“L’impressionismo è la sostituzione dell’apparenza delle cose, con la loro rappresentazione basata unicamente sulla conoscenza della loro struttura. Consideriamo, ad esempio, un ponte in travi di ferro: un artista della vecchia scuola, conoscendone la rigida forma, avrebbe preso nota di tutti i suoi parallelismi, avrebbe contato tutti i rivetti e li avrebbe disegnati uno per uno con estrema cura.
Nella realtà, comunque, la luce e l’atmosfera giocano qualche scherzo con le forme, e l’occhio spesso vede qualcosa che non è possibile ridurre ad un rigido schema geometrico. Sickles avrebbe visto nel ponte un insieme di ben precisate ombre, avrebbe colto l’essenza di questi rivetti semplicemente rappresentando con minuscoli colpi di pennello le loro ombre allungate dalla luce radente e tutto questo con un uso così sapiente del nero da conferire alla scena un realismo mai visto prima.”
(Coulton Waugh, fumettista e studioso del fumetto americano)
“La nostra categoria non lascia impronte così pesanti da essere ricordati.” diceva il compianto Sergio Bonelli parlando dei grandi artisti oggi completamente dimenticati. Fatto sta che il mondo dei comics è davvero strano; è fatto di decine di migliaia di personaggi, autori, lettori.
Ed è strano perché è fatto di personaggi sconosciuti, realizzati da autori sconosciuti alla maggior parte dei lettori. Nulla di sensazionale fin qui, se non per il fatto che a volte qualcuno di questi autori è entrato nel mondo dei comics apportando qualche “piccola” innovazione e, senza troppo rumore, se n’è andato proseguendo per altre strade.
Ci sono poi, al contrario, autori che al fumetto hanno dato non poco e che si godono (o si sono goduti) la meritata fama: Alex Raymond, Milton Caniff, Charles Schulz, Stan Lee, Moebius, Hugo Pratt, FrankMiller; autori molto famosi al grande pubblico.
Poi c’è un’altra categoria di innovatori, che non ha nulla da invidiare ai nomi precedentemente elencati ma che non ha goduto della stessa fama (se non tra i pochi addetti ai lavori): Gianni de Luca, Dino Battaglia e Gino D’Antonio tanto per fare i nomi di tre grandissimi di casa nostra. Ma se vogliamo anche un genio come Alberto Breccia non è conosciuto dalle nuove generazioni.
Allora forse ha ragione Sergio Bonelli quando afferma che una categoria come il fumetto non lascia particolari impronte? Sinceramente non lo so.
Quello che so è che tanti maestri che tutt’oggi possono insegnarci qualcosa, rischiano seriamente l’estinzione nella memoria delle generazioni a venire.
Non azzardo quando dico che per la maggior parte del pubblico italiano (ma anche internazionale) il nome di Noel Sickles appartiene alla categoria degli estinti. E che forse sarebbe ora di riscoprire questo grande artista a cui il fumetto (soprattutto di genere avventuroso) deve molto. Anzi, azzardiamo ancor di più dicendo che gli deve almeno tre elementi fondamentali, ripresi poi da ogni autore successivo: sintesi grafica, uso del bianco e nero e ritmo cinematografico.
Se guardiamo le prime strip di genere avventuroso, e soprattutto i due autori migliori del genere, Hal Foster e Alex Raymond, possiamo notare un disegno di grande qualità, sicuramente eccelso ed espressivo. Eppure mancava qualcosa, soprattutto nel racconto che risentiva parecchio dell’assenza di quell’approccio quasi cinematografico che distingue il fumetto dall’illustrazione.
Sickles, invece, riuscì a far “decollare” il fumetto verso orizzonti del tutto nuovi (scusate la retorica ma è così); come dicevo l’artista fu il primo a introdurre la sintesi artistica nel fumetto, quella stessa sintesi che influenzerà in maniera determinante artisti come Alex Toth e Hugo Pratt. Tutti coetanei di Sickles e tutti debitori verso il suo modo di intendere la strip. E pensate a Milton Caniff che, nonostante fosse di qualche anno più grande dell’amico Noel, fu profondamente influenzato dalla sua sintesi, ma anche dalla capacità di Sickles nell’uso dei neri, di creare quei contrasti di luce di cui Caniff, Toth e Breccia diventeranno maestri indiscussi.
Tutte innovazioni visibili nella strip Scorchy Smith, personaggio creato da John Terry che Sickles ereditò dopo la morte del suo autore; per circa tre anni l’artista disegnerà la strip, incentrata su avventure di tipo aviatorio, dapprima imitando lo stile di Terry (sicuramente su richiesta degli editor) abbandonandolo via via per iniziare a sperimentare e imprimere tutte le varie innovazioni prima descritte.
Sfogliando lo splendido volume che racchiude tutte le strip di Scorchy Smith, si ha modo di vedere l‘evoluzione del segno di Sickles, la sua sintesi, il gioco di luci e ombre che sfocia in quel meraviglioso uso dei retini che spesso si sostituiscono al segno per delineare i personaggi o gli oggetti; davvero splendide le strip ambientate sulla neve (11 dicembre 1935 – 3 febbraio 1936) con i retini che si “sposano” alla perfezione con le pennellate dell’artista. Ogni vignetta sembra spianare la strada al fumetto degli anni a venire: i retini di Toth, il tratteggio di Attilio Micheluzzi, le pennellate di Caniff e Pratt, le sequenze aeree che non hanno niente da invidiare al Dan Cooper di Albert Weinberg.
Tutto in soli tre anni di strip a fumetti; dopo di che Noel Sickles si dedicherà all’illustrazione con risultati che non hanno niente da invidiare ad artisti del calibro di Norman Rockwell e Al Dorne. Ma quello che Sickles fece nel brevissimo tempo passato a disegnare Scorchy Smith fu “creare una forte scossa sismica nel paesaggio dell’arte commerciale…” per usare le parole di Jim Steranko che, nella sua esaustiva introduzione al volume consigliato, definisce Sickles “l’uomo invisibile del fumetto, un fantasma, poco più di un’eco per il pubblico di oggi.”
Un ragazzo di 24 anni, tra il 1934 e il 1936, con le sue innovazioni grafiche e visive dava al mondo dei comics un contributo imprescindibile. Ed a malapena il suo nome viene ricordato.
Ve l’ho detto: il mondo dei comics è davvero strano.
Curiosità
La carriera di Noel Sickles iniziò come vignettista politico: in quel periodo conobbe Milton Caniff con cui divise lo studio; lo stesso cartoonis ammise di essere stato influenzato non poco dal lavoro del suo amico sulle strip di Scorchy Smith e questa influenza è palese nella sua striscia Terry and the pirates. Lo stesso Sickles realizzò alcune sequenze a matita per il personaggio di Caniff e quest’ultimo curò in qualche occasione il testo della strip di Scorchy Smith.
Dopo l’abbandono di Sickles, la striscia venne continuata da Bert Christman.
Noel Sickles morì nel 1982. L’anno dopo venne inserito nella Society of Illustrators Hall of Fame. Ma non compare, vergognosamente oserei dire, nella Will Eisner Hall of Fame.
Edizione consigliata
In una parola: perfetta. Non credo che cambierei alcunché di questa splendida edizione realizzata dalla IDW Publishing: edizione cartonata in tela, con rilegatura in filo refe e sovracopertina plastificata a colori; quasi 400 pagine di cui le prime 140 pagine corredate da illustrazioni, sketch, studi a matita che lasciano davvero a bocca aperta, e una seconda parte in cui vengono raccolte tutte le strisce di Scorcky Smith realizzate da Sickles, comprese le prime dieci del suo successore, Bert Christman e le prime del suo predecessore John Terry.
Prefazione di Dean Mullaney. Introduzione di Jim Steranko. Il volume fa parte della collana The Library of American Comics ed è, ovviamente, in lingua inglese. Arduo sperare in un’edizione italiana.
Altre edizioni
Negli anni ’70 la Nostalgia Press pubblicò due edizioni che raccoglievano (in maniera incompleta) le avventure di Scorchy Smith.
L’ANAFI nel 2014 ha pubblicato un volume con le strisce dal 7 ottobre 1935 fino alla staffetta con Bert Christman nel novembre 1936.
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Luca Brunori
5 Agosto 2017 a 12:00
L’ANAFI nel 2014 ha pubblicato il volume con le strisce dal 7 ottobre 1935 fino alla staffetta con Bert Christman nel novembre 1936.
la redazione
7 Agosto 2017 a 09:00
Grazie della precisazione, abbiamo corretto e integrato!