Chiunque mastichi un poco di fumetto americano sicuramente conosce il nome di Skottie Young, ma soprattutto il suo stile grafico inconfondibile, capace di portare caratteristiche dell’illustrazione per l’infanzia nel mondo supereroistico, con un mix di humor ed effetti che i giapponesi chiamerebbero “superdeformed”.
Le sue copertine variant dedicate ai supereroi Marvel hanno riscosso un successo incredibile, così come l’adattamento di sei romanzi di Frank L. Baum appartenenti al ciclo di Oz, sceneggiati da un grande esperto di queste opere, Eric Shanower.
Oltre a creare tavole che sono un piacere per gli occhi, Young ha un grandissimo talento nello storytelling. È così immediato ed efficace nel raccontare che, ad esempio, proprio in quelle copertine variant ci ritroviamo davanti a qualcosa che non si limita ad essere un’accattivante illustrazione promozionale, ma si trasforma in un vero e proprio microracconto.
Mescolando questa capacità e la lunga permanenza nei luoghi incantati di Oz, Skottie Young decide di partorire una storia completa, con cui giocare proprio con quei topoi tipici di un certo tipo di “favola”.
Siamo nel canone di storie tipiche di autori come Baum o Lewis Carroll: una bambina finisce in un mondo incantato, che potrà lasciare solo una volta superate una serie di prove e ottenuto un premio, in questo caso una magica chiave. Presto scopriamo però di esserci ritrovati in un bizzarro incrocio tra il Paese delle Meraviglie e la serie de La Casa (Evil Dead) di Sam Raimi.
Il presupposto fondamentale è semplice ma dirompente: cosa accadrebbe se la protagonista, non proprio entusiasta dell’inattesa avventura, non fosse capace di portare a termine il proprio compito? Cosa succederebbe a rimanere intrappolati in uno zuccheroso mondo incantato per decadi?
Probabilmente il dolce e zuccheroso finisce presto per diventare stucchevole, e le conseguenze, almeno secondo quanto racconta una storia che sovverte in maniera folle e cinica tutti i clichè del caso, sono violente, truculente e destinate a dar vita ad uno dei più intriganti antieroi degli ultimi tempi, Gertrude, degna di affiancarsi a personaggi come Lobo l’ultimo czariano.
Skottie Young lavora utilizzando alla perfezione regole e strutture peculiari di queste storie fantastiche, ritorcendole contro la favola stessa, dissacrando tutti i livelli che la compongono: dalle regole di narrazione, con una esilarante sequenza di narratori vittime del proprio ruolo (in più di un senso), al linguaggio, come ad esempio il suo caratteristico abuso di vezzeggiativi e neologismi; dai personaggi e dalle creature, dove tra citazioni e cliché riesce a ribaltare completamente le nostre aspettative, alle ambientazioni, una collezione di assurdi luoghi.
Tutto quanto, va sempre sottolineato, realizzato mettendo insieme una continua collezione di trovate, soprattutto sul fronte grafico e sulla composizione della tavola, con utilizzo di grande effetto di diverse, e non sempre comuni, splash page e combinazioni tra pagine affiancate.
Odio Favolandia è un divertissement scritto con grande maestria e intelligenza e probabilmente il modo più creativo messo insieme da un autore per sfogare, seppur amorevolmente, quel certo eccesso di buonismo, politically correct e serendipità accumulato dopo un’overdose di fiabe in un’accezione troppo disneyana.
Godimento puro per tutti gli appassionati del genere, una storia molto divertente per chi ama il buon racconto e una collezioni di immagini che riescono a mescolare divinamente splatter e puccioso in un unica favolosa soluzione.
Abbiamo parlato di:
Odio Favolandia
Skottie Young
Traduzione di Michele Foschini
Bao Pubblishing, Ottobre 2016
136 pagine, cartonato, colore – 18,00€
ISBN: 9788865437513