro di Marco sottomano; non ricordo se vi è un articolo “solo” sulle origini di Superman. Verificherò.
      Grazie per il suggerimento, vediamo se vuole farlo per noi nel caso.
      In realtà ne ho uno mio abbozzato da anni… magari è la volta buona che lo completo.

      PS di solito non chiedo a chi commenta di scrivere…

  6. Giuliano Porcari

    8 Maggio 2012 a 21:20

    Un’ultima cosa prima di chiudere, poi mi taccio.
    Mi permetto di segnalare a Simone il libro “La Macchina del Mito”, di Gino Frezza. (Sempre che non l’abbia già letto, si capisce, che non sono io quello che dice agli altri “Ma vatti a leggere questo o quello”):alcune delle tematiche che sviluppa in quest’articolo vi sono trattate. Occorre poi approfondire per conto proprio.
    Saluti

  7. Simone Rastelli

    8 Maggio 2012 a 22:37

    Ancora salve,
    il libro di Frezza è ahimmé fuori catalogo, ma vedrò di rimediare.
    In cambio, ti chiedo di rinunciare alle pesanti forme dispregiative nei confronti di chi ha opinioni distanti dalle tue (un “dissento assolutamente” è chiaro, netto e forte abbastanza).
    Se poi hai voglia, potrai esercitarti in questo leggendo il mio articolo sul rifacimento di Omega (https://www.lospaziobianco.it/42053-omega-sconosciuto-universo-marvel-gerber-lethem-dalrymple) e, a breve un mio articolo su Planetary.

  8. Davide Schirru

    10 Luglio 2012 a 19:33

    Ottima recensione e complimenti per aver centrato l’innovazione di Berger. Ho adorato questo comic.

    • Simone Rastelli

      14 Luglio 2012 a 08:57

      Grazie Davide. Penso sia anche buon segno per il fumetto che le case editrici (ri)propongano opere del passato. Da tempo in lsb pensiamo a una lista dei fumetti importanti non più disponibili sul mercato italiano.

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