Se nel primo volume, Verso Ithicaa, Matt Fraction ci ha offerto una interpretazione futuristica e femminista dell’Odissea, con Figli di Lupa, il secondo e conclusivo volume della saga pubblicata da saldaPress, il mirino si sposta in una città-pianeta immaginaria e sanguinaria, Q’Af, in cui regnano i due crudeli gemelli Hyrar e Zhaman, figli dello stupro della Lupa, la dea prostituta dei Boschi.
Protagonista della storia è He di Troiia, l’uomo che ha scatenato l’attacco delle mille navi degli spazi Achei e la successiva distruzione di Troiia. Il bel He e la sua consorte Ene si trovano entrambi nel pianeta circondato da una tempesta incantata, da cui non è possibile fuggire. Un pianeta che si rivela l’eccezione al piano portato avanti da Zeus di eliminare tutti gli individui di sesso maschile dai mondi sotto il suo dominio.
Ene riesce fin dalle prime pagine a lasciare Q’Af, ma per farlo dovrà abbandonare al suo destino ciò che ha di più prezioso nella vita, suo marito He. Lo scambio di genere, così come il primo numero in cui Ulisse è una fortissima guerriera, è evidente: la storia di He di Troiia come oggetto sessuale e vittima non è qui riservata alla donna che nel mito originale è Elena di Troia, la moglie di Menelao re di Sparta. He si ritrova solo, in un pianeta sconosciuto, a servire i frequentatori della Casa della Colomba Rossa, un luogo di piacere in cui tutto è concesso e in cui tutti possono scegliere se vendere o comprare i loro corpi.
Ci sono diverse storie collegate, all’interno del libro, che danno al lettore dei cenni storici sulla mitologia di Q’af e sulla nascita dei Figli della Lupa, e presto diventa chiaro che le storie di He ed Ene sono riportate da un narratore esterno che è anche un testimone (colui che è sopravvissuto per narrare la storia). Un labirinto narrativo che il lettore attraversa seguendo le vicende di He, aspetto da minotauro e fasciato in una tuta di lattex blu notte impreziosita da gioielli che gli ornano il membro. Come nel primo volume, la scrittura di Fraction segue un andamento in versi, che replica l’esametro e la mitologia greci, mentre i disegni di Christian Ward seguono uno stile futuristico e ultramoderno.
La sensibilità artistica dei due autori è evidente nella gestione delle tavole e dello spazio bianco, con layout mai scontati che spaziano dal verticale all’orizzontale e arrivano fino al concentrico (che nasce sempre da uno studio attento della sezione aurea) o alle vignette suddivise in griglia rigida, che ripercorrono mutamenti d’umore dei protagonisti e talvolta fotogrammi di azioni, per lo più violente e cremisi.
Rispetto al primo volume, in cui la nave di Odyssia solca in un centinaio di pagine molti pianeti in un’imitazione abbastanza fedele dei canti dell’Odissea e dei personaggi del poema epico originale, in Figli di Lupa l‘autore mostra più sicurezza e inventiva, prendendo solo piccoli spunti dal mito e abbandonando del tutto le lotte fra gli dei Olimpi. In questo modo porta avanti una storia narrativamente più “terrena”, originale e coesa, mostrando non solo piena padronanza dello stile epico scelto, ma anche una gestione pulita dell’alternanza dei piani temporali.
Ci sono sottotesti e riflessioni importanti, legati alla condanna della brutalità e dello stupro ma anche al significato più sottile della libertà e dell’amore, che possono convivere ma devono lottare per mantenersi puri in una società in cui violenza e predominio la fanno da padroni.
Un’altra tematica affascinante è il potere salvifico delle storie, la presa che un buon racconto ha su tutti, perfino sull’uomo più violento. Così le storie si rivelano un’eredita preziosa, che ci consente di leggere ancora le antiche gesta di guerrieri, dei e semidei delle civiltà ormai lontane nel tempo… e nello spazio, se si prende come punto di riferimento gli infiniti mondi creati da Fraction in Ody-C.
Abbiamo parlato di:
Ody-C volume 2 – Figli di Lupa
Matt Fraction, Christian Ward
Traduzione di Andrea Toscani
saldaPress, 2018
136 pagine, brossurato, colori – 14,90 €
ISBN: 9788869194207