Marzo 1956, Mud Bay, Ketchikan, Alaska
Il piccolo Rodney apre gli occhi sul mondo.
Novembre 2012, Atelier 130, Parigi
All’Atelier 130 va di scena la mostra collettiva Condensed e il giovane illustratore parigino Tom Haugomat partecipa presentando quattro diverse opere composte in dittici.
Ho voluto iniziare questa recensione alla maniera in cui lo stesso Haugomat ha deciso di raccontare la vita di Rodney nel suo À travers (non ce ne voglia Terre di Mezzo Editore se utilizziamo il titolo originale dell’opera traducibile con “attraverso” perché assai più evocativo), utilizzando due coordinate: tempo e spazio.
Come il racconto della vita di Rodney parte dal grembo materno, luogo di origine della vita, così l’analisi di À travers non poteva che partire da quella mostra a Parigi, il momento che ha fatto germogliare nell’illustratore parigino l’idea alla base di quest’opera. Una graphic novel dalla gestazione lunga molti anni, dovuti in parte alle severe limitazioni che lo stesso autore si è imposto. Oltre alla struttura in dittici, l’assenza di dialoghi e il ricorso a soli tre colori primari (e un colore complementare ottenuto per sovrapposizione) per mezzo della tecnica serigrafica, va sottolineata l’assenza dei tratti somatici dei volti e una composizione minimale della tavola, tesa a concentrare l’attenzione del lettore verso il solo messaggio senza distrarlo. Tutti questi elementi, che pure potrebbero essere visti come ostacolo al processo creativo, hanno invece fatto da stimolo, obbligando Haugomat a soluzioni di indubbia originalità.
Perché arrivare al cuore del lettore suscitando una reazione empatica e una sua immedesimazione non è cosa semplice quando si rinuncia a dialoghi, volti, colori e suoni. Ma Haugomat dimostra una padronanza del medium fumetto che è da autentico veterano, fa sua la lezione di McGuire in Qui ma sposta l’attenzione da un luogo fisico a quello astratto e spirituale nascosto nello sguardo di un uomo. Non è forse vero, come sosteneva Jim Morrison, che l’anima di una persona è nascosta nel suo sguardo?
Ovviamente Haugomat non fa mistero delle molteplici ispirazioni che lo hanno portato a quello che è comunque uno stile personalissimo. Mentre il tocco minimalista e i pochi colori impiegati sono un evidente omaggio al connazionale BlexBolex, il taglio grafico e al tempo stesso poetico delle sue tavole richiama i lavori di Jon McNaught. Ma il debito artistico di maggior rilievo è quello che Haugomat confessa per il lavoro del fotografo giapponese Shoji Ueda e la sua incredibile capacità di tradurre immagini realistiche in composizioni surrealiste. Le figure umane diventano, come negli scatti di Ueda, sagome indistinte, spesso minuscole al cospetto dell’enormità degli ‘spazi’ naturali. Una natura che Haugomat ricrea alla maniera di Henri Rivière, rifacendosi allo stile giapponese del tardo Ottocento (il cosiddetto giapponismo).
Ma se c’è qualcosa per la quale À travers non paga debito a nessuno è nella sua particolare struttura a dittici. Come per i dittici presentati a Parigi all’Atelier 130, le pagine (ad ogni pagina corrisponde un’illustrazione) dialogano seguendo una regola ben precisa: in quella di sinistra vediamo il protagonista intento ad osservare qualcosa, in quella di destra invece osserviamo ciò che lui sta osservando. Il cambio di prospettiva è la grammatica del racconto. Un dialogo figurativo che non necessita di parole per trasmettere il suo significato. Le uniche concessioni tipografiche sono le coordinate spazio-temporali in calce ad ogni sequenza. La data, come il numero di pagina in un libro ci ricorda quanto ci manca a finire di leggerlo, ci rende consapevoli che allo sfogliare di ogni pagina ruberemo un anno di vita al protagonista avvicinandoci, inevitabilmente, alla sua morte. Le coordinate spaziali ci ricordano che À travers poggia le sue fondamenta narrative sull’idea di spazio, non solo quello in cui vive e a cui aspira Rodney (che sogna di fare l’astronauta), ma quello percepito dai nostri occhi.
Il libro è in fondo un diario dello sguardo, e lo sguardo è lo spazio del nostro campo visivo. Ma spazio è anche tutto ciò che non vediamo, tutto quanto resta fuori dalla nostra esperienza di osservatori. Le immagini sono piccole, circondate dal bianco della pagina che forse sta lì a ricordarci proprio questo, perché nel raccontare un singolo momento per ogni anno della vita di Rodney Haugomat opera una selezione, una sorta di découpage della sua esistenza salvando dall’oblio solo alcuni momenti. I più significativi certo, non sempre i più felici. E come già accaduto in ambito cinematografico, dove un giovane Xavier Dolan ha sperimentato il formato ridotto per il suo Mommy relegando il formato panoramico alle sequenze di maggior impatto emotivo, Haugomat trasgredisce alla struttura dittica della sua opera realizzando tavole a piena pagina solo per enfatizzare i momenti chiave e narrativamente significativi.
Febbraio 2014, Gallery 33, Amsterdam, Olanda
I ricordi di gioventù sono, per chi è nato a cavallo degli anni 80’ e 90’, spesso legati a videogiochi. Le vecchie console dove si soffiava sul connettore prima di inserire la cartuccia, quando ancora il compact disc rappresentava il futuro, erano il terreno di sfida per una generazione che misurava il suo successo dal livello raggiunto a Super Mario piuttosto che dal numero di followers.
Ed ecco che la Gallery 33 ad Amsterdam ha la brillante idea di patrocinare una mostra dedicata proprio a questi ricordi. Tra gli artisti invitati a partecipare vi è Haugomat che, proprio in quel periodo, ha iniziato ad esplorare l’immaginario spaziale con la sua arte. Ed è in virtù di questa passione che sceglie, come soggetto di una delle sue due proposte, il gioco per Supernintendo Starfox. Strutturata come un dittico (ormai marchio di fabbrica) l’opera ritrae, da una parte, la semplice cartuccia adagiata su sfondo bianco mentre nell’altra un ragazzo seduto sul bordo del letto è intento a giocarci. Sulla parete della stanza campeggiano locandine dedicate a 2001 Odissea nello Spazio.
Quella mostra ad Amsterdam ricopre un ruolo chiave nella realizzazione di À travers. Come nel dittico Starfox, Haugomat capisce che si può raccontare una storia anche partendo da situazioni di vita quotidiana all’apparenza banali. Quegli attimi cui non presteresti mai attenzione, che pure rivelano, di un individuo, fragilità e aspirazioni. Quell’uomo seduto sul bordo del letto intento a sconfiggere l’insonnia giocando a Starfox è lo spunto sul quale Haugomat plasma la figura di Rodney, facendo della propria sensibilità e delle proprie esperienze la tavolozza cui attingere per raccontarne la vita. Così la scelta dell’Alaska come luogo dove ambientare la storia è in parte legata al ricordo delle camminate fatte da Haugomat, ancora piccolo, con il padre appassionato di alpinismo. Allo stesso modo l’interesse per la fantascienza e per film come Alien e 2001 Odissea nello Spazio è trasmesso a Rodney, che sogna addirittura una carriera alla Nasa.
Ma laddove Haugomat si sovrappone al suo personaggio è in quell’irrefrenabile curiosità che per l’illustratore francese trova sfogo nell’arte mentre per Rodney diventa una spinta ad esplorare l’impenetrabile. Che si tratti dell’infinitamente piccolo (insetti che vivono tra i fili d’erba), o l’infinitamente grande (spazio, galassia e pianeti), gli occhi si rivelano strumenti inadeguati per cogliere la complessità dell’universo. Ed ecco spiegarsi quel titolo, À travers. Anche quando non si serve di uno strumento, quale un telescopio o una lente d’ingrandimento, lo sguardo di Rodney deve sempre oltrepassare una barriera (alle volte una finestra, altre una staccionata e cosi via) che lo tiene a distanza e lo rende spettatore passivo di quanto avviene in quel palcoscenico che poi è la sua vita. Una vita che sceglie per lui il suo destino, conducendolo lungo un percorso che lo riporterà, malinconicamente, là dove tutto è iniziato.
À travers riesce a trattare temi universali raccontando la vita con disarmante semplicità. Una vita che ti permette, sì, di realizzare i tuoi sogni ma finisce sempre per ricordarti, ineluttabilmente, che di fronte alla morte si è soli. Ed è così che, arrivati all’ultima pagina, non ci resta altro da fare che sfogliare questo libro a ritroso e ripercorrere la vita di Rodney come si dice che accada a chi è in punto di morte. Alla ricerca di un lieto fine che però sarà solo, e per sempre, un promettente inizio.
N.d.R. Per chi volesse approfondire è disponibile un’intervista all’autore a questo link.
Abbiamo parlato di:
Nello spazio di uno sguardo
Tom Haugomat
Terre di Mezzo Editore, 10 ottobre 2019
184 pagine, rilegato, colori – 20,00 €
ISBN: 9788861895522