Quando ci si avvicina a una storia di Nathan Never scritta da Michele Medda, prima ancora di leggere l’inizio o sbirciare furtivi i disegni, si pregusta lo stile narrativo che ha caratterizzato la carriera dell’autore sardo. Una cifra definita e riconoscibile basata su dialoghi incisivi che tendono all’introspezione e sul lavoro certosino dedicato alla psicologia, all’emotività e all’intimità dei personaggi. Dei tre papà di Nathan Michele Medda, grazie alla capacità di esplorare vari generi e di utilizzare la fantascienza in maniera mai predominante e spesso come semplice cornice per racconti entusiasmanti, ha messo la firma su alcune delle storie più iconiche dell’agente speciale Alfa. Risalendo agli albori della testata basta pensare a capisaldi come Gli occhi di uno sconosciuto, oppure si possono citare lavori più recenti come In un mondo perfetto o La vendicatrice.
Con Il branco – ben disegnato da un Rosario Raho scelto per interpretare anche il numero 400 della serie regolare in programma a settembre 2024 – Medda compie un passo falso più unico che raro. Nonostante la curiosa ispirazione citata da Luca Del Savio nell’introduzione – un’incisione del XVI secolo intitolata “Caccia all’orso in armatura”, che poteva senz’altro condurre a un racconto più originale – lo sceneggiatore imbastisce una trama di stampo prettamente avventuroso, priva di profondità psicologica e di colpi di scena incisivi, con snodi un po’ forzati e un finale piatto. Ne deriva una specie di survivor che fatica a decollare, edulcorato, fin troppo lineare, che non aggiunge nulla né alla trama orizzontale (è vero, la continuity per ora è nelle mani di Bepi Vigna mentre Medda si dedica più volentieri a racconti o brevi cicli autoconclusivi), né ai personaggi.
Ma se la storia, che elabora cliché narrativi troppo riconoscibili e inflazionati ed è al di sotto dello standard dello sceneggiatore, può anche passare per un racconto classico senza infamia né lode, è proprio la gestione dei testi a lasciare l’amaro in bocca, soprattutto quando Nathan e Legs entrano in azione e soprattutto se si pensa alle apprezzate didascalie in prima persona di norma prodotte dalla penna dell’autore sardo: testi profondi e coinvolgenti davvero degni, e non si tratta di vezzosità, dei flussi di coscienza joyciani.
Ne Il branco si trovano invece passaggi didascalici, battute poco ispirate, spiegoni e un uso reiterato e fastidioso di intercalari piuttosto antichi che rendono i dialoghi e i personaggi difficilmente credibili. È possibile che, in un fumetto di fantascienza pubblicato nel 2023, si debbano leggere una dozzina di esclamazioni fra “chi diavolo“, “cosa diavolo“, “che diavolo” e via dicendo? Il lettore può di certo accettare i caratteristici “Peste” di Legs o i “Miseriaccia” tipici di Nathan, per quanto un po’ di polvere inizi ad aleggiare anche su balloon di questo genere, ma se sono personaggi numerosi e differenti, compresi i protagonisti, a caratterizzarsi a suon di “cosa diavolo succede?“, alla lunga il rischio è di renderli stucchevoli, falsi e di vanificare il lavoro e la riuscita di un intero albo. Tanto più se in partenza non eccelso come Il branco.
Può capitare, è ovvio, di non azzeccare una storia, di trattare i dialoghi magari in modo un po’ frettoloso. Ma in questo caso da un editore importante e di ottuagenaria esperienza come la Bonelli, c’è da aspettarsi un lavoro di squadra più presente, che coinvolga editor e magari curatori (i primi lettori delle storie portate in edicola), per dribblare qualche scivolone del tutto evitabile.
Una storia a fumetti è una sinergia, pertanto la sua riuscita consiste tanto in una buona sceneggiatura e buoni dialoghi quanto in disegni efficaci e ben realizzati. Quando una delle parti non funziona come dovrebbe, è chiaro che inficia il risultato finale nel suo complesso e talvolta porta, in fase di analisi, a soprassedere e non approfondire quanto meriterebbe anche l’elemento strutturale dell’opera che funziona, come in questo caso i disegni.
Purtroppo l’ottima interpretazione di Raho, i suoi campi lunghi in vignette piccole, il segno graffiato ed espressivo e i cani vagamente ispirati ai leoni di Voltron 5, non basta, da sola, a risolvere i problemi de Il branco. Salta comunque all’occhio il tocco virtuoso del disegnatore, con il contrasto fra bianchi e neri che da un lato esalta i dettagli delle varie tute da combattimento e la dinamicità di certe pose e sequenze d’azione e, dall’altro, enfatizza l’attenzione che il disegnatore mette nel realizzare ambienti naturali, a volte contaminati da architetture umane, studiati nei minimi dettagli.
L’augurio è di ritrovare un Michele Medda, che speriamo non se la prenda per questa piccola disanima, in splendida forma già sul prossimo numero della serie regolare che, a giudicare dal titolo (L’esule di Olympus), dovrebbe riallacciarsi a quanto letto nel bel numero 367, Olympus.
Abbiamo parlato di:
Nathan Never #387 – Il branco
Michele Medda, Rosario Raho
Sergio Bonelli Editore, agosto 2023
96 pagine, brossurato, bianco e nero – 4,90 €
ISSN: 977112157300130387
Nathan Never e il branco di diavoli
"Il branco", di Michele Medda e Rosario Raho, colpisce per gli aspetti visivi ma delude per la storia.
Di
Pubblicato il