Dopo il successo di critica per la ristampa di Brian the Brain, in Italia ci siamo accorti finalmente di Miguel Angel Martin, autore che era salito alla notorietà più per gli indegni atti giudiziari rivolti verso la sua opera che per i suoi stessi fumetti. Escono a breve distanza l’uno dall’altro questo volume, edito come il precedente da Coniglio Editore, e Bitch, della neonata casa editrice Purple Press.
Miguel Angel Martin, definito dal “Time” come uno dei migliori disegnatori europei, ha realizzato opere che non si limitano a voler esser lette, ma a turbare, sensibilizzare, schiaffeggiare il lettore, sia in maniera esplicita, violenta, estrema (come per Psico Pathia Sexualis – oggetto di sequestro da parte della magistratura nel 1996 – o per Anal Core), che in maniera sottile, inquietante, poetica (come in Brian the Brain). Il suo è un fumetto politico, di denuncia, ma che arriva al messaggio in maniera trasversale, che pone la lettura di un aspetto sociale sotto la sua lente di autore, denunciando le barbarie che si insidiano nella società moderna attraverso il suo tratto semplice e curato.
Neuro Habitat racconta la scelta di una vita da recluso del protagonista, che decide di non abbandonare più il suo appartamento ipermoderno, di limitare al minimo i contatti umani, di coltivare in isolamento i propri gusti che, rapidamente, diventano estremi e bizzarri. Il contatto con l’esterno, con l’altro, con l’umanità, diventano qualcosa di remoto, di dannoso, di disgustoso.
Un rifiuto cosciente della società e della comunità. Un rifiuto che non nasce dall’ignoranza, dalla paura irrazionale: è evidente che il protagonista, di media cultura, sano, capace di intendere e di volere, vive in maniera agiata e con mezzi di sostentamento più che sufficienti a fornirgli di che vivere, di che leggere, di che guardare in televisione o di che sollazzarsi in altro modo. La sua è una scelta dei cui termini e delle cui motivazioni non siamo assolutamente a conoscenza, ma che non appare frutto di irrazionalità, quando di fredda determinazione, che prende il via dalla notte di capodanno di un anno imprecisato.
Le sue consolazioni sono la TV, i videogiochi, il suo pitone, il cucciolo sintetico in kit da montaggio, le prostitute fatte entrare in casa con il viso coperto (sognando che sotto la maschera siano deturpate) e rigorosamente senza che vi sia nessun contatto fisico, per filmarle o al contrario ignorarle completamente. Aspetti del mercato dell’intrattenimento, più o meno legale, che estremizzano una realtà evidente, quella di un’offerta sempre maggiore di prodotti e attività atte a chiudersi in sè stessi ed evitare il confronto. Gli animali artificiali, che non necessitano di maggiori cure di un tamagotchi, il sesso a pagamento, che evita tutto il rapporto interpersonale dell’approccio e del corteggiamento, il gioco in solitaria, che evita la competizione con altri esseri umani, il confronto, la sconfitta o la vittoria su un altro noi.
Questo racconto di isolamento può sembrare in un primo momento alienante, fuori dalla realtà. Eppure non è così.
Basta andare in Giappone, per rendersene conto: lo chiamano “hikikomori“, ritiro, un termine utilizzato per la prima volta dal dott.Tamaki Saito, direttore del Sofukai Sasaki Hospital, che riscontrò in molti giovani da lui in cura delle devianze comportamentali comuni. Questo fenomeno riguarda ragazzi giovani, teenager, studenti, che decidono di chiudersi in casa o addirittura nella propria camera, aspettando che i genitori lascino loro il cibo fuori dalla porta, o uscendo solamente per comprare cibo, spesso di notte, in maniera “anonima”. A questo comportamento si accompagna una forma acuta di depressione e di comportamenti ossessivo-compulsivi.
Una reazione estrema al male di vivere, al senso di inadeguatezza e di impotenza, al disorientamento nel non trovarsi a proprio agio con la cultura dell’arrivismo, dell’eccellenza, della frenesia. Ecco la chiusura verso il mondo, il sovraconsumo di televisione, giochi, internet, il rifiuto per il confronto diretto e lo scambio. Il mondo come malattia, da cui ripararsi dentro una camera iperbarica inaccessibile.
La società giapponese acuisce una tendenza globale dove il peso sempre maggiore della realizzazione a ogni costo è diventato opprimente, che, unita a una rigida struttura sociale e familiare che soffre di una crisi storica, può essere vista come una delle concause dell’hikikomori.
Il fenomeno, sviluppatosi negli ultimi 20 anni, è serio, tanto che lo stesso Ministero della sanità giapponese un paio di anni fa si dedicò ad analizzarlo, arrivando a una serie di dati allarmanti. Le stime al ribasso parlano di un numero tra i 100.000 e i 300.000 casi, altre parlano addirittura di un milione. A isolarsi sono in gran parte maschi (l’80%), dai 14 anni in su, e ci sono casi documentati in cui il ritiro è durato anche più di 10 anni. Il fenomeno è talmente rilevante che sono nate cliniche specializzate nel reintegrare questi ragazzi nella società, un percorso non facile e che può durare anni.
Derive inquietanti di una società, situazioni paradossali che diventano drammaticamente vere.
Se per molti versi il fenomeno sembra essere tipicamente giapponese, dall’altro viene da chiedersi se in questo caso non debba suonare qualche campanello d’allarme anche nel mondo occidentale, se il Giappone, in fondo, non sia portatore in anticipo rispetto al resto del mondo cosiddetto “civilizzato” delle future patologie psicologiche dell’uomo moderno. Martin evidentemente non scrive a caso, non astrae qualche bizzarra idea per porla in un fumetto fatto di iperbole. Tutt’altro, è un attento osservatore dell’oggi e un interprete del domani acuto, intelligente e pungente.
Nel tono piatto, ripetitivo, privo di enfasi di Neuro habitat, nel tratto pulito, netto, che non stonerebbe in una favola per bambini, si nasconde così un racconto dalla violenza sotterranea evidente, un racconto terrorizzante in tutte le sue implicazioni e, soprattutto, per come riesce a collocarlo in una cornice di banale, quotidiana normalità.
Abbiamo parlato di:
Neuro habitat – Cronache dall’isolazionismo
Miguel Angel Martin
Coniglio Editore, 2008
77 pagine, brossurato, bianco e nero – 11,00€
ISBN: 8860631076
R€iferimenti:
Hikikomori su wikipedia.it: it.wikipedia.org/wiki/Hikikomori
Hikikomori su wikipedia.en: en.wikipedia.org/wiki/Hikikomori
Giulietta Capacchione sull’hikikomori (su psicocafe): psicocafe.blogosfere.it/2006/01/hikikomoriil-mo.html
The complete Brian the Brain, recensione
Miguel Angel Martin, intervista