Vito Stabile esordisce nel 2013 su Topolino #2996 con la storia Paperino e il crollo di Zio Paperone, per i disegni di Maurizio Amendola.
Da allora i suoi lavori con Paperi e Topi sono comparsi con regolarità sul settimanale Disney, con la maggioranza di storie incentrate sull’universo paperopolese, con una certa predilezione per Paperon de’ Paperoni e Paperetta Yè-Yè.
Le sceneggiature di Stabile spiccano sotto il profilo della caratterizzazione credibile dei personaggi e sotto la costruzione di trame solide, che si alternano in atmosfere avventurose e situazioni del quotidiano in cui ci si riesce ad immedesimare.
Su Topolino #3149, in edicola dal 30 marzo prossimo, verrà pubblicata la sua nuova storia, Detective Donald, che ci ha offerto l’occasione per intervistare l’autore.
Ciao Vito, e grazie per averci concesso questa intervista.
Qual è stato il percorso che ti ha portato a diventare sceneggiatore Disney?
Ciao, grazie a voi!
Sono sempre stato “instradato” verso il mondo disneyano, fin da quando ho iniziato ad avere coscienza di ciò che mi circondava. Crescendo negli anni Novanta ho vissuto il boom dell’animazione Disney in TV, tra corti, serie animate e videocassette, ed è stata proprio l’animazione a farmi appassionare fin da piccolissimo ai personaggi, che ho (ri)scoperto in seguito sulle pagine dei fumetti. Da che ho memoria ho sempre disegnato fumetti e chi mi conosce lo sa, dunque non mi sono mai sentito uno sceneggiatore “improvvisato” e ho cercato di inseguire questo mio desiderio con costanza.
Al Lucca Comics del 2011 ho confessato che mi sarebbe piaciuto molto provare a scrivere delle storie e l’autore Fausto Vitaliano si è dimostrato disponibile a valutare qualche soggetto per dare dei consigli. Da lì in poi ho iniziato a capire il vero significato dello “sfornare idee”, che non vuol dire coltivare per diletto la propria fanfiction e mollare al primo rifiuto, ma tentare e ritentare molte volte con tutti i tipi di storie, senza aspettare la fantomatica “ispirazione”. Mi sono messo in contatto con il caporedattore di Topolino, Davide Catenacci (il mio attuale editor, ma in passato ho avuto anche Tito Faraci) e dopo diversi tentativi è stata accettata quella che è la mia prima storia in assoluto, Paperino e il crollo di Zio Paperone. Il resto si può immaginare.
A cosa pensi quando scrivi una storia Disney? Cosa vuoi far trasparire solitamente, cosa vuoi lasciare al lettore?
A me basta divertire e intrattenere il lettore per quei venti minuti, penso sia il miglior risultato che un autore possa desiderare. Non cerco il messaggio a tutti i costi e l’effetto “capolavoro”; il mio compito è quello di confezionare una valida e onesta storia disneyana, senza trucchetti e mezzucci di sorta. Non so se ci riesco ma il mio scopo, anche quando scrivo una storia di quattro pagine, è quello di pensare ogni volta a un racconto con uno spunto solido, che non sembri messo in piedi tanto per fare ma che abbia un suo perché, i suoi momenti e le sue gag. Per il resto, l’importante è che la storia piaccia prima di tutto all’autore: se facessi il compitino, il primo ad accorgersene sarebbe il lettore.
Come si può dedurre anche dall’elenco delle tue storie finora pubblicate, il tuo personaggio preferito è Paperon de’ Paperoni. Puoi dirci per quali motivi e da quando nasce questa passione per il personaggio?
Paperone è sempre stato il mio eroe e il primo personaggio che abbia mai conosciuto, grazie alla celebre serie animata DuckTales che ha allietato le mie giornate di bambino. Si trattava, e si tratta tutt’ora, di un prodotto che ha saputo trasmettere molto bene il senso di avventura e di meraviglia richiesto da un protagonista di tale portata, e il personaggio è stato ben rappresentato con tutte le caratteristiche peculiari che ne hanno fatto il più affascinante del cast disneyano. Voglio dire, quale bambino non si innamorerebbe di un vecchio scozzese carismatico che va in giro con cilindro e bastone a indagare sul mistero del Triangolo delle Bermuda o a scoprire Atlantide?
Nessuno è così, nessun fumetto o libro o film o serie ha un “Paperone”. La passione è poi cresciuta scoprendo le storie di Carl Barks e soci sul mensile Zio Paperone, e vi lascio immaginare la gioia di poter essere io a scrivere le sue storie. Per me è stato come ripagare un vecchio amico per tutti quei bei momenti.
Quali sono gli ingredienti più adatti, secondo te, per costruire una storia solida e interessante con Paperone protagonista?
Posso citarti, pescando tra le storie moderne, quella che a mio parere è la storia perfetta del personaggio, Zio Paperone e l’ultima avventura di Francesco Artibani. In quella vicenda c’è davvero tutto quello che serve: avventura, senso di pericolo, protagonisti descritti in maniera tridimensionale, affetti e legami sinceri (e mai stucchevoli). È una storia che mi ha restituito lo stesso feeling che provavo da bambino quando a Paperone succedeva qualche guaio e doveva tirarsene fuori. Sembra poca cosa ma in realtà sta tutto qui: quando un personaggio vive qualcosa di pericoloso che lo costringe a cercare di cavarsela, la storia è già avviata sul sentiero della memorabilità. A condire il resto servirebbero tutti gli elementi sopracitati.
Oltre alle avventure ci vuole anche l’umorismo e voglio citare quella che considero la mia storia breve di Barks preferita, Somethin’ Fishy Here, nella quale Paperone crede che la nuova moneta corrente sia… il pesce. La trovo perfetta per il suo raccontare in una manciata di pagine una vicenda buffissima, recitata benissimo e capace anche di far riflettere. Di quali altri ingredienti c’è bisogno?
Quali sono i tuoi hobbies, le tue passioni, e come influiscono sul tuo lavoro? Quanto del tuo mondo e di te stesso confluisce in quello che scrivi su Topolino?
Cerco di coltivare in modo sano e senza ossessioni le mie passioni di sempre: fumetti, cartoni, film, videogiochi ecc. Per chi fa il mio lavoro è anche fondamentale, per capire un po’ in che direzione si sposta la narrativa e quali stimoli ci circondano. È normale, dunque, che le mie storie siano frutto di ciò che vedo guardandomi intorno, cercando di comprendere cosa funziona al giorno d’oggi e se va bene anche per le pagine di Topolino. Ma questo non vuol dire che bisogna piegare i personaggi Disney alla propria vita e alle proprie passioni: sarebbe un grosso errore, dal momento che non appartengono a nessuno e hanno caratteristiche ben delineate che devono essere rispettate con il giusto distacco, comprendendo le loro personalità anche se differenti dalle nostre.
Tu sei uno tra i più giovani sceneggiatori in forza a Topolino: quanta libertà hai nel proporre dei tuoi soggetti, e come ti approcci invece a soggetti che ti vengono commissionati?
Per fortuna è un periodo di grande apertura per il settimanale. Si è propensi a “osare” di più e a sperimentare, quindi non ho mai avuto particolari problemi nel proporre ciò che avevo in mente. Se la storia è commissionata cerco di tirar fuori il meglio possibile, prendendo anche l’occasione come una sfida. Ci sono autori che dalle commissioni hanno creato vere e proprie perle, che stanno in piedi da sole come tutte le altre storie “normali”. Inoltre ogni editor conosce i suoi sceneggiatori e se c’è qualcuno non particolarmente propenso verso un tema, dubito che lo si affiderebbe proprio a lui/lei.
Da dove viene la tua sensibilità, particolarmente femminile, presente nelle tue storie più riuscite come Zio Paperone, Amelia & il patto della luna, Zio Paperone e le frottole da un dollaro e la serie Dai retta a Paperetta?
Sono molto legato alle protagoniste femminili, con le quali empatizzo maggiormente (e qui parlo del mondo dell’intrattenimento in generale). Trovo siano personaggi completi, capaci di fare davvero di tutto, e la narrativa odierna ce lo dimostra puntando sempre più su di loro. Non sono gnocche senza personalità, ma ragazze forti e indipendenti: dalla Rey di Star Wars – Il risveglio della Forza alla Joy del film omonimo, passando per la Batgirl di Babs Tarr, la percezione femminile sta mutando e per quanto mi riguarda, finché mi sarà consentito, cercherò di puntare in questa direzione. Sarebbe bello avere più storie con Paperina e Minni (fin troppo mal giudicate dai lettori) che si comportano come donne a tutto tondo.
Poi, ovviamente, il tormentone della fidanzata un po’ rompina serve a far ridere e se non è la caratteristica unica e centrale di una vicenda non c’è poi nulla di male.
Sei stato tra gli autori che hanno ripreso negli ultimi anni il personaggio di Paperetta Yè-Yè, creato da Romano Scarpa nel 1966. Come ti approcci a questo personaggio per calarlo adeguatamente nelle storie attuali? Quali potenzialità esprime, e quale ritieni sia il suo ruolo nel cast disneyano?
Per qualche lettore è una ragazza legata troppo alla sua epoca e alle mode del momento, ma io non l’ho mai vista così.
Paperetta copre un ruolo unico e inesplorato sulle pagine del giornale, rappresentando la via di mezzo tra l’età infantile di Qui Quo Qua e quella adulta di Paperino e Paperina. È una diciottenne/ventenne che vive la vita a modo suo, con tutta l’esuberanza dei giovani che si affacciano alla vita in maniera indipendente, e queste caratteristiche ne fanno un personaggio senza epoca. Tutti i characters disneyani seguono le abitudini dei periodi storici che attraversano: oggi i nipotini non giocano più con le pistole a tappi ma, giustamente, con i videogiochi. Altrettanto fa Paperetta, che se negli anni Settanta girava con la radiolina adesso può sentire la musica dal cellulare in metropolitana, come fanno tutte le ragazze. Non è la radiolina coi Beatles a caratterizzare Paperetta, ma il fatto che sia una pimpante ragazza che ascolta musica.
Questo e altri aspetti la rendono un personaggio che avrà sempre un ruolo nel cast disneyano, indipendentemente dall’epoca che attraverserà. Inoltre, a mio avviso, una ragazzina che legge il “Topo” ha più possibilità di immedesimarsi in un personaggio potenzialmente vicino a lei rispetto alle signorotte che prendono il tè con le contesse e parlano solo di cappellini, figlie di una società che non ci riguarda molto. Ecco perché ritengo che possa avere del potenziale e non sia un ripescaggio sterile per solleticare l’appassionato di turno.
Passiamo a Detective Donald, la tua nuova storia in uscita su Topolino #3149, in edicola dal 30 marzo prossimo. Vuoi parlarcene brevemente per dare un’idea di cosa si tratta?
È il mio primo “progetto personale”, proposto al mio editor Davide Catenacci al quale è piaciuto: volevo creare qualche storia di genere investigativo, riprendendo le suggestive atmosfere metropolitane degli anni Quaranta, senza però scimmiottare i detective dell’epoca (i quali hanno fornito giusto l’ispirazione base). Paperino sarà sempre Paperino e non si comporterà come Marlowe e Spade, anzi ho cercato di ispirarmi al classico Paperino anni Quaranta di Carl Barks, che si cimentava in qualunque impresa lavorativa con quel lato sbruffone che tanto amo del suo carattere.
In storie come Paperino sceriffo di Val Mitraglia viene fuori il Donald che preferisco, non un pigro sfaccendato ma un simpatico incosciente che crede di poter riuscire in ogni impresa e dà il suo meglio per farlo. Qui ho provato a calarlo nei panni di detective privato con lo stesso approccio, cercando di non tradire l’essenza paperinesca.
Perché la scelta di un giallo investigativo? Sei un appassionato del genere? Ti sei documentato in qualche modo durante la scrittura?
Non c’è un vero motivo alla base della scelta. Mi piacciono le atmosfere dell’epoca e ho pensato di proporre un progetto con questi elementi, senza rifarmi pedissequamente a un tipo di letteratura o di cinema. Mi sono comunque documentato leggendo i libri di Chandler (il secondo nome di Donald qui è Raymond in omaggio al celebre scrittore) e guardando i classici di Humphrey Bogart come Il grande sonno e Il mistero del falco, oltre a informarmi sulla vita e le abitudini della gente dell’epoca. Ma non essendo parodie posso dire che le storie saranno molto libere dal punto di vista delle vicende (certo, nei limiti consentiti dal genere e dal contesto: non scrivo le avventure di un detective degli anni Quaranta per fargli trovare la macchina del tempo o affrontare i draghi).
Come mai hai scelto di ambientare la storia negli anni Quaranta, creando di fatto un’ennesima “variante” di Paperino? In cosa ti ha aiutato questa mossa?
Be’, il fatto di ambientarla negli anni Quaranta serve proprio a non creare l’ennesima variante del personaggio “attuale”, al quale aggiungere anche un lavoro fisso come detective sarebbe stato davvero troppo. È probabile che qualche lettore contesterà ugualmente l’idea ma in ogni caso assicuro che si tratterà di qualche storia ogni tanto e non di un filone potenzialmente infinito che potrebbe cannibalizzare le avventure del Paperino classico.
Perché la scelta dell’investigatore protagonista è ricaduta su Paperino e non su Umperio Bogarto, personaggio ispirato ai detective interpretati al cinema da Humphrey Bogart?
Ammetto di aver pensato per qualche secondo a Umperio, ma l’ho scartato perché il personaggio avrebbe rischiato di portare tutto troppo facilmente sui binari della parodia. Inoltre avevo il desiderio di utilizzare uno dei personaggi principali (che preferisco ai secondari) e Paperino è stata la scelta migliore.
Paperetta anche qui, nonostante sia una sua versione alternativa! Perché hai pensato che il personaggio fosse adatto all’interno della storia?
Volevo creare una chimica inedita fra personaggi e Paperetta (qui chiamata Oletta) mi sembrava azzeccata, collegandomi al discorso di prima sulla rivalsa dei personaggi femminili. Inoltre trovo che abbia un carattere contrastante con quello di Paperino: se quest’ultimo è impulsivo e irascibile, lei è brillante e solare e la cosa causerà simpatici battibecchi all’interno delle vicende.
Puoi darci qualche anticipazione delle prossime avventure di Detective Donald?
Sto lavorando alla seconda storia e ho già in mente la terza, più surreale e con un cliente decisamente insolito per Donald.
La prima storia segue una vicenda che per forza di cose si è piegata ai personaggi e al loro ruolo nel racconto, mentre a status quo già definito posso sbizzarrirmi con i casi più disparati, anche molto umoristici.
C’è qualche altra storia, o anche qualche progetto più articolato, di futura pubblicazione su Topolino? Ci puoi dire qualcosa?
Ho finito da poco un’avventurosa saga dedicata a Qui Quo Qua (l’idea proviene da un collega della Panini) in cinque episodi, tre dei quali saranno dedicati a un singolo nipotino per volta. Ne sapremo di più a suo tempo. Poi sono in arrivo storie “tradizionali” e anche un episodio della serie Tutti i milioni di Paperone, sceneggiato su soggetto di Fausto Vitaliano.
Spero, in generale, di fare sempre del mio meglio e di continuare a crescere come autore.
Ringraziamo ancora Vito Stabile per averci concesso quest’intervista.
Intervista condotta via mail il 17 marzo 2016